Ogni anno in Italia migliaia di persone vengono colpite da ictus. È una delle principali cause di morte e la prima causa di disabilità nell’adulto.
Nonostante i progressi della medicina, c’è un problema che continua a ripetersi: troppi pazienti arrivano in ospedale troppo tardi, quando le terapie non possono più fare effetto.
Gli specialisti ripetono un concetto semplice ma potentissimo: “il tempo è cervello”.
Significa che ogni minuto perso equivale a milioni di cellule nervose che muoiono. Uno studio pubblicato sulla rivista Stroke ha calcolato che, in media, 1,9 milioni di neuroni vengono persi ogni minuto di ictus non trattato. La tempestività è tutto.
Perché si arriva tardi?
Le ragioni sono diverse e purtroppo frequenti:
- non si riconoscono subito i sintomi;
- si pensa che “passerà da solo”;
- si chiama il medico di base invece del 112;
- si perde tempo a farsi accompagnare in auto invece di chiamare l’ambulanza;
- l’ictus avviene durante la notte e viene scoperto solo al risveglio.
Tutti questi fattori fanno sì che il paziente arrivi fuori tempo massimo per le cure più efficaci e più tempo passa, meno possibilità ci sono di recuperare.
Come riconoscere subito un ictus
F.A.S.T. è l’acronimo appositamente pensato per riconoscere immediatamente i quattro principali sintomi di ‘ictus in corso’ che possono aiutare a guadagnare tempo:
- F. = Face. Si avverte un intorpidimento improvviso o debolezza del viso e solitamente provoca una smorfia anomala.
- A. = Arms. Difficoltà o totale impossibilità nel muovere braccia e gambe
- S.= Speak. Difficoltà nel parlare o nel comprendere il linguaggio.
- T.=Time. Non esitare, chiama immediatamente i soccorsi.
Se anche solo uno di questi segni compare, non bisogna aspettare né minimizzare. Ogni minuto è prezioso. Prima si interviene, migliori sono le possibilità di recupero.
Esiste anche il cosiddetto TIA (attacco ischemico transitorio): i sintomi sono identici a quelli di un ictus, ma si risolvono spontaneamente dopo pochi minuti o ore.
Può sembrare “niente di grave”, ma in realtà è un campanello d’allarme serissimo: chi ha avuto un TIA ha un alto rischio di ictus nei giorni successivi. Per questo va sempre valutato con urgenza.
Cosa fare?
- Riconoscere i segni F.A.S.T.
- Chiamare subito il 112 e fai intervenire l’ambulanza: i soccorritori attivano direttamente il centro specializzato più vicino.
- Segnare l’orario in cui la persona è stata vista l’ultima volta “normale”: i medici ne hanno bisogno.
- Non dare da mangiare, bere o farmaci alla persona colpita.
- Preparare documenti e lista delle medicine che assume di solito, in particolare se prende anticoagulanti.
Consapevolezza
Molti studi hanno dimostrato che le persone non riconoscono l’ictus, o sottovalutano i sintomi. Questo è il motivo per cui campagne pubbliche e programmi ospedalieri stanno cercando di ridurre i ritardi. Negli Stati Uniti, ad esempio, il progetto Target: Stroke ha permesso di diminuire i tempi tra l’arrivo in pronto soccorso e la terapia, migliorando la sopravvivenza.
La prima vera “arma” resta l’informazione: se pazienti e familiari sanno riconoscere l’ictus, le probabilità di arrivare in tempo aumentano in modo decisivo.
Sapere riconoscere i sintomi, chiamare subito il 112 e non sottovalutare mai un campanello d’allarme può fare la differenza tra una vita normale e una vita segnata dalla disabilità.