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FIBRILLAZIONE ATRIALE: QUALI SONO I SINTOMI E COME RILEVARLA CON IL DOTT.GIOVANZANA

La Fibrillazione Atriale è un’aritmia cardiaca che si verifica quando l’attività atriale è irregolare e disorganizzata con un numero di contrazioni più elevato della norma. Vi è quindi un difetto elettrico del cuore che porta gli atri a un “cortocircuito”.

È stato chiesto al dottor Antonio Giovanzana – ex Coordinatore della S.I.I.A.- Società Italiana Ipertensione Arteriosa per la Regione Lazio e responsabile del Centro per l’Ipertensione presso il Policlinico Umberto I a Roma –di saperne di più riguardo la fibrillazione atriale, quali sono i sintomi e come fare prevenzione.

Quali sono i rischi della fibrillazione atriale?

La Fibrillazione Atriale è un’irregolarità che non permette a tutto il sangue di essere pompato nelle camere inferiori del cuore (ventricoli) e che può portare alla formazione di coaguli (grumi). I coaguli possono immettersi nella circolazione sanguigna e diventare molto pericolosi:

“Il coagulo potrebbe andare incontro a risoluzione spontanea grazie ai meccanismi riparatori del nostro organismo, o potrebbe malauguratamente migrare verso il cuore o il cervello, causando infarto o ictus”.

Quali sono i sintomi della fibrillazione atriale?

Si stima che sopra gli 80 anni di età 1 persona su 10 soffra di Fibrillazione Atriale ma molte persone non presentano sintomi, può infatti essere asintomatica o con sintomi evidenti come spiegato dal dottor Giovanzana:

“la fibrillazione atriale è quasi paucisintomatica, non ce ne accorgiamo. Spesso invece da sensazione di palpitazione, tachicardia, sentiamo dentro il torace come uno sfarfallio, come se una farfalla si agitasse nel nostro organismo. Altre volte ci possiamo sentire privi di forza, abbiamo una difficoltà visiva. Questi sono tutti segni, molto frequenti nella popolazione anziana, che ci devono avvisare che siamo in un periodo di fibrillazione atriale”.

La Fibrillazione Atriale asintomatica è particolarmente pericolosa perché la persona che ne soffre non viene avvertita dal proprio corpo. Naturalmente soffrirne senza saperlo vuol dire non curarla, aumentando notevolmente il rischio ICTUS.

Oltre il 90% degli episodi di Fibrillazione Atriale è asintomatico e in circa il 30% dei pazienti viene diagnosticato incidentalmente quando è ricoverato in ospedale per altre ragioni, incluso l’ICTUS.

Tipologie di fibrillazione atriale?

Esistono diversi tipi di fibrillazione atriale:

  • Fibrillazione Atriale parossistica: si manifesta improvvisamente nei soggetti affetti da malattie cardiache organiche, oppure in cuori apparentemente sani. Nel soggetto sano il ripristino del ritmo sinusale (cardioversione) avviene spontaneamente, nel 60% dei casi circa durante le prime ore o nei primi giorni dopo l’episodio acuto. Se non c’è cardioversione spontanea, si può tentare la cardioversione farmacologica somministrando farmaci antiaritmici.
  • Fibrillazione Atriale persistente: la Fibrillazione Atriale parossistica diventa Fibrillazione Atriale persistente quando la sua durata supera i 7 giorni oppure quando ha una durata inferiore perché interrotta da interventi farmacologici o elettrici.
  • Fibrillazione Atriale permanente: è definita cronica quando persiste e quando i tentativi di cardioversione non sono stati effettuati o sono stati inefficaci. La Fibrillazione Atriale permanente tende a manifestarsi in un paziente già portatore di malattia cardiaca. In casi particolarmente gravi, un paziente cardiopatico può andare incontro a scompenso cardiaco.


Come rilevare la fibrillazione atriale?

Per diagnosticare la fibrillazione atriale sarebbe sufficiente un elettrocardiogramma, il problema è però rappresentato dalla difficoltà di cogliere l’aritmia quando è presente ed è per questo che si utilizzano diversi sistemi di rilevazione:

“È necessario consultare lo specialista e/o andare a fare un elettrocardiogramma, ma non è detto che la fibrillazione ci sia ancora.

Possiamo quindi ricorrere e usare dei meccanismi di registrazione come l’holter ECG che monitorano l’attività cardiaca fino a una settimana semplicemente con un cerotto che trasmette il segnale a una centrale diagnostica in grado di rilevare il verificarsi di eventuali episodi. Oppure potremmo avvalerci degli apparecchi per misurare la pressione con all’interno un software in grado di misurare la pressione e rilevare una fibrillazione.

Diversamene basta mettere 3 dita alla radice del pollice e sentire il proprio polso. Se è ritmico, senza pause o accelerazioni, stiamo tranquilli. Se è un po’ ballerino possiamo dubitare di avere una fibrillazione atriale.
A prescindere dal metodo di rilevazione utilizzato, l’Importante è che una volta acclarato che abbiamo la fibrillazione atriale dobbiamo assolutamente essere ligi nella terapia prescritta dal cardiologo.”

I nuovi algoritmi presenti negli apparecchi di rilevamento della Fibrillazione Atriale hanno dimostrato di avere un’elevata sensibilità e specificità (>95%) per questa particolare aritmia cardiaca, rendendo di fatto lo screening della Fibrillazione Atriale una buona abitudine alla portata di tutti, senza appesantire il carico di lavoro del personale sanitario.
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ICTUS: SINTOMI E PREVENZIONE CON IL DOTT.GIOVANZANA

L’ ICTUS è un danno cerebrale che si verifica quando un’arteria si occlude o si rompe causando come conseguenza l’interruzione dell’afflusso di sangue al cervello.
Si crede che l’ICTUS colpisca prevalentemente gli anziani ma solo in Italia circa 12.000 persone di età inferiore ai 55 anni vengono colpite ogni anno.
È stato chiesto al dottor Antonio Giovanzana – ex Coordinatore della S.I.I.A.- Società Italiana Ipertensione Arteriosa per la Regione Lazio e responsabile del Centro per l’Ipertensione presso il Policlinico Umberto I a Roma –di saperne di più riguardo l’ictus, quali sono i sintomi dell’ictus e quali sono le misure di prevenzione.

