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L’importanza della misurazione della pressione

Misurare la pressione arteriosa è un gesto semplice che nasconde un potente strumento di prevenzione. Monitorare regolarmente la pressione non significa solo controllare l’ipertensione, ma anche ridurre il rischio di malattie cardiovascolari gravi, aritmie come la fibrillazione atriale e complicanze potenzialmente letali come l’ictus.

Oggi l’ipertensione arteriosa è il principale fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Controllarla, intervenire con terapie o modifiche dello stile di vita, può fare la differenza tra una vita sana e la comparsa di malattie croniche.

Inoltre, ricerche più recenti hanno evidenziato un legame molto stretto tra ipertensione e fibrillazione atriale (FA): due condizioni che spesso convivono e che aumentano notevolmente il rischio di ictus.

L’ipertensione arteriosa

L’ipertensione arteriosa si verifica quando la pressione sistolica supera costantemente i 140 mmHg o la pressione diastolica i 90 mmHg. Si tratta di una condizione molto comune: un adulto su quattro ne è colpito, e la prevalenza aumenta con l’età e con fattori come obesità, sedentarietà e alimentazione ricca di sale. (Ictus Pordenone)

L’ipertensione non trattata può danneggiare cuore, reni, occhi e vasi sanguigni. È il principale fattore di rischio per l’ictus e aumenta anche la probabilità di malattie coronariche, scompenso cardiaco e insufficienza renale. (Scienze Notizie)

Per questi motivi, le linee guida raccomandano controlli periodici: ogni 2-3 anni nella popolazione generale, ogni anno se i valori sono borderline o in presenza di fattori di rischio. (Ministero della Salute)

Fibrillazione atriale

La fibrillazione atriale è l’aritmia più comune, soprattutto negli anziani. Molti pazienti non manifestano sintomi evidenti: palpitazioni lievi, stanchezza o sensazione di battito irregolare possono passare inosservati. (PubMed)

Il problema principale è che la FA aumenta di circa 4-5 volte il rischio di ictus ischemico. (Ictus Pordenone)

Non è un caso che ipertensione e FA spesso coesistano. Studi su milioni di persone mostrano che chi ha la pressione alta ha un rischio significativamente maggiore di sviluppare FA, anche in forma asintomatica. Per ogni aumento di 20 mmHg nella pressione sistolica, il rischio di FA cresce del 18%. (PubMed)

Questo significa che anche valori di pressione “solo moderatamente elevati” possono avere conseguenze sul ritmo cardiaco, e che il controllo della pressione è essenziale non solo per prevenire danni vascolari, ma anche aritmie potenzialmente pericolose.

Screening combinato

Dato il legame tra ipertensione e FA, controllare contemporaneamente pressione e ritmo cardiaco è una strategia logica. Molti misuratori elettronici moderni segnalano un battito irregolare, permettendo di individuare sospette aritmie già durante una misurazione di routine. (News Liverpool)

Anche un semplice controllo del polso, eseguito in pochi secondi, può essere il primo campanello d’allarme che spinge a un approfondimento diagnostico con elettrocardiogramma.

Studi recenti dimostrano che lo screening della FA, soprattutto nelle persone con pressione elevata, riduce il rischio di ictus. Una meta-analisi su più di 35.000 partecipanti ha rilevato una diminuzione significativa degli eventi tromboembolici in chi è stato sottoposto a screening. (PubMed)

Come l’ipertensione favorisce la FA e l’ictus

L’ipertensione provoca stress costante su cuore e vasi sanguigni, portando a ispessimento delle pareti, rigidità arteriosa e rimodellamento atriale. Questi cambiamenti rendono il cuore più suscettibile a aritmie come la FA. (PubMed)

La FA, a sua volta, provoca flussi sanguigni irregolari e ristagno di sangue nell’atrio sinistro, favorendo la formazione di trombi che possono migrare al cervello e causare ictus ischemico. L’ipertensione peggiora ulteriormente il quadro, aumentando il rischio di danni vascolari e complicanze emboliche.

Implicazioni pratiche: cosa possiamo fare

  • Controllare regolarmente la pressione a casa o in farmacia.
  • Prestare attenzione a battiti irregolari, palpitazioni o sensazione di cuore “saltellante”.
  • Integrare la misurazione della pressione con un controllo del ritmo cardiaco, soprattutto nei pazienti a rischio.
  • Usare misuratori elettronici con allarme di aritmia o monitoraggi più avanzati quando indicato.
  • In caso di sospetta FA, confermare con ECG e valutare la necessità di terapia anticoagulante. (AIFA)
  • Seguire uno stile di vita sano: dieta equilibrata, attività fisica, riduzione del sale e gestione dello stress.
  • In caso di ipertensione o sospetta FA, seguire rigorosamente indicazioni mediche e controlli periodici.

La prevenzione rappresenta l’arma più efficace per ridurre i casi di ICTUS e di altre malattie cardio-cerebrovascolari e si basa essenzialmente sull’adozione e sul mantenimento di stili di vita salutari e sull’identificazione precoce e sull’adeguata gestione di eventuali fattori che aumentano il rischio di ICTUS, quali Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale, tramite l’utilizzo di misuratori della pressione validati anche per la rilevazione della Fibrillazione Atriale.

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Diabete e Ictus, il legame silenzioso

Il 14 novembre è la Giornata Mondiale del Diabete (World Diabetes Day), una ricorrenza necessaria per garantire conoscenza, cura e attenzione verso questa patologia.

