Magazine Fibrillazione Atriale, Ipertensione Arteriosa

A cura di
Prof. Stefano Omboni
Istituto Italiano di Telemedicina e Department of Cardiology, Sechenov First Moscow State Medical University


Ipertensione arteriosa, Fibrillazione Atriale e malattie cardiovascolari: una relazione pericolosa

E’ stata discussa nei precedenti articoli l’importanza della relazione tra Fibrillazione Atriale e vari fattori di rischio predisponenti a questa aritmia, tra cui il più importante è rappresentato sicuramente dall’Ipertensione Arteriosa. In vari studi clinici la prevalenza di Ipertensione nei soggetti con Fibrillazione Atriale varia tra il 49 e il 90%. Inoltre l’Ipertensione Arteriosa si manifesta in molte condizioni associate alla Fibrillazione Atriale: il 72% dei pazienti con ICTUS, l’82% di quelli con malattia renale cronica, il 77% dei diabetici, il 73% dei pazienti con malattia coronarica, il 71% con scompenso cardiaco e il 62% con sindrome metabolica possono presentare le due condizioni.



Mortalità per COVID-19 e malattie cardiovascolari

La comparsa in Italia alla fine di febbraio del 2020 dell’epidemia da SARS-CoV-2 e della conseguente rapida diffusione della grave malattia denominata COVID-19 (COronaVIrus Disease 2019) ha messo in evidenza la stretta associazione tra la forma grave e mortale della malattia e la preesistenza di malattie croniche, in primis quelle cardiovascolari. Come si vede in figura, in un campione di 6.381 deceduti per COVID-19, le patologie più frequentemente associate erano l’Ipertensione Arteriosa, il diabete mellito, la cardiopatia ischemica e la Fibrillazione Atriale.

Figura. Patologie più comuni osservate nei pazienti deceduti per COVID-19 in Italia.

E’ rilevante notare come il 66% dei soggetti deceduti presentasse al momento della morte 3 o più patologie concomitanti.

Aumento della incidenza di malattie cardiovascolari durante l’epidemia da nuovo coronavirus

L’aumentata incidenza di malattie cardiovascolari durante l’epidemia da nuovo coronavirus presenta due diversi aspetti che vanno valutati separatamente.

Da una parte vi sono i soggetti che hanno sviluppato la malattia COVID-19 senza avere apparenti preesistenti malattie cardiovascolari, che tuttavia sono comparse in seguito all’infezione. Per quanto riguarda la Fibrillazione Atriale, ad esempio, si stima una prevalenza di Fibrillazione Atriale tra il 19% e il 21%. E’ possibile che la causa dell’insorgenza di questa aritmia durante l’infezione da coronavirus sia legata al fatto che l’infezione possa avere alterato un preesistente equilibrio e quindi rendere manifesta la condizione ancora latente.

Vi è poi un altro aspetto, forse più rilevante. Durante l’epidemia, ed in particolare durante il lockdown che è stato applicato in vari paesi, si sono registrati nuovi casi di Fibrillazione Atriale e malattie cardiovascolari. Questo si è verificato in quanto i pazienti, nonostante i sintomi, non hanno contattato i servizi sanitari per paura dell’infezione ed hanno quindi ritardato le cure. In uno studio danese si è osservata una riduzione del 47% dei nuovi casi di Fibrillazione Atriale nelle prime tre settimane del lockdown rispetto all’anno precedente. Tuttavia i pazienti in lockdown manifestavano chiari sintomi e l’incidenza di ICTUS e morte causati dalla Fibrillazione Atriale è aumentata di 1,4 volte rispetto all’anno precedente. In uno studio spagnolo si è osservato un peggioramento del 3% del controllo dell’ipercolesterolemia e del 2% della Pressione Arteriosa durante il lockdown. Uno studio Italiano ha dimostrato una riduzione del 48% dei ricoveri per infarto miocardico durante il lockdown, ma una mortalità per infarto miocardico aumentata di 3,3 volte tra i pazienti che si sono ricoverati. Uno studio americano ha dimostrato un’impossibilità a gestire prontamente i casi di arresto cardiaco extra-ospedaliero: i pazienti poi ricoverati avevano una probabilità di sopravvivenza ridotta del 50%. Nel Regno Unito durante il lockdown si è osservato un calo dei ricoveri per scompenso cardiaco: tuttavia i pazienti ricoverati avevano un quadro clinico più grave e la mortalità è aumentata di 2,2 volte.

Assicurare la continuità della cura dei pazienti durante l’epidemia

Come visto sopra, la COVID-19 si associa pericolosamente all’Ipertensione Arteriosa e alle malattie cardiovascolari (comprese la Fibrillazione Atriale e l’ICTUS), che ne aumentano la gravità e le conseguenze per la salute. Inoltre, la paura dell’infezione costringe i pazienti cronici a casa e ne aumenta il rischio di peggioramento della loro malattia o addirittura di morte.

E’ quindi importante in queste condizioni mettere in campo strumenti di gestione che garantiscano la continuità della cura di questi soggetti. La telemedicina rappresenta a questo scopo un importante servizio, che in realtà ha avuto un grande sviluppo durante l’epidemia.

Le soluzioni disponibili sono diverse. I pazienti confinati a casa possono utilizzare servizi forniti attraverso Internet o app per smartphone e tablet che permettono di monitorare, anche con i dispositivi medici dei pazienti, vari parametri (Pressione Arteriosa, elettrocardiogramma, saturazione dell’ossigeno, temperatura corporea, glicemia, ecc.). I pazienti che hanno la possibilità di lasciare per brevi periodi il proprio domicilio hanno l’opportunità di utilizzare servizi di telemedicina erogati attraverso le farmacie o gli studi medici. Questi servizi di comunità, che si basano su prestazioni diagnostiche come l’elettrocardiogramma a riposo o Holter, il monitoraggio ambulatorio della pressione, la spirometria, l’ossimetria, sono importanti in quanto gli ospedali impegnati nella gestione dei pazienti con COVID-19 riducono notevolmente le prestazioni diagnostiche. Uno schema di una piattaforma web di telemedicina da noi utilizzata nel corso della pandemia è riportato in figura.

Figura. Architettura semplificata e schema del flusso di dati nella piattaforma di telemedicina Tholomeus® (da Omboni S et al, Expert Rev Med Devices 2020).

In Italia nel periodo pandemico, a parte nelle prime settimane del lockdown, si è osservato un incremento notevole di questi servizi. In base alla nostra esperienza nel corso del 2020 i servizi di telemedicina erogati in comunità (farmacisti e studi medici) sono aumentati del 16% rispetto ai 3 anni precedenti, con un impatto decisamente importante in termini di elettrocardiogrammi Holter (+64%). Durante il lockdown, gli utilizzatori domiciliari sono aumentati di 2,5 volte e la quantità di dati scambiati è aumentata di 1,5 volte rispetto all’anno precedente. Grazie alla telemedicina è stato possibile gestire prontamente pazienti con Pressione Arteriosa non controllata o con eventi ischemici cardiaci o con aritmie gravi.

Conclusioni

La epidemia da nuovo coronavirus ha avuto un impatto devastante su malati cronici affetti soprattutto da malattie cardiovascolari, Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale. Solo tardivamente si è realizzata l’importanza di gestire adeguatamente questi pazienti garantendo sia la tempestiva diagnosi e trattamento della COVID-19, sia la pronta gestione di eventi ischemici cardiaci o cerebrali, di aritmie, o rialzi pressori. La telemedicina si è rivelata sotto questo aspetto cruciale per gestire al meglio questi pazienti.


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