Quali sono i sintomi dell’ictus?

I sintomi premonitori dell’ICTUS sono la bocca che si storce, un braccio o una gamba che diventano deboli, le frasi sconnesse o in generale difficoltà a parlare.
Un ruolo fondamentale lo ricopre il tempismo chiamando subito il 118 non appena si ha un sospetto di ictus in corso.

Negli ospedali ci sono unità di cura specializzate per il trattamento dell’ICTUS in grado di ridurre le disabilità gravi e anche il rischio di morte se si agisce con celerità, come enunciato dal dottor Giovanzana:

“C’è una formuletta facile da memorizzare F.A.S.T. e significa:
F come FACE (faccia): il sorriso normale del vostro caro diventa una smorfia senza motivo;
A come ARMS (arti): il vostro caro non muove il braccio o la gamba come è abituato a fare;
S come SPEAK (parlare): non riesce a parlare, sembra assonnato, sembra quasi ubriaco, chiediamo di ripetere facilmente le parole “ti voglio bene” e non riesce a dirle;
T come TIME (tempismo): se interveniamo nella finestra diagnostica di 3-4 ore dal presentarsi dei sintomi siamo certi di aiutare il nostro caro a non incorrere in danni irreversibili.”

Cosa fare per prevenire l’ictus?

Il dottor Giovanzana sottolinea che i fattori di rischio ICTUS riconosciuti dalla comunità medica e scientifica vengono classificati in fattori non modificabili come la predisposizione familiare, il sesso e l’età e fattori modificabili, categoria di appartenenza della maggior parte dei rischi:

“ Per prevenire l’ictus dobbiamo avere un comportamento di vita il più possibile sano. Evitare il fumo di sigaretta o ridurlo al massimo è fondamentale.
Non eccedere nel peso. Cercare di non avere la causa principale dell’afflusso e della migrazione dei coaguli ovvero l’obesità. Se noi siamo obesi il sangue ristagna per assolvere alle sue funzioni digestive, quindi si crea il coagulo. Quando poi una forza maggiore legata a una pressione non controllata dà una spinta, questo coagulo può raggiugere le aree celebrali e creare un danno non sempre reversibile.
Seguire un’alimentazione corretta, povera di grassi perché il coagulo è favorito se ci sono disturbi lipidici. Se il nostro colesterolo è alto e non controllato ci troveremo ad avere questa situazione”.

Cambiare lo stile di vita è la base di partenza.
Il fumo è uno dei nemici principali della circolazione sanguigna perché la nicotina ha effetti molto negativi sulle nostre arterie:

  • genera aterosclerosi, ovvero un’alterazione delle pareti delle arterie che perdono la loro elasticità, si ispessiscono e a lungo andare si ostruiscono, impedendo il normale flusso sanguigno e generando rischi di infarti, trombosi e ICTUS;
  • aumenta l’aggregazione piastrinica, cioè la tendenza delle piastrine ad attaccarsi tra loro e formare coaguli nelle arterie che possono poi generare ICTUS;
  • aumenta la pressione arteriosa, uno dei principali fattori di rischio ICTUS.

Il sovrappeso favorisce lo sviluppo combinato di diabete (di tipo 2) e colesterolo alto, che sono rispettivamente un eccesso di glucosio nel sangue e un eccesso di depositi di grasso nei vasi sanguigni, (placche aterosclerotiche).

I depositi di grasso nei vasi sanguigni portano a un restringimento che a lungo andare può generare l’ostruzione delle arterie, provocando un ICTUS.

Anche il diabete nel tempo provoca un irrigidimento delle arterie e la formazione di placche arteriosclerotiche, predisponendo chi ne soffre ad un maggiore rischio ICTUS.

Modificare alimentazione e stile di vita in questo caso specifico può essere davvero la migliore arma di prevenzione ICTUS (e non solo) che si ha a disposizione, anche se esistono terapia farmacologiche che aiutano a tenere sotto controllo diabete e colesterolo. È Importante non dimenticarsi mai di fare esami del sangue periodici per tenere monitorati questi valori e intervenire con tempestività in caso di necessità.

Monitoraggio della pressione

La S.I.I.A. riconosce come valori pressori di normalità per l’età adulta di 115-140 mmHG come massima (pressione sistolica) e 75-90 mmHg come minima (pressione diastolica).

Se i valori eccedono a questi, allora si parla di ipertensione, che si manifesta quando la circolazione sanguigna diventa difficoltosa, ad esempio a causa di ostruzioni, vasi sanguigni ristretti o meno elastici. In questo caso il cuore farà più fatica a far circolare il sangue e a farlo arrivare in tutti i punti del nostro organismo e dovrà esercitare una maggiore pressione che alla lunga può causare un ICTUS precisa il dottore:
“la pressione non controllata è uno degli elementi favorenti dell’insorgere dell’ictus, dobbiamo quindi stare molto attenti. Se poi già siamo stati colpiti da un ictus dobbiamo essere disciplinati nell’assumere le terapie nel modo corretto. Con i nuovi Anti Coagulanti Orali non dobbiamo assolutamente ridurre le dosi. Ridurre le dosi eleva in maniera esponenziale il rischio di recidiva di ictus”.

La S.I.I.A. calcola che circa 15 milioni di italiani soffrono di ipertensione arteriosa, ma solo la metà delle persone ne è consapevole, perché la pressione alta non dà sintomi immediati.

È fondamentale quindi controllare regolarmente la pressione e verificare che sia nella norma. In caso di ipertensione arteriosa il medico individuerà la terapia migliore per curarla e per prevenire esiti peggiori come ICTUS o infarto.