Ogni anno, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la Federazione Internazionale del Diabete (IDF) lanciano un tema guida e, negli ultimi anni, il filo conduttore è rendere la cura accessibile, equa e sostenibile, migliorando la qualità della vita di chi convive con il diabete.

Il diabete è tra le malattie croniche più diffuse al mondo: secondo l’IDF, oltre 540 milioni di adulti ne sono affetti, e il numero continua a crescere. In Italia si stimano più di 3,5 milioni di persone diagnosticate, ma si calcola che un altro milione non sappia nemmeno di averlo.
Un problema silenzioso, spesso scoperto tardi, quando le complicanze iniziano a farsi sentire.

Il diabete non colpisce solo il metabolismo: danneggia i vasi sanguigni, grandi e piccoli, aprendo la strada a infarto, malattia renale, problemi oculari e — soprattutto — ictus cerebrale.
Ed è proprio qui che la consapevolezza deve crescere: capire che il cervello è una delle vittime più vulnerabili del diabete può fare la differenza tra la vita e la disabilità.

Diabete e ictus: un legame stretto

L’ictus è una delle principali cause di morte e disabilità nel mondo, ogni anno colpisce oltre 12 milioni di persone, e circa un quarto dei casi si verifica in persone con diabete.

Il legame tra diabete e ictus non è casuale: ha radici profonde nel funzionamento dei nostri vasi sanguigni.
Quando la glicemia resta alta per troppo tempo, anche se di poco, le cellule endoteliali che rivestono le arterie iniziano a deteriorarsi. E questo innesca una serie di effetti a catena:

  • Aterosclerosi accelerata: l’eccesso di zucchero e grassi nel sangue favorisce la formazione di placche che ostruiscono le arterie.
  • Danno ai piccoli vasi (microangiopatia): i capillari diventano rigidi, meno elastici, e il flusso di sangue al cervello si riduce.
  • Infiammazione cronica: il corpo reagisce come se fosse sempre in “allarme”, aumentando la coagulazione e rendendo più probabili i trombi.
  • Ipoglicemie e sbalzi glicemici: anche le variazioni brusche della glicemia possono indebolire la risposta cerebrale e aumentare la vulnerabilità alle ischemie.

In altre parole, il diabete “prepara il terreno” all’ictus, rendendo il cervello più esposto a un attacco ischemico (cioè da mancanza di sangue e ossigeno).

Gli ictus si dividono in due grandi categorie:

  • Ictus ischemico: causato dall’occlusione di un’arteria cerebrale (circa l’85% dei casi).
  • Ictus emorragico: provocato dalla rottura di un vaso e dalla fuoriuscita di sangue nel cervello.

Il diabete è strettamente associato all’ictus ischemico, perché favorisce la formazione di coaguli e l’ostruzione dei vasi.

Prevenzione

La buona notizia è che la maggior parte dei fattori di rischio si può controllare, infatti, prevenire l’ictus causato da diabete è possibile, ma richiede una strategia completa, non un singolo intervento.

Le linee guida europee (ESC 2023) raccomandano di:

  1. Tenere la glicemia sotto controllo, con obiettivi personalizzati.
  2. Controllare la pressione arteriosa, mantenendola idealmente sotto 130/80 mmHg.
  3. Ridurre il colesterolo LDL, con statine o altri farmaci se necessario.
  4. Smettere di fumare, perché il fumo moltiplica i rischi cardiovascolari.
  5. Fare attività fisica regolare, almeno 150 minuti a settimana di esercizio moderato.
  6. Seguire una dieta equilibrata, ispirata al modello mediterraneo, ricca di fibre, frutta, verdura e grassi “buoni”.
  7. Gestire il peso: anche una perdita del 5-10% può migliorare il metabolismo e la pressione.

In molti casi, la terapia farmacologica è indispensabile, ma il cambiamento quotidiano è ciò che riduce realmente il rischio di ictus e di altre complicanze.

I numeri che contano davvero

Di seguito i dati più significativi:

  • Il diabete raddoppia il rischio di ictus ischemico.
  • Il controllo di pressione e colesterolo riduce fino al 50% la probabilità di un evento cerebrovascolare.
  • Dopo un ictus, chi ha il diabete ha maggior rischio di recidiva e disabilità.
  • L’attività fisica regolare riduce del 40% il rischio di ictus (OMS).
  • I farmaci di nuova generazione ridimensionano il rischio cardiovascolare e migliorano la sopravvivenza.

Sono numeri che parlano chiaro, la prevenzione funziona.

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GIORNATA MONDIALE CONTRO L’ICTUS 2025

Il 29 ottobre è la Giornata Mondiale contro l’ICTUS promossa dalla World Stroke Organization, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sui segnali dell’ICTUS e sull’importanza del tempismo.

L’ICTUS è una patologia tempo-correlata: intervenire precocemente è fondamentale perché causa un improvviso danno celebrale in seguito a un’interruzione o riduzione del flusso sanguigno al cervello. In questo senso è molto importante che le persone siano consapevoli dell’enorme valore che ha la prevenzione.

