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GIORNATA MONDIALE CONTRO L’IPERTENSIONE

Il 17 maggio 2023 sarà la Giornata Mondiale contro l’Ipertensione, un momento importante promosso ogni anno dalla World Hypertension League, per comunicare in tutto il mondo l’importanza del controllo della Pressione Arteriosa. Soprattutto in questa giornata, Farmacie, sanitarie, medici, operatori sanitari cooperano in tutto il mondo con l’obiettivo di informare sulla prevenzione all’Ipertensione, la sua individuazione e il suo trattamento.

L’Ipertensione è una condizione caratterizzata da un aumento dei valori pressori costantemente e ripetutamente maggiori di 140/90mmHg. L’Ipertensione è un fattore di rischio ICTUS molto diffusa nella popolazione, non solo anziana. I dati del Ministero della Salute parlano del 31% di italiani ipertesi e del 17% in una condizione “borderline”, ovvero in una condizione a rischio.

Può succedere che non ci si accorga di essere ipertesi per un lungo periodo e spesso l’Ipertensione Arteriosa è rilevata in modo casuale.

Se l’Ipertensione rimane non trattata per anni, si producono danni cardiaci e vascolari, ad esempio ICTUS cerebrale emorragico, insufficienza cardiaca, infarto cardiaco, retinopatia e insufficienza renale. Le conseguenze dell’Ipertensione Arteriosa possono essere prevenute con uno stile di vita corretto.

COME POSSIAMO PREVENIRE IL RISCHIO DI IPERTENSIONE? LINEE GUIDA

  1. Misurare la Pressione Arteriosa per riconoscere precocemente un suo aumento è il primo semplice passo per una corretta prevenzione. Controllare la pressione in modo regolare è facile e alla portata di tutti! Basta dotarsi di un misuratore di pressione con un alto grado di precisione, perché l’attendibilità e la precisione dei valori pressori è importante. In commercio esistono svariate tipologie di misuratori ma pochi rispettano rigidi protocolli di precisione e sensibilità e/o sono adatti a pazienti difficili come diabetici, anziani, dializzati, donne in gravidanza e con preeclampsia.
    Anche le farmacie offrono il servizio di misurazione della pressione e possono aiutare nel monitoraggio continuo e regolare. Sapevi che durante la Giornata Mondiale dell’Ipertensione potrai recarti presso la tua farmacia di riferimento e richiedere il monitoraggio gratuito della Pressione Arteriosa e della Fibrillazione Atriale con un misuratore Microlife, validato secondo i protocolli ISO e BIHS?
  2. 30 minuti di attività fisica al giorno come camminare, nuotare, andare in bicicletta, possono ridurre da soli la Pressione Arteriosa. L’attività fisica regolare aiuta a rendere le arterie più elastiche, meno esposte all’indurimento e alla formazione di trombi e agisce inoltre positivamente a livello psicologico, sconfiggendo l’ansia e lo stress. Per contrastare il rischio di problemi cardiovascolari acuti è necessario che il programma di attività fisica venga stabilito da un medico e che sia graduale sia per l’intensità che per i tempi di attuazione. Chi soffre di pressione alta dovrebbe praticare esercizi ad elevata componente aerobica come la marcia, il ciclismo, il jogging, ecc ma non attività di potenza.
    Una qualsiasi attività che permetta di fare un po’ di movimento, anche se solo per pochi minuti al giorno come prendere i mezzi pubblici per andare al lavoro scendendo una fermata prima della destinazione, fare le scale e non prendere l’ascensore, utilizzare la bicicletta quando è possibile, curare il giardino o l’orto, è meglio della più completa inattività fisica. Un’attività fisica regolare e di buona intensità è in grado di ridurre i valori pressori fino a 6 – 7 mmHg.
  • Mangiare in modo sano ed equilibrato assumendo grassi (saturi di origine animale: burro, formaggi e carni rosse) in quantità contenuta, ma non eliminandoli completamente dalla dieta. I cibi poveri di grassi comprendono quelli ricchi di amidi e fibre, che contengono generalmente anche vitamine e minerali. Per questo cercare di mantenere l’apporto di proteine, preferibilmente di origine vegetale (legumi come fagioli, lenticchie, ceci, fave, piselli, ecc..) rispetto a quelle di origine animale. Privilegiare il pesce almeno due volte alla settimana ed evitare di utilizzare sale ove possibile o evitare alimenti preconfezionati, in salamoia che hanno un altissimo contenuto di sale. Il sale incide in modo negativo sull’aumento di pressione.
  • La perdita di peso per alcune persone costituisce il mezzo per tenere sotto controllo la pressione ma anche, in alcuni casi, per ridurre il quantitativo di medicinali da assumere. Essere in sovrappeso costringe il cuore a lavorare di più per pompare il sangue in tutto il corpo. È dimostrato che 10 chili di peso in meno portano ad un abbassamento della pressione arteriosa di 5-10mmHg.
    Mantenere un BMI (Indice di Massa Corporea) di 25 o inferiore e un girovita di 102cm per gli uomini e di 88 cm per le donne è raccomandato ai normotesi per prevenire l’insorgenza di Ipertensione e agli ipertesi per ridurla. La perdita di peso è strettamente legata ad una corretta alimentazione, ad una costante attività fisica e in generale ad uno stile di vita sano.

  • Il fumo di una singola sigaretta è in grado di aumentare rapidamente i valori di Pressione Arteriosa e di Frequenza Cardiaca. Il monossido di carbonio, che costituisce dal 2% al 6% del fumo di sigaretta, lega l’emoglobina, riducendo la capacità di trasporto dell’ossigeno