In conclusione il Dottore riporta un dato incoraggiante:
“Un notizia confortante è che dopo 4 anni dal primo episodio di ictus è quasi impossibile che si verifichi una recidiva sempre che si sia stati molto attenti a evitare i fattori modificabili di rischio e a monitorare regolarmente la propria pressione arteriosa perché gli emboli sono spostati soprattutto da sbalzi pressori”.

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GIORNATA MONDIALE CONTRO L’IPERTENSIONE

Il 17 maggio 2024 sarà la Giornata Mondiale contro l’Ipertensione, un momento importante promosso ogni anno dalla World Hypertension League, per comunicare in tutto il mondo l’importanza del controllo della Pressione Arteriosa. Soprattutto in questa giornata, Farmacie, sanitarie, medici, operatori sanitari cooperano in tutto il mondo con l’obiettivo di informare sulla prevenzione all’Ipertensione, la sua individuazione e il suo trattamento.

L’Ipertensione è una condizione caratterizzata da un aumento dei valori pressori costantemente e ripetutamente maggiori di 140/90mmHg. L’Ipertensione è un fattore di rischio ICTUS molto diffusa nella popolazione, non solo anziana. I dati del Ministero della Salute parlano del 31% di italiani ipertesi e del 17% in una condizione “borderline”, ovvero in una condizione a rischio.

Può succedere che non ci si accorga di essere ipertesi per un lungo periodo e spesso l’Ipertensione Arteriosa è rilevata in modo casuale.

Se l’Ipertensione rimane non trattata per anni, si producono danni cardiaci e vascolari, ad esempio ICTUS cerebrale emorragico, insufficienza cardiaca, infarto cardiaco, retinopatia e insufficienza renale. Le conseguenze dell’Ipertensione Arteriosa possono essere prevenute con uno stile di vita corretto.

COME POSSIAMO PREVENIRE IL RISCHIO DI IPERTENSIONE? LINEE GUIDA

  • Misurare la Pressione Arteriosa per riconoscere precocemente un suo aumento è il primo semplice passo per una corretta prevenzione. Controllare la pressione in modo regolare è facile e alla portata di tutti! Basta dotarsi di un misuratore di pressione con un alto grado di precisione, perché l’attendibilità e la precisione dei valori pressori è importante. In commercio esistono svariate tipologie di misuratori ma pochi rispettano rigidi protocolli di precisione e sensibilità e/o sono adatti a pazienti difficili come diabetici, anziani, dializzati, donne in gravidanza e con preeclampsia.
    Anche le farmacie offrono il servizio di misurazione della pressione e possono aiutare nel monitoraggio continuo e regolare. Sapevi che durante la Giornata Mondiale dell’Ipertensione potrai recarti presso la tua farmacia di riferimento e richiedere il monitoraggio gratuito della Pressione Arteriosa e della Fibrillazione Atriale con un misuratore Microlife, validato secondo i protocolli ISO e BIHS?
  • 30 minuti di attività fisica al giorno come camminare, nuotare, andare in bicicletta, possono ridurre da soli la Pressione Arteriosa. L’attività fisica regolare aiuta a rendere le arterie più elastiche, meno esposte all’indurimento e alla formazione di trombi e agisce inoltre positivamente a livello psicologico, sconfiggendo l’ansia e lo stress. Per contrastare il rischio di problemi cardiovascolari acuti è necessario che il programma di attività fisica venga stabilito da un medico e che sia graduale sia per l’intensità che per i tempi di attuazione. Chi soffre di pressione alta dovrebbe praticare esercizi ad elevata componente aerobica come la marcia, il ciclismo, il jogging, ecc ma non attività di potenza.
    Una qualsiasi attività che permetta di fare un po’ di movimento, anche se solo per pochi minuti al giorno come prendere i mezzi pubblici per andare al lavoro scendendo una fermata prima della destinazione, fare le scale e non prendere l’ascensore, utilizzare la bicicletta quando è possibile, curare il giardino o l’orto, è meglio della più completa inattività fisica. Un’attività fisica regolare e di buona intensità è in grado di ridurre i valori pressori fino a 6 – 7 mmHg.
  • Mangiare in modo sano ed equilibrato assumendo grassi (saturi di origine animale: burro, formaggi e carni rosse) in quantità contenuta, ma non eliminandoli completamente dalla dieta. I cibi poveri di grassi comprendono quelli ricchi di amidi e fibre, che contengono generalmente anche vitamine e minerali. Per questo cercare di mantenere l’apporto di proteine, preferibilmente di origine vegetale (legumi come fagioli, lenticchie, ceci, fave, piselli, ecc..) rispetto a quelle di origine animale. Privilegiare il pesce almeno due volte alla settimana ed evitare di utilizzare sale ove possibile o evitare alimenti preconfezionati, in salamoia che hanno un altissimo contenuto di sale. Il sale incide in modo negativo sull’aumento di pressione.
  • La perdita di peso per alcune persone costituisce il mezzo per tenere sotto controllo la pressione ma anche, in alcuni casi, per ridurre il quantitativo di medicinali da assumere. Essere in sovrappeso costringe il cuore a lavorare di più per pompare il sangue in tutto il corpo. È dimostrato che 10 chili di peso in meno portano ad un abbassamento della pressione arteriosa di 5-10mmHg.
    Mantenere un BMI (Indice di Massa Corporea) di 25 o inferiore e un girovita di 102cm per gli uomini e di 88 cm per le donne è raccomandato ai normotesi per prevenire l’insorgenza di Ipertensione e agli ipertesi per ridurla. La perdita di peso è strettamente legata ad una corretta alimentazione, ad una costante attività fisica e in generale ad uno stile di vita sano.
  • Il fumo di una singola sigaretta è in grado di aumentare rapidamente i valori di Pressione Arteriosa e di Frequenza Cardiaca. Il monossido di carbonio, che costituisce dal 2% al 6% del fumo di sigaretta, lega l’emoglobina, riducendo la capacità di trasporto dell’ossigeno nei fumatori. Infatti, dopo ogni sigaretta la Pressione Arteriosa aumenta per 15 minuti. Inoltre, il fumo favorisce l’arteriosclerosi che provoca il restringimento delle arterie aumentando il rischio di avere un infarto o un ICTUS.