In caso di comparsa di uno o più sintomi riferibili all’ICTUS è necessario chiamare immediatamente il 118 per il trasporto urgente al pronto soccorso di un ospedale dove si eseguono le cure specialistiche per l’ICTUS (Stroke Unit). Non aspettare di vedere se i sintomi migliorano spontaneamente, non contattare il medico di medicina generale o la guardia medica e non recarsi in pronto soccorso con mezzi propri, anche per evitare di presentarsi in un ospedale dove non sia attiva una Stroke Unit.

 I sintomi riguardano:

  • improvvisa riduzione o perdita di motilità e di forza e/o improvvisi deficit sensitivi (formicolii, perdita di sensibilità) alla metà inferiore del viso (con asimmetria della bocca che appare “storta” soprattutto quando il paziente prova a sorridere), al braccio e/o alla gamba di un lato del corpo
  • improvvisa difficoltà nel parlare e/o nel comprendere il linguaggio altrui
  • improvvisi disturbi visivi a carico di uno o di entrambi gli occhi
  • improvvisa perdita di coordinazione dei movimenti, sensazione di vertigine, di sbandamento e/o caduta a terra
  • improvviso mal di testa lancinante e inconsueto.

L’acronimo FAST, consente di ricordare facilmente alcuni test da fare quando si sospetta che una persona sia stata colpita da un ICTUS (Cincinnati Prehospital Stroke Scale):

  • F (come Face: Faccia): chiedere alla persona di sorridere e osservare se un angolo della bocca non si solleva o “cade” e la bocca appare “storta”;
  • A (come Arms: braccia): chiedere alla persona di alzare entrambe le braccia e osservare se presenta difficoltà/incapacità a sollevare un braccio o a mantenerlo alzato allo stesso livello dell’altro”;
  • S (come Speech: linguaggio): chiedere alla persona di ripetere una frase semplice e valutare se il suo modo di parlare risulti strano (parole senza senso) o biascicato;
  • T (come Time: Tempo): se è presente uno qualunque di questi segni, bisogna chiamare immediatamente il 118.

La Prevenzione

Oggi più che mai la prevenzione rappresenta l’arma più efficace per ridurre i casi di ICTUS e di altre malattie cardio-cerebrovascolari e si basa essenzialmente sull’adozione e sul mantenimento di stili di vita salutari (non fumare e non consumare altri prodotti del tabacco; praticare regolarmente un’adeguata attività fisica; evitare il consumo rischioso e dannoso di alcol; seguire una sana alimentazione, varia ed equilibrata, prediligendo il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e pesce e limitando l’assunzione di sale, carne rossa, grassi di origine animale e zuccheri; mantenere un peso corporeo ottimale), nonché sull’identificazione precoce e sull’adeguata gestione di eventuali fattori che aumentano il rischio di ICTUS, quali Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale, tramite l’utilizzo di misuratori della pressione validati anche per la rilevazione della Fibrillazione Atriale.

Guarda il video con il dott. Giovanzana

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ICTUS: LA TEMPESTIVITÀ TI SALVA LA VITA

Ogni anno in Italia migliaia di persone vengono colpite da ictus. È una delle principali cause di morte e la prima causa di disabilità nell’adulto.

Nonostante i progressi della medicina, c’è un problema che continua a ripetersi: troppi pazienti arrivano in ospedale troppo tardi, quando le terapie non possono più fare effetto.

Gli specialisti ripetono un concetto semplice ma potentissimo: “il tempo è cervello”.

 Significa che ogni minuto perso equivale a milioni di cellule nervose che muoiono. Uno studio pubblicato sulla rivista Stroke ha calcolato che, in media, 1,9 milioni di neuroni vengono persi ogni minuto di ictus non trattato. La tempestività è tutto.

Perché si arriva tardi?

Le ragioni sono diverse e purtroppo frequenti:

  • non si riconoscono subito i sintomi;
  • si pensa che “passerà da solo”;
  • si chiama il medico di base invece del 112;
  • si perde tempo a farsi accompagnare in auto invece di chiamare l’ambulanza;
  • l’ictus avviene durante la notte e viene scoperto solo al risveglio.

Tutti questi fattori fanno sì che il paziente arrivi fuori tempo massimo per le cure più efficaci e più tempo passa, meno possibilità ci sono di recuperare.

Come riconoscere subito un ictus

F.A.S.T. è l’acronimo appositamente pensato per riconoscere immediatamente i quattro principali sintomi di ‘ictus in corso’ che possono aiutare a guadagnare tempo:

  • F. = Face. Si avverte un intorpidimento improvviso o debolezza del viso e solitamente provoca una smorfia anomala.
  • A. = Arms. Difficoltà o totale impossibilità nel muovere braccia e gambe
  • S.= Speak. Difficoltà nel parlare o nel comprendere il linguaggio.
  • T.=Time. Non esitare, chiama immediatamente i soccorsi.

Se anche solo uno di questi segni compare, non bisogna aspettare né minimizzare. Ogni minuto è prezioso. Prima si interviene, migliori sono le possibilità di recupero.

Esiste anche il cosiddetto TIA (attacco ischemico transitorio): i sintomi sono identici a quelli di un ictus, ma si risolvono spontaneamente dopo pochi minuti o ore.

Può sembrare “niente di grave”, ma in realtà è un campanello d’allarme serissimo: chi ha avuto un TIA ha un alto rischio di ictus nei giorni successivi. Per questo va sempre valutato con urgenza.

Cosa fare?