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PREVENZIONE ICTUS: IL PROGETTO DIVULGATIVO CON IL DOTTOR GIOVANZANA

Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di morte nel mondo, incidendo pesantemente anche sulla qualità della vita dell’individuo.

Queste patologie hanno un impatto significativo anche sul Sistema Sanitario Nazionale a causa degli enormi costi in termini di cure mediche e riabilitazione.

Le malattie cardiovascolari si confermano prima causa di morte in Italia, responsabili di circa il 40% di tutti i decessi, e negli ultimi anni hanno ripreso a correre dopo una fase di deflessione della loro incidenza.

Questi dati, uniti alle dinamiche demografiche che vedono l’Italia come il secondo Paese più anziano del mondo, impongono l’esigenza di apportare modifiche nel percorso clinico dei pazienti cardiopatici. (fonte: www.zmedia.it)

Una delle sfide principali legate alla gestione delle patologie cardiologiche è che molte di esse potrebbero essere prevenute attraverso modifiche dello stile di vita e controlli regolari.

Tuttavia, la mancanza di consapevolezza e di accesso a informazioni affidabili spesso ostacola gli sforzi in prevenzione, portando a un aumento dei casi di malattie cardiache e ictus.

Per incentivare la presa di consapevolezza del proprio stato di salute e supportare la prevenzione, in collaborazione con il dottor Antonio Giovanzana, è stato realizzato il progetto divulgativo che utilizza il canale @prevenzione_ictus su YouTube per diffondere informazioni fondamentali sulla salute cardiaca e promuovere pratiche preventive efficaci.

Il dottor Giovanzana è un cardiologo, Coordinatore della S.I.I.A.- Società Italiana Ipertensione Arteriosa per la Regione Lazio e responsabile del Centro per l’Ipertensione presso il Policlinico Umberto I a Roma. Relatore e moderatore in congressi nazionali e internazionali, docente in vari corsi di specializzazione, è autore di numerosi articoli scientifici in tema di prevenzione cardiovascolare, fibrillazione atriale e scompenso cardiaco.

Il progetto è composto da una serie di video informativi nei quali il Dottor Giovanzana affronta in modo chiaro le principali tematiche legate alla salute del cuore.

Ogni argomento viene trattato con competenza e rigore scientifico, con un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

I video, oltre a fornire informazioni sulle malattie cardiache e sui fattori di rischio associati, offrono anche consigli pratici su come adottare uno stile di vita più sano e ridurre il rischio di sviluppare tali patologie, dalla corretta alimentazione all’importanza dell’esercizio fisico regolare.

L’Impatto del Progetto

Ciò che rende unico questo progetto è l’approccio pedagogico del Dottor Giovanzana che, oltre a essere un esperto nel suo campo, è anche un comunicatore straordinario, capace di tradurre concetti complessi in informazioni accessibili e coinvolgenti utilizzando una combinazione di spiegazioni chiare, grafici e animazioni per illustrare i concetti fondamentali, favorendo un maggiore coinvolgimento da parte dell’utente con i temi trattati.

Il lavoro sviluppato con il dottor Giovanzana è solo l’inizio.

La sfida del progetto Prevenzione Ictus richiede un impegno continuo e un ampliamento costante della portata dell’iniziativa sviluppando sempre nuovi contenuti educativi per affrontare una vasta gamma di argomenti legati alla salute.

Le collaborazioni instaurate con esperti nel campo medico permettono di offrire una prospettiva sempre più ricca e completa sulla tematica della prevenzione.

Segui il progetto sui nostri canali Facebook, Youtube e sul sito www.prevenzioneictus.it

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COS’È L’ATTACCO ISCHEMICO TRANSITORIO E COSA FARE

L’attacco ischemico transitorio o più semplicemente TIA, è un deficit neurologico, temporaneo e reversibile, che si verifica in seguito a una riduzione del flusso di sangue al cervello causato da un grumo (embolo o coagulo) oppure da un restringimento dei vasi sanguigni dovuto a placche di colesterolo.

Questa condizione determina una sofferenza per il cervello (ischemia), la cui durata varia da pochi minuti a un massimo di 24 ore. Se si protrae oltre le 24 ore si parla di ictus.

Pur non causando danni permanenti un attacco ischemico transitorio non va mai trascurato. Potrebbe trattarsi del primo indizio di una predisposizione all’ictus: un caso di ictus su cinque è preceduto da un episodio di TIA.

Fornire un dato preciso sulla reale incidenza del TIA sulla popolazione è complicato in quanto, essendo transitorio, a volte il paziente non ne dà importanza e il disturbo passa inosservato.

Il valore di incidenza del TIA, seppur vago, conta in Italia circa 60.000 episodi all’anno.

Il TIA colpisce maggiormente:

  • Le persone anziane (il 75% degli individui colpiti ha più di 65 anni);
  • Più uomini che donne, specie prima di raggiungere l’età anziana;
  • Individui di etnia africana, asiatica e caraibica, a causa di una predisposizione a diabete e malattie di cuore.

Cause e Sintomi

Le cause principali del TIA possono essere distinte in fattori di rischio modificabili e non.

Per modificabili si intendono tutte quelle circostanze per le quali esiste un rimedio farmacologico o di tipo comportamentale quali:

  • ipertensione arteriosa
  • cardiopatie
  • diabete
  • colesterolo
  • sovrappeso e obesità
  • fumo e fumo passivo
  • abuso di alcol e abuso di sostanze stupefacenti

Per fattori di rischio non modificabili si intendono le caratteristiche del paziente sulle quali non è possibile intervenire come:

  • familiarità con TIA, infarto e ictus;
  • età superiore ai 55 – 60 anni;
  • il genere (il TIA interessa maggiormente il genere maschile rispetto a quello femminile);
  • l’etnia (le popolazioni africane, asiatiche e caraibiche sono le più interessate).