  • Riconoscere i segni F.A.S.T.
  • Chiamare subito il 112 e fai intervenire l’ambulanza: i soccorritori attivano direttamente il centro specializzato più vicino.
  • Segnare l’orario in cui la persona è stata vista l’ultima volta “normale”: i medici ne hanno bisogno.
  • Non dare da mangiare, bere o farmaci alla persona colpita.
  • Preparare documenti e lista delle medicine che assume di solito, in particolare se prende anticoagulanti.

Consapevolezza

Molti studi hanno dimostrato che le persone non riconoscono l’ictus, o sottovalutano i sintomi. Questo è il motivo per cui campagne pubbliche e programmi ospedalieri stanno cercando di ridurre i ritardi. Negli Stati Uniti, ad esempio, il progetto Target: Stroke ha permesso di diminuire i tempi tra l’arrivo in pronto soccorso e la terapia, migliorando la sopravvivenza.

La prima vera “arma” resta l’informazione: se pazienti e familiari sanno riconoscere l’ictus, le probabilità di arrivare in tempo aumentano in modo decisivo.

Sapere riconoscere i sintomi, chiamare subito il 112 e non sottovalutare mai un campanello d’allarme può fare la differenza tra una vita normale e una vita segnata dalla disabilità.

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GIORNATA MONDIALE CONTRO L’IPERTENSIONE

Il 17 maggio 2025 sarà la Giornata Mondiale contro l’Ipertensione, un momento importante promosso ogni anno dalla World Hypertension League, per comunicare in tutto il mondo l’importanza del controllo della pressione arteriosa. Soprattutto in questa giornata, farmacie, sanitarie, medici, operatori sanitari cooperano in tutto il mondo con l’obiettivo di informare sulla prevenzione all’Ipertensione, la sua individuazione e il suo trattamento.

L’Ipertensione, nota anche come pressione alta, è una condizione medica in cui la pressione sanguigna nelle arterie è elevata, superando 140/90 mmHg. L’Ipertensione è un fattore di rischio ICTUS molto diffuso nella popolazione, non solo anziana. I dati del Ministero della Salute parlano del 31% di italiani ipertesi e del 17% in una condizione “borderline”, ovvero in una condizione a rischio.

Può succedere che non ci si accorga di essere ipertesi per un lungo periodo e spesso l’ipertensione arteriosa è rilevata in modo casuale.

Se l’ipertensione rimane non trattata per anni, si producono danni cardiaci e vascolari, ad esempio ICTUS cerebrale emorragico, insufficienza cardiaca, infarto cardiaco, retinopatia e insufficienza renale. Le conseguenze dell’ipertensione arteriosa possono essere prevenute con uno stile di vita corretto.

COME POSSIAMO PREVENIRE IL RISCHIO DI IPERTENSIONE? LINEE GUIDA

  • Misurare la pressione arteriosa per riconoscere precocemente un suo aumento è il primo semplice passo per una corretta prevenzione. Controllare la pressione in modo regolare è facile e alla portata di tutti! Basta dotarsi di un misuratore di pressione con un alto grado di precisione, perché l’attendibilità e la precisione dei valori pressori è importante. In commercio esistono svariate tipologie di misuratori ma pochi rispettano rigidi protocolli di precisione e sensibilità e/o sono adatti a pazienti difficili come diabetici, anziani, dializzati, donne in gravidanza e con preeclampsia.
    Anche le farmacie offrono il servizio di misurazione della pressione e possono aiutare nel monitoraggio continuo e regolare. Sai che durante la Giornata Mondiale dell’Ipertensione puoi recarti presso le farmacie aderenti e richiedere il monitoraggio gratuito della pressione arteriosa e della fibrillazione atriale con un misuratore Microlife, validato secondo i protocolli ISO e BIHS?
  • 30 minuti di attività fisica al giorno come camminare, nuotare, andare in bicicletta, possono ridurre da soli la pressione arteriosa. L’attività fisica regolare aiuta a rendere le arterie più elastiche, meno esposte all’indurimento e alla formazione di trombi e agisce inoltre positivamente a livello psicologico, sconfiggendo l’ansia e lo stress. Per contrastare il rischio di problemi cardiovascolari acuti è necessario che il programma di attività fisica venga stabilito da un medico e che sia graduale sia per l’intensità che per i tempi di attuazione. Chi soffre di pressione alta dovrebbe praticare esercizi ad elevata componente aerobica come la marcia, il ciclismo, il jogging, ecc… ma non attività di potenza.
    Una qualsiasi attività che permetta di fare un po’ di movimento, anche se solo per pochi minuti al giorno come prendere i mezzi pubblici per andare al lavoro scendendo una fermata prima della destinazione, fare le scale e non prendere l’ascensore, utilizzare la bicicletta quando è possibile, curare il giardino o l’orto, è meglio della più completa inattività fisica. Un’attività fisica regolare e di buona intensità è in grado di ridurre i valori pressori fino a 6 – 7 mmHg.
  • Mangiare in modo sano ed equilibrato assumendo grassi (saturi di origine animale: burro, formaggi e carni rosse) in quantità contenuta, ma non eliminandoli completamente dalla dieta. I cibi poveri di grassi comprendono quelli ricchi di amidi e fibre, che contengono generalmente anche vitamine e minerali. Per questo cercare di mantenere l’apporto di proteine, preferibilmente di origine vegetale (legumi come fagioli, lenticchie, ceci, fave, piselli, ecc..) rispetto a quelle di origine animale. Privilegiare il pesce almeno due volte alla settimana ed evitare di utilizzare sale ove possibile o evitare alimenti preconfezionati, in salamoia che hanno un altissimo contenuto di sale. Il sale incide in modo negativo sull’aumento di pressione.
  • Perdere peso per alcune persone costituisce il mezzo per tenere sotto controllo la pressione ma anche, in alcuni casi, per ridurre il quantitativo di medicinali da assumere. Essere in sovrappeso costringe il cuore a lavorare di più per pompare il sangue in tutto il corpo. È dimostrato che 10 chili di peso in meno portano ad un abbassamento della pressione arteriosa di 5-10mmHg.
    Mantenere un BMI (Indice di Massa Corporea) di 25 o inferiore e un girovita di 102cm per gli uomini e di 88 cm per le donne è raccomandato ai normotesi per prevenire l’insorgenza di Ipertensione e agli ipertesi per ridurla. La perdita di peso è strettamente legata ad una corretta alimentazione, ad una costante attività fisica e in generale ad uno stile di vita sano.
  • Smettere di fumare di una singola sigaretta è in grado di aumentare rapidamente i valori di pressione arteriosa e di frequenza cardiaca. Il monossido di carbonio, che costituisce dal 2% al 6% del fumo di sigaretta, lega l’emoglobina, riducendo la capacità di trasporto dell’ossigeno nei fumatori. Infatti, dopo ogni sigaretta la pressione arteriosa aumenta per 15 minuti. Inoltre, il fumo favorisce l’arteriosclerosi che provoca il restringimento delle arterie con formazione di placche che impediscono la corretta fluidità del sangue, causando infarto o ICTUS.

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INFARTO E ICTUS: SCREENING E BUONE ABITUDINI

Le malattie cardiovascolari sono una delle principali cause di morte nel mondo ma, grazie a strategie di prevenzione mirate e alla gestione dei fattori di rischio modificabili, è possibile ridurre significativamente il numero di decessi e migliorare la qualità della vita delle persone.

Adottare uno stile di vita sano e effettuare screening regolarmente rappresentano la chiave per contrastare queste patologie.

Secondo l’analisi del TEHA Group, società di The European House Ambrosetti, la prevenzione attraverso stili di vita sani e screening mirati potrebbe ridurre del 34% la mortalità nella fascia 0-74 anni per i principali gruppi di malattie (TEHA Group, 2025).

Questo dato, presentato nel Position Paper “Rischio cardio-metabolico in Italia: il ritorno economico di un programma di screening della popolazione”, sottolinea l’urgenza di un approccio proattivo alla salute cardiovascolare.

La crescente incidenza di malattie cardiovascolari e le loro conseguenze croniche rappresentano una minaccia non solo per la salute individuale, ma anche per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.

È quindi fondamentale intervenire precocemente con strategie efficaci di prevenzione e screening.

Gli esperti del TEHA Group hanno analizzato il rischio cardio-metabolico nella popolazione italiana tra i 40 e i 69 anni senza eventi cardiovascolari pregressi e i risultati ottenuti sono preoccupanti:

  • il 50,1% della popolazione esaminata è a rischio medio-alto.
  • il 7,5% è considerato ad alto rischio.
  • il 4,2% è classificato a rischio altissimo.
  • differenze significative tra uomini (72,4% a rischio) e donne (28,6%), con un aumento del rischio per le donne dopo la menopausa (ESC, 2021).
  • nei soggetti ad alto rischio, la probabilità di un evento acuto nei successivi 10 anni è del 10,9%, rispetto al 6,2% nei soggetti a rischio medio e al 2,8% in quelli a basso rischio (ESC, 2021).

La relazione tra fattori di rischio e mortalità

La Federazione Italiana di Cardiologia (FIC) evidenzia come la coesistenza di fattori di rischio come obesità, inattività fisica, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, fumo, iperglicemia e diabete incrementi in modo esponenziale il rischio cardio-metabolico, con conseguenze severe sulla qualità della vita e sulla mortalità prematura (FIC, 2023).

Vengono inoltre sottolineate le disparità regionali, infatti, le regioni del sud Italia sono caratterizzate da una maggiore prevalenza di fattori di rischio, registrano tassi di mortalità cardiovascolare più elevati (Ministero della Salute, 2024).

L’adozione di programmi di screening cardio-metabolico promossi dalla regione rappresenta una soluzione efficace per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari gravi.

Un percorso diagnostico strutturato dovrebbe includere:

  • questionari sugli stili di vita.
  • misurazione della pressione arteriosa.
  • analisi della glicemia per valutare l’emoglobina glicata nel diabete.
  • profilo lipidico e lipoproteina per individuare ipercolesterolemia.
  • elettrocardiogramma per i soggetti tra 65 e 69 anni.

Questi esami permetterebbero di individuare precocemente i soggetti a rischio medio-alto e di avviare tempestivamente strategie di prevenzione personalizzate, che includano interventi educazionali e/o farmacologici (American Heart Association, 2022).

Il valore economico della prevenzione

Oltre all’impatto sulla salute, il costo economico associato ai soggetti a rischio medio-alto è enorme: circa 13,4 miliardi di euro l’anno tra costi sanitari diretti e perdite di produttività (TEHA Group, 2025).

L’investimento in programmi di screening ha un impatto positivo non solo sulla salute, ma anche sui costi sanitari.