I sintomi variano a seconda dell’area cerebrale coinvolta e richiedono attenzione immediata. I più comuni sono:

  • debolezza o intorpidimento improvviso in un lato del corpo;
  • difficoltà nel parlare;
  • visione offuscata;
  • vertigini.

Cosa fare in caso di TIA?

Quando si presentano i primi sintomi bisogna chiamare immediatamente il 118 segnalando la probabile presenza di TIA o Ictus.
Una volta in ospedale verranno eseguiti gli esami necessari di accertamento.
È quantomai fondamentale una valutazione medica immediata, infatti, l’identificazione tempestiva dei fattori di rischio è fondamentale per ridurre il rischio di ictus successivi.
Tra le valutazioni necessarie troviamo:

  • Monitoraggio della pressione arteriosa: verrà controllata perché l’ipertensione può determinare TIA.
  • Esami del sangue: per valutare il colesterolo e un eventuale diabete, oltre ad esami più specifici.
  • Elettrocardiogramma ECG: può identificare ritmi cardiaci anomali, come la fibrillazione atriale, che espongono al rischio di TIA.
  • Ecografia carotidea: permette di capire se ci sono restringimenti o blocchi nelle arterie del collo che portano il sangue al cervello.
  • Scansioni cerebrali: Risonanza Magnetica e TAC vengono solitamente eseguite solo se non si riesce a stabilire chiaramente la parte del cervello colpita.

Le valutazioni sono necessarie per effettuare diagnosi puntuali, in modo da risalire all’anomalia vascolare che ha provocato il TIA e impostare la terapia.

Trattamenti post TIA

Lo scopo principale del trattamento indicato dopo un TIA consiste nella prevenzione di un secondo attacco o di un ictus cerebrale.
È fondamentale modificare il proprio stile di vita, adottandone uno più salutare e seguire diligentemente le disposizioni impartite dal medico come:

  • abolizione del fumo e del consumo di alcol;
  • adozione di una dieta leggera ed equilibrata, con pochi grassi privilegiando quelli vegetali e ricca di frutta e verdura;
  • una regolare pratica di attività fisica;
  • una terapia farmacologica definita dal medico in base alla causa scatenante e allo stato del paziente.

È sempre opportuno consultare il proprio medico per una valutazione e una terapia adeguata in base alle proprie esigenze e necessità.

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La prevenzione per vivere a cuor leggero

In ogni fase della vita è importante fare prevenzione per non incorrere in brutte sorprese. Nessuno, infatti, vorrebbe mai sentir parlare di problemi cardiovascolari improvvisi, tanto meno quando si è giovani.

I fattori di rischio per il cuore si possono classificare in fattori genetici non modificabili (genere o familiarità) e fattori modificabili come l’inquinamento ambientale, l’ipertensione, il diabete, il fumo, alcol e l’obesità.
Le buone abitudini come avere una sana alimentazione, non fumare e fare attività fisica sono un ottimo presupposto per vivere in salute. È bene però sapere che effettuare controlli regolari non solo dopo gli ‘’anta’’, è fondamentale per ridurre potenziali rischi.

Ci sono dei controlli per proteggere e mantenere in salute il cuore che possono essere fatti già dai 30 anni come monitorare i valori della pressione arteriosa e effettuare regolarmente le analisi del sangue.

Infatti, soprattutto nel genere maschile (più esposto alle malattie cardiovascolari) è consigliato effettuare degli esami approfonditi per monitorare quei valori che col passare del tempo possono rappresentare un fattore di rischio.

Questo tipo di rischio sembra risparmiare le donne nell’età fertile grazie all’azione protettiva degli ormoni.

Nel corso del tempo si è scoperto che le donne presentano malattie cardiovascolari con un ritardo di almeno 10 anni rispetto agli uomini in quanto, il sistema cardiovascolare delle donne durante l’età fertile è protetto dagli estrogeni che fungono da scudo e regolano in senso favorevole l’assetto metabolico.

Dai 50 ai 55 anni però questa ‘’protezione’’ si annulla e le possibilità diventano pari a quelli degli uomini con la conseguente necessità di fare prevenzione. La menopausa rappresenta una fase di profondo cambiamento perché, con la caduta dei livelli di estrogeni, il metabolismo si modifica, favorendo un aumento della pressione arteriosa e del peso corporeo.

I controlli possono essere effettuati dal medico di famiglia o in farmacia.

A cosa fare attenzione?

Ci sono dei valori che necessitano di essere maggiormente monitorati perché indicatori di potenziali nemici della salute del cuore come il colesterolo, HDL e LDL(quello cattivo), trigliceridi e glicemia.

È utile effettuare anche una diagnosi del diabete, ad esempio attraverso l’emoglobina glicata, da eseguire con maggiore frequenza dai quarant’anni in poi.

Sulla soglia dei cinquant’anni invece, anche in assenza di sintomi, è bene effettuare un elettrocardiogramma e sottoporsi a una visita cardiologica in quanto aiutano a individuare potenziali disturbi delle valvole cardiache e, qualora necessario, permettono di effettuare ulteriori accertamenti.

Altro elemento da considerare è la familiarità con potenziali disturbi o malattie, se riscontrati in genitori o fratelli.

Come proteggere il cuore

Ci sono dei segnali che possono presentarsi sottoforma di malesseri passeggeri (ad esempio nausea e formicolii), a volte difficili da decifrare e a cui spesso non si dà importanza ma che devono metterci in guardia, e in cui è prioritario rivolgersi al medico.

Al giorno d’oggi la medicina ha raggiunto dei traguardi incredibili permettendo di prevenire e riconoscere potenziali segnali che potrebbero generare disturbi o evolversi in patologie:

  • effettuando l’elettrocardiogramma e l’analisi del sangue è possibile riconoscere immediatamente la presenza dell’aterosclerosi che consiste nell’irrigidimento e infiammazione delle arterie a causa di placche nelle pareti;
  • la TAC per misurare il calcio nelle coronarie o l’ecodoppler delle carotidi è un esame molto affidabile per stabilire il rischio cardiovascolare e utile per indirizzare un paziente verso una terapia farmacologica specifica.