Secondo il Position Paper, il ritorno economico derivante dall’implementazione di uno screening cardio-metabolico varia tra 1,4 e 1,8 euro per ogni euro investito, con un valore medio di 1,6 (TEHA Group, 2025). Il ritorno massimo si registra tra i 40-49enni (2,2 euro), mentre diminuisce progressivamente con l’età.

Più precoce è l’intervento, maggiori sono i benefici in termini di riduzione del rischio e di risparmio economico per il sistema sanitario.

La prevenzione cardiovascolare non è un’opzione, ma una necessità.

Attraverso screening mirati e l’adozione di abitudini salutari, è possibile ridurre drasticamente il rischio di infarto e ictus, migliorando la qualità della vita e riducendo i costi per il sistema sanitario.

Investire nella prevenzione significa investire nel futuro della salute pubblica. Agire oggi può fare la differenza per il benessere di domani.

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SCOMPENSO DA IPERTENSIONE: COME IL CERVELLO PROTEGGE IL CUORE

L’insufficienza cardiaca rappresenta una delle principali cause di mortalità legate all’ipertensione, una condizione che coinvolge milioni di persone in tutto il mondo.

Uno studio guidato dall’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Immunity ha svelato un meccanismo biologico complesso che coinvolge il cuore, il cervello e la milza nella risposta cardiaca al sovraccarico emodinamico provocato dall’ipertensione arteriosa.

Secondo la ricerca, il cuore sottoposto a pressione a causa dell’ipertensione invia un segnale al cervello, il quale attiva il sistema immunitario che stimola le cellule della milza.

Rilasciare il fattore di crescita denominato Placental Growth Factor (PlGF), capace di stimolare specifiche cellule immunitarie nel muscolo cardiaco, favorendo un rimodellamento adattativo.

Tuttavia, con il tempo, questo processo tende a peggiorare, compromettendo la funzionalità del cuore.
Lo studio, condotto sia su modelli animali che sull’uomo, descrive un vero e proprio circuito biologico che collega tre organi:

  • il cuore, che segnala il sovraccarico;
  • il cervello, che processa l’informazione e invia comandi alla milza;
  • la milza, che risponde producendo il PlGF.

Il PlGF stimola particolari macrofagi residenti nel cuore che esprimono il recettore Neuropilina-1. Queste cellule immunitarie proliferano, favorendo una risposta strutturale che permette al muscolo cardiaco di sopportare l’elevata pressione.

Uno dei meccanismi fondamentali attraverso cui il cervello regola la pressione arteriosa è il riflesso barocettivo attraverso la stimolazione dei neuroni specializzati, i barocettori, situati nell’arco aortico e nei seni carotidei, che monitorano i cambiamenti della pressione sanguigna e li trasmettono al midollo allungato.

Quando la pressione aumenta, il cervello risponde riducendo la frequenza cardiaca e inducendo vasodilatazione per stabilizzare il flusso sanguigno.

Il cervello è particolarmente sensibile alle variazioni del flusso sanguigno e dispone di meccanismi di autoregolazione che mantengono una pressione costante. Questi meccanismi coinvolgono fattori metabolici, miogenici e neurogeni che assicurano un adeguato apporto di ossigeno e nutrienti, proteggendo i neuroni dalle fluttuazioni pressorie.

La connessione tra sistema nervoso e sistema immunitario

Gli studi condotti hanno dimostrato che il sistema nervoso centrale influisce sulla frequenza cardiaca attraverso due centri cardiovascolari nel midollo allungato:

  • aree cardioacceleratrici, che stimolano l’attività cardiaca tramite la stimolazione simpatica;
  • aree cardioinibitorie, che la riducono attraverso la stimolazione parasimpatica.

L’attivazione del sistema immunitario nella milza in risposta ai segnali cerebrali rappresenta una scoperta innovativa.
I livelli di PlGF nel sangue aumentano nei pazienti ipertesi, indicando un legame tra il sistema immunitario e il rimodellamento del cuore. Inoltre, la presenza della proteina Neuropilina-1 nei macrofagi cardiaci umani conferma l’esistenza di un meccanismo simile anche nella nostra specie.

Implicazioni terapeutiche e prospettive future

Questa scoperta apre nuove prospettive nella comprensione del rapporto tra sistema nervoso e sistema immunitario nella regolazione del cuore.

In futuro, potrebbero essere sviluppate strategie terapeutiche capaci di modulare questa risposta naturale per prevenire la progressione dell’insufficienza cardiaca.

Il coinvolgimento di istituzioni internazionali come l’Università di Manchester, l’Università di Toronto e l’Università di Edimburgo evidenzia l’importanza globale di questa ricerca e il suo potenziale impatto sulla salute pubblica.

Lo studio dell’I.R.C.C.S. Neuromed ha rivelato un nuovo meccanismo attraverso il quale il cervello protegge il cuore dallo scompenso da ipertensione.

Comprendere e modulare questo asse cuore-cervello-milza potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento dell’insufficienza cardiaca, migliorando la qualità della vita di milioni di pazienti ipertesi in tutto il mondo.

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DIABETE E INVECCHIAMENTO: IL LEGAME CHE MINACCIA LA SALUTE

L’invecchiamento è un processo naturale che coinvolge l’intero organismo, ma nei soggetti diabetici questo processo subisce un’accelerazione significativa.
Il diabete, soprattutto di tipo 2, influisce negativamente sulla funzione cellulare, sulla salute vascolare e sulle capacità rigenerative del corpo, portando a un deterioramento precoce dei tessuti e aumentando il rischio di malattie gravi come l’ictus.