Questi sono solo alcuni esempi di come è possibile monitorare e intervenire tempestivamente per prevenire o curare potenziali patologie nascoste, prima che si palesino irreversibilmente.
Studi medici tra cui quelli effettuati dalla S.I.P.R.E.C. (Società Italiana Per la Prevenzione Cardiovascolare) dimostrano che quasi la metà dei casi accertati potrebbero essere evitati grazie a controlli mirati dei parametri più importanti come la pressione arteriosa e la glicemia, soprattutto nei soggetti a rischio. Leggi lo studio
La prevenzione assume dunque un ruolo fondamentale permettendo di individuare il problema e adottare la giusta terapia.
Sottoporsi regolarmente a controlli consente di evitare di ricorrere a soluzioni drastiche e, se effettuati a partire dai 30 anni, permettono di adottare le corrette abitudini contribuendo a migliorare la qualità della vita dell’individuo.

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L’elettroporazione per trattare la fibrillazione atriale

La fibrillazione atriale è uno dei disturbi più frequenti del ritmo cardiaco, responsabile del 20% degli ictus ischemici, esponendo chi ne è affetto a un rischio ictus da 3 a 5 volte superiore rispetto alle persone con ritmo cardiaco regolare.
Generalmente, in presenza di fibrillazione atriale, i primi trattamenti per controllarla sono di tipo farmacologico e, qualora la terapia antiaritmica si dimostri inefficace, è necessario ricorrere all’ablazione cardiaca.

Questa tecnica viene eseguita per via transcatetere, introducendo un tubo sottile e flessibile nei vasi sanguigni, finalizzata a rendere “inoffensivo” il tessuto che causa il battito anomalo.

Le procedure di ablazione cardiaca fino ad oggi utilizzate sono di tipo termico e generano una lesione attraverso il riscaldamento o il raffreddamento del muscolo cardiaco.

Con questa soluzione però si va ad agire indiscriminatamente su tutti i tipi di tessuto, anche quello che non necessita di trattamento e, nonostante l’evoluzione e i notevoli miglioramenti delle tecniche nel tempo, può provocare danni collaterali ai tessuti vicini alla zona bersaglio.

Per risolvere questa problematica è stato brevettato e applicato un nuovo sistema di ablazione definito a “campo pulsato” o “elettroporazione”.

È basato appunto su campi elettrici pulsati che agiscono esclusivamente sulle cellule bersaglio (cardiomiociti) non causando effetti termici sui tessuti vicini.

Da cosa è data la sua efficacia?

A differenza dell’ablazione tradizionale, l’elettroporazione prevede l’applicazione di un’energia fino a 1500-2000 volt ma per un periodo di tempo brevissimo, si tratta di microsecondi.

La durata dell’applicazione di energia è così ridotta che il tessuto circostante la zona bersaglio non ha il tempo di scaldarsi e di essere danneggiato.

I risultati sono paragonabili a quelli ottenuti mediante ablazione termica in termini di efficacia ma con meno complicanze e tempi procedurali ridotti, costituendo una vera e propria rivoluzione.

L’esecuzione dell’elettroporazione, infatti, avviene in circa 30-40 minuti e i pazienti vengono dimessi in 48 ore.
Leggi la notizia completa, clicca qui.

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Ictus: quanto è prezioso il tempismo?

L’ictus o stroke è un disturbo neurologico che si verifica quando avviene la rottura (emorragia cerebrale) o l’ostruzione (ischemia) di un’arteria che impedisce l’afflusso del sangue al cervello.
In entrambi i casi si presentano sintomi improvvisi.

Appena si ha un sospetto di ictus, occorre evitare il ‘’fai da te’’ e chiamare subito i soccorsi per un rapido trasporto in ospedale.

La tempestività fa la differenza perché si tratta di una patologia tempo-dipendente: prima si interviene, più cellule si possono salvare, consentendo una migliore ripresa.

F.A.S.T. è l’acronimo appositamente pensato per riconoscere immediatamente i quattro principali sintomi di ‘ictus in corso’ che possono aiutare a guadagnare tempo:

  • F. = Face. Si avverte un intorpidimento improvviso o debolezza del viso e solitamente provoca una smorfia anomala.
  • A. = Arms. Difficoltà o totale impossibilità nel muovere braccia e gambe
  • S.= Speak. Difficoltà nel parlare o nel comprendere il linguaggio.
  • T.=Time. Non esitare, chiama immediatamente i soccorsi.

Il tempo viene classificato in:

  • Tempo di reazione: ridottissimo perché i sintomi compaiono all’improvviso e senza dolore. Riconoscere i segni di un ictus e chiamare immediatamente il numero di emergenza è fondamentale per l’inizio di un trattamento efficace; il ritardo può compromettere irreversibilmente la salute del paziente.
  • Tempo di soccorso: più è breve più aumentano le possibilità di uscirne indenni e senza potenziali danni permanenti. Gli esperti sottolineano l’importanza di intervenire entro la cosiddetta “finestra terapeutica” generalmente è di poche ore dall’insorgenza dei sintomi, nella quale le terapie possono ancora essere efficaci per limitare i danni cerebrali.

L’importanza della prevenzione

In Italia si contano 180mila casi di ictus all’anno, costituendo la prima causa di disabilità negli adulti.
I fattori di rischio per l’ictus si dividono in fattori genetici non modificabili (genere o familiarità) e fattori modificabili come l’inquinamento ambientale, l’ipertensione, il diabete, il fumo, alcol e l’obesità.

Studi medici dimostrano che quasi la metà dei casi accertati potrebbero essere evitati grazie a uno stile di vita più salutare e a controlli mirati dei parametri più importanti come la pressione arteriosa, la fibrillazione atriale e la glicemia, soprattutto nei soggetti a rischio.

La prevenzione assume dunque un ruolo fondamentale.