Il diabete come fattore di invecchiamento accelerato

Il diabete è una patologia cronica caratterizzata da alti livelli di glucosio nel sangue, dovuti a una produzione insufficiente di insulina o a una resistenza da parte delle cellule.
Questa condizione provoca danni sistemici che accelerano l’invecchiamento in diversi modi:

  • Stress ossidativo e danni cellulari
    L’iperglicemia cronica aumenta la produzione di radicali liberi, molecole instabili che danneggiano le cellule e accelerano il processo di invecchiamento. Lo stress ossidativo compromette il DNA, le proteine e i lipidi cellulari, riducendo la capacità rigenerativa dell’organismo.
  • Infiammazione cronica di basso grado
    Il diabete è associato a un’infiammazione persistente, che contribuisce alla degenerazione dei tessuti e accelera l’invecchiamento di organi vitali come il cuore, il cervello e i reni. Questa infiammazione cronica è anche un fattore chiave nello sviluppo di malattie neurodegenerative.
  • Disfunzione mitocondriale
    I mitocondri, le centrali energetiche delle cellule, subiscono alterazioni in presenza di diabete, riducendo l’efficienza del metabolismo e favorendo l’accumulo di radicali liberi e di conseguenza danni cellulari. Questo porta a una minore produzione di energia e a un progressivo declino funzionale.
  • Deterioramento del sistema vascolare
    Il diabete danneggia i vasi sanguigni accelerando il processo di aterosclerosi ovvero formazione di placche che riducono l’elasticità delle arterie e compromettono la circolazione. Questo porta a un maggiore rischio di ictus, infarto e altre complicanze cardiovascolari.
  • Alterazioni ormonali e riduzione della longevità
    Il diabete influenza i livelli di ormoni chiave per il mantenimento della giovinezza, come l’insulina e il fattore di crescita IGF-1, riducendo la capacità del corpo di ripararsi e rigenerarsi.

Il Legame tra diabete e rischio di ictus

Uno degli effetti più pericolosi del diabete sull’invecchiamento è l’aumento del rischio di ictus. Il diabete contribuisce all’ictus attraverso diversi meccanismi:

  • Iperglicemia e danni ai vasi cerebrali, che rendono le arterie più fragili e suscettibili a rotture o ostruzioni.
  • Aumento della pressione sanguigna, che amplifica il rischio di eventi cerebrovascolari.
  • Alterazione della coagulazione, che favorisce la formazione di trombi che possono bloccare il flusso sanguigno al cervello.

È possibile rallentare l’Invecchiamento nei diabetici?

Nonostante il legame tra diabete e invecchiamento accelerato, esistono strategie efficaci per rallentare questo processo.

Il primo passo è sicuramente quello di adottare un’alimentazione equilibrata con una dieta ricca di antiossidanti, fibre e grassi sani per contrastare lo stress ossidativo e migliorare la sensibilità insulinica.

È consigliato svolgere attività fisica in maniera regolare, infatti, l’esercizio aiuta a migliorare il metabolismo e ridurre l’infiammazione.

È necessario controllare i valori della glicemia e monitorare e gestire i livelli di zucchero nel sangue per prevenire danni cellulari.

Il diabete accelera il processo di invecchiamento attraverso molteplici meccanismi che compromettono la salute cellulare e vascolare.

Comprendere questa connessione è essenziale per adottare strategie preventive e migliorare la qualità della vita.

Adottare uno stile di vita sano e prestare attenzione alle proprie abitudini alimentari può contribuire significativamente alla prevenzione riducendo il rischio di complicanze gravi come l’ictus, garantendo un futuro più sano e longevo.

È sempre opportuno consultare il proprio medico per una valutazione e una terapia adeguata in base alle proprie esigenze e necessità.

Stefano Montemurro Nessun commento

INFARTO DOPO I PASTI: UN RISCHIO DA NON SOTTOVALUTARE

Il rischio di infarto dopo i pasti è una tematica di crescente interesse, soprattutto in Italia, dove una significativa parte della popolazione presenta fattori di rischio cardiovascolare.

Secondo i dati del sistema di sorveglianza PASSI, il 41% degli italiani tra i 18 e i 69 anni possiede almeno tre fattori di rischio modificabili, tra cui ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete, fumo di tabacco, sovrappeso/obesità, sedentarietà e abitudini alimentari scorrette. (Istituto Superiore di Sanità)

Alcuni meccanismi fisiologici legati alla digestione possono contribuire a scatenare sintomi di tipo cardiaco, specialmente in persone con fattori di rischio cardiaci preesistenti per malattie cardiovascolari.

Può verificarsi in seguito a un pasto pesante o ricco di grassi, a volte però i sintomi possono essere confusi con quelli di una cattiva digestione.

Cosa accade nel corpo dopo un pasto abbondante?

Dopo aver mangiato, il corpo devia una grande quantità di sangue verso il sistema digestivo per facilitare la digestione.

Questo aumento del flusso sanguigno verso lo stomaco può ridurre temporaneamente l’apporto di sangue ad altri organi, incluso il cuore e per le persone con arterie coronariche ristrette, questa condizione può portare a ischemia o, nei casi più gravi, a un infarto.

Un altro fattore è l’impatto dei pasti ricchi di grassi e carboidrati, che possono causare un aumento temporaneo della pressione sanguigna e dei livelli di zucchero e trigliceridi nel sangue, affaticando ulteriormente il cuore.

Fattori di rischio specifici in Italia

In Italia, l’adozione di abitudini alimentari poco salutari, come il consumo eccessivo di grassi saturi e sale, contribuisce all’aumento dei fattori di rischio cardiovascolare.

La sedentarietà e l’obesità sono ulteriori elementi che aggravano la situazione, rendendo la popolazione più vulnerabile a eventi cardiaci post-prandiali.(Istituto Superiore di Sanità)

Studi recenti indicano che l’orario in cui si consumano i pasti può influenzare il rischio cardiovascolare. In particolare, posticipare la colazione dopo le 9:00 e la cena dopo le 21:00 è associato a un aumento del 28% del rischio di malattie cerebrovascolari, come l’ictus. (Medicina Integrata)

Consigli per la prevenzione

Per mitigare il rischio di infarto dopo i pasti, si raccomanda di:

  • Evitare pasti abbondanti e ricchi di grassi, preferendo porzioni moderate e bilanciate.
  • Mantenere orari regolari per i pasti, anticipando la colazione prima delle 8:00 e la cena prima delle 20:00.
  • Praticare una leggera attività fisica dopo i pasti, come una passeggiata, per favorire la digestione e migliorare la circolazione.
  • Evitare il digiuno intermittente estremo, poiché concentrare i pasti in una finestra temporale ristretta è stato associato a un aumento del rischio di mortalità per malattie cardiovascolari.

Adottare uno stile di vita sano e prestare attenzione alle proprie abitudini alimentari può contribuire significativamente alla prevenzione di eventi cardiovascolari post-prandiali. (Istituto Superiore di Sanità)

Stefano Montemurro Nessun commento

GIORNATA MONDIALE CONTRO L’ICTUS 2024

Il 29 ottobre è la Giornata Mondiale contro l’ICTUS promossa dalla World Stroke Organization, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sui segnali dell’ICTUS e sull’importanza del tempismo.

L’ICTUS è una patologia tempo-correlata: intervenire precocemente è fondamentale. In questo senso è molto importante che le persone siano consapevoli dell’enorme valore che ha la prevenzione.

In caso di comparsa di uno o più sintomi riferibili all’ICTUS è necessario chiamare immediatamente il 118 per il trasporto urgente al Pronto Soccorso di un Ospedale dove si eseguono le cure specialistiche per l’ICTUS (Stroke Unit). Non aspettare di vedere se i sintomi migliorano spontaneamente, non contattare il Medico di Medicina Generale (MMG) o la Guardia Medica e non recarsi in Pronto Soccorso con mezzi propri, anche per evitare di presentarsi in un Ospedale dove non sia attiva una Stroke Unit.

 I sintomi riguardano:

  • improvvisa riduzione o perdita di motilità e di forza e/o improvvisi deficit sensitivi (formicolii, perdita di sensibilità) alla metà inferiore del viso (con asimmetria della bocca che appare “storta” soprattutto quando il paziente prova a sorridere), al braccio e/o alla gamba di un lato del corpo
  • improvvisa difficoltà nel parlare e/o nel comprendere il linguaggio altrui
  • improvvisi disturbi visivi a carico di uno o di entrambi gli occhi
  • improvvisa perdita di coordinazione dei movimenti, sensazione di vertigine, di sbandamento e/o caduta a terra
  • improvviso mal di testa lancinante e inconsueto.

L’acronimo FAST, consente di ricordare facilmente alcuni test da fare quando si sospetta che una persona sia stata colpita da un ICTUS (Cincinnati Prehospital Stroke Scale):

  • F (come Face: Faccia): chiedere alla persona di sorridere e osservare se un angolo della bocca non si solleva o “cade” e la bocca appare “storta”;
  • A (come Arms: braccia): chiedere alla persona di alzare entrambe le braccia e osservare se presenta difficoltà/incapacità a sollevare un braccio o a mantenerlo alzato allo stesso livello dell’altro”;
  • S (come Speech: linguaggio): chiedere alla persona di ripetere una frase semplice e valutare se il suo modo di parlare risulti strano (parole senza senso) o biascicato;
  • T (come Time: Tempo): se è presente uno qualunque di questi segni, bisogna chiamare immediatamente il 118.

La Prevenzione

Oggi più che mai la prevenzione rappresenta l’arma più efficace per ridurre i casi di ICTUS e di altre malattie cardio-cerebrovascolari e si basa essenzialmente sull’adozione e sul mantenimento di stili di vita salutari (non fumare e non consumare altri prodotti del tabacco; praticare regolarmente un’adeguata attività fisica; evitare il consumo rischioso e dannoso di alcol; seguire una sana alimentazione, varia ed equilibrata, prediligendo il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e pesce e limitando l’assunzione di sale, carne rossa, grassi di origine animale e zuccheri; mantenere un peso corporeo ottimale), nonché sull’identificazione precoce e sull’adeguata gestione di eventuali fattori che aumentano il rischio di ICTUS, quali Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale, tramite l’utilizzo di misuratori della pressione validati anche per la rilevazione della Fibrillazione Atriale.

Guarda il video con il dott. Giovanzana