Sono stati individuati alcuni importanti comportamenti che possono essere adottati nella vita di tutti i giorni per ridurre un potenziale rischio di ICTUS:

  • Smettere di fumare riduce con effetto quasi immediati il rischio di incorrere in un ICTUS. Infatti dopo soli 5 anni da quando si è smesso di fumare, il rischio si riduce al pari di quello di un non fumatore.
  • Seguire una dieta equilibrata ha un grandissimo impatto sulla salute e sul benessere, contribuendo a tenere sotto controllo patologie come diabete, colesterolo alto, ipertensione e sovrappeso.
  • Fare attività fisica regolarmente consente di controllare il peso, abbassare la pressione, ridurre il colesterolo cattivo a favore di quello buono, diminuire i grassi nel sangue e rafforzare i vasi sanguigni

Un ulteriore supporto è dato dalla medicina preventiva che, attraverso test genetici e screening accessibili anche in farmacia, aiuta a determinare il profilo di rischio di ogni persona e a personalizzare la strategia terapeutica. Per far sì che possa essere efficace è necessario:

  • Effettuare con regolarità controlli medici dedicati alla prevenzione cardiovascolare, soprattutto pressione arteriosa, glicemia, colesterolo
  • Seguire scrupolosamente le raccomandazioni del proprio medico soprattutto se si è affetti da fibrillazione atriale

Conclusioni

In conclusione, la tempestività dell’intervento è fondamentale nel trattamento dell’ictus. Reagire tempestivamente riconoscendo i sintomi può fare la differenza per limitare i potenziali danni invalidanti che ne conseguono.

Anche la prevenzione gioca un ruolo determinante ed è necessario, soprattutto per i soggetti a rischio, adottare abitudini che permettano di condurre uno stile di vita sano e consapevole che, affiancato dalla medicina predittiva, contribuisce notevolmente a ridurre i rischi di ictus.

Stefano Montemurro Nessun commento

Aritmie: differenza tra tachicardia e bradicardia

Il cuore è un muscolo che batte in media circa 60-100 volte al minuto e pompa il sangue grazie a degli impulsi elettrici.

In caso di alterazioni del normale ritmo di contrazione (battiti cardiaci al minuto e propagazione dell’impulso) può verificarsi un’anomalia chiamata aritmia.

I sintomi sono legati alla variazione della velocità del battito cardiaco e possono manifestarsi con la sensazione di avere il cuore in gola, uno sfarfallio a livello del torace, il rallentamento del battito, un intenso senso di stanchezza, dispnea e sudorazione.

Le aritmie vengono diagnosticate prevalentemente nelle persone anziane, possono però colpire chiunque a qualsiasi età.

Non sono tutte pericolose, spesso infatti sono innocue e passeggere, legate al contesto o alle attività che si stanno svolgendo: è normale avere un battito rallentato mentre si dorme o sì è a riposo e un battito accelerato durante l’attività fisica.
Se questi episodi di variazione di velocità però si verificano con una certa frequenza, possono influire sulla capacità del cuore di pompare sangue e ossigeno negli altri organi, causando danni anche potenzialmente gravi o fatali.

Tipologie e diagnosi

Le aritmie vengono suddivise in base alla regolarità, alla frequenza cardiaca e alla parte del cuore interessata (atri o ventricoli), in:

  • tachicardia: frequenza cardiaca accelerata che supera i 100 battiti al minuto;
  • bradicardia: frequenza cardiaca rallentata inferiore ai 60 battiti al minuto;
  • fibrillazione atriale: frequenza cardiaca irregolare e più veloce del normale;
  • fibrillazione ventricolare: ritmo rapido e disorganizzato dei battiti cardiaci.

A causa della forma asintomatica di alcune aritmie per poter effettuare una diagnosi puntale su tipologia, gravità e fattori scatenanti è necessario conoscere la storia clinica del paziente e qualsiasi sintomo di disturbo cardiaco in modo da sottoporlo a esami approfonditi quali:

  • L’elettrocardiogramma (ECG o EKG) è uno strumento fondamentale per poter effettuare la diagnosi delle aritmie. Effettua una registrazione delle onde elettriche generate dal cuore, consentendo di valutare il ritmo cardiaco e l’eventuale presenza di aritmie.
  • L’Holter è una soluzione affidabile per rilevare aritmie occasionali, in quanto un ECG a breve termine potrebbe non rilevarle. L’holter registra l’attività elettrica cardiaca del paziente per 24/48 ore consentendo di catturare aritmie meno frequenti.
  • L’Event Recorder è necessario per effettuare un monitoraggio per un periodo di tempo prolungato rispetto alle 48h garantite dall’Holter. È un dispositivo registratore portatile che il paziente attiva quando avverte dei sintomi, aiutandolo così a raccogliere episodi di aritmia.
  • Infine l’ecocardiogramma (Eco), un’ecografia del cuore in grado di fornire immagini dettagliate e di rilevare anomalie strutturali o funzionali che possono causare aritmie.

Cosa si intende per aritmia tachicardica e bradicardica?

La tachicardia

La tachicardia o aritmia tachicardica è un disturbo abbastanza comune, non sempre patologico, che si verifica quando viene rilevato un battito cardiaco accelerato superiore ai 100btm.

Il battito veloce mette sotto-sforzo il cuore che, come tutti i muscoli durante l’attività, necessità di una quantità di sangue, ossigeno e nutrienti maggiore.

Per questo motivo la tachicardia può causare sintomi come palpitazioni, mancanza di respiro, vertigini, stanchezza e svenimento o, come in alcuni casi, essere completamente asintomatica e venire diagnosticata durante esami di routine.

Rientrano nella definizione di tachicardia:

  • Fibrillazione atriale: caratterizzata da un ritmo cardiaco irregolare e spesso molto rapido, può portare alla formazione di coaguli di sangue nel cuore, aumentando il rischio di ictus, insufficienza cardiaca e altre complicanze cardiache;
  • Flutter atriale: simile alla fibrillazione atriale, è caratterizzato però da battiti cardiaci meno irregolari. Anche questo può aumentare il rischio di ictus;
  • Tachicardia sopra ventricolare: iniziano sopra i ventricoli provocando episodi di battito cardiaco accelerato;
  • Fibrillazione ventricolare: le camere cardiache inferiori si contraggono in modo molto rapido e disordinato e di conseguenza, il cuore non pompa sangue al resto del corpo.
  • Tachicardia ventricolare: inizia con segnali elettrici difettosi nei ventricoli che non riescono a riempirsi adeguatamente di sangue e di conseguenza il cuore non può pompare abbastanza sangue nel corpo.

Le cure per la tachicardia variano a seconda del paziente e della gravità delle condizioni. Alcune forme non richiedono trattamenti, in altre è sufficiente eseguire delle manipolazioni per abbassare la frequenza cardiaca oppure può essere necessario intervenire farmacologicamente tramite betabloccanti e calcio antagonisti o sottoporsi ad interventi di ablazione cardiaca.

Ovviamente è fondamentale seguire una terapia ad hoc prevista dal cardiologo.

Bradicardia

A differenza della tachicardia, con il termine bradicardia o aritmia bradicardica si indica una condizione caratterizzata da una frequenza cardiaca inferiore a 60 battiti al minuto.

Si tratta di una frequenza normale in condizioni di riposo che può invece essere pericolosa se registrata quando si è in attività, in quanto il cuore non riuscirebbe a pompare sangue a sufficienza, rischiando di provocare una sincope.

La causa scatenante della bradicardia è da individuare in un malfunzionamento dell’invio degli impulsi elettrici al cuore.

In condizioni normali gli episodi di bradicardia non presentano alcun sintomo e nella maggior parte dei casi non vengono notati. Le terapie prescritte riguardano prevalentemente correzioni allo stile di vita del soggetto come seguire un’alimentazione varia e bilanciata con scarso consumo di grassi saturi e colesterolo, povera di sale e di zuccheri ma ricca di frutta, verdura, cereali, legumi e pesce.

Se invece gli episodi diventano persistenti è possibile avvertire sintomi come affaticamento, vertigini, confusione, svenimento o dolore al petto e potrebbero dare luogo a insufficienza o arresto cardiaco e addirittura portare a morte improvvisa.
In queste situazioni, per prevenire l’ulteriore peggioramento della sintomatologia, il medico può raccomandare l’uso di farmaci o nei casi più gravi procedere con l’impianto di un pacemaker.

Conclusioni

Le aritmie sono un’alterazione del normale ritmo di contrazione del cuore e rappresentano il disturbo cardiaco più diffuso.

Non tutte sono pericolose, spesso sono innocue e passeggere, legate al contesto o alle attività che si stanno svolgendo.

La cura delle aritmie cardiache varia a seconda della loro natura e origine, può comprendere il semplice adeguamento dello stile di vita del paziente fino alla necessità di impiantare un pacemaker.

È sempre necessario consultare il medico per effettuare una corretta diagnosi e individuare il trattamento più adeguato.

Stefano Montemurro Nessun commento

Fibrillazione Atriale: domande frequenti e risposte corrette

  • È possibile fare prevenzione dell’Ictus?

Si. Infatti, due ictus su tre potrebbero essere evitati adottando uno stile di vita adeguato e monitorando alcuni importanti fattori di rischio come la pressione arteriosa, la fibrillazione atriale, il diabete o l’ipercolesterolemia.
I soggetti potenzialmente a rischio elevato possono prevenire l’ictus grazie a trattamenti specifici.

  • La Fibrillazione Atriale è una patologia grave?

Non è una patologia grave ma è importantissima la prevenzione e il monitoraggio costante.
Infatti, gli individui affetti da Fibrillazione Atriale hanno una percentuale di rischio ictus da tre a cinque volte superiore rispetto a pazienti che non ne soffrono.

  • È vero che la Fibrillazione Atriale riguarda poche persone?

Falso. Gli individui che hanno superato i 40 anni di età hanno un rischio di Fibrillazione Atriale del 25% ovvero di 1 persona su 4.
In Italia sono oltre 1.000.000 le persone alle quali è stata diagnosticata la Fibrillazione Atriale.
Considerando anche i casi non diagnosticati questo numero sarebbe probabilmente raddoppiato!

  • Chi ha la Fibrillazione Atriale potrebbe non saperlo?

Si. I sintomi più comuni della Fibrillazione Atriale sono le palpitazioni, la difficoltà nel respirare sotto sforzo (dispnea), il facile affaticamento (astenia), i forti giramenti di testa, lo svenimento (sincope) o una sensazione di costrizione retrosternale (angina pectoris).
Oltre il 90% degli episodi di Fibrillazione Atriale sono però asintomatici e molte persone affette non presentano sintomi specialmente quando la frequenza cardiaca non è eccessivamente alta.

  • La Fibrillazione Atriale asintomatica è pericolosa?

Si. La Fibrillazione Atriale asintomatica è particolarmente pericolosa perché chi ne soffre non viene è inconsapevole e, senza cure né monitoraggio, aumentando notevolmente il rischio di ictus.

  • Una persona con Fibrillazione Atriale Asintomatica potrebbe avere un ictus?

Purtroppo si. Oltre il 10% degli ictus è causato da Fibrillazione Atriale asintomatica, più della metà di quelli provocati da fibrillazione rilevata. In questi casi la presenza di fibrillazione viene scoperta solo dopo l’ictus.

  • I pazienti a rischio Fibrillazione Atriale sono gli stessi che si misurano la pressione?

Sì e no. Chiunque può essere affetto da fibrillazione atriale, anche in maniera asintomatica e quindi inconsapevole. Per questo motivo lo screening della fibrillazione dovrebbe essere raccomandato a tutti. Gli individui a cui è raccomandata l’auto-misurazione domiciliare della pressione arteriosa sono solitamente soggetti già a rischio.
Le caratteristiche associate ad un elevato rischio di fibrillazione sono:

  • Età superiore ai 65 anni
  • Ipertensione
  • Obesità
  • Diabete
  • Problemi cardiaci
  • Disfunzione tiroidea
  • Apnee notturne
  • Broncopatie croniche ostruttive
  • Insufficienza renale
  • Abuso di bevande alcoliche e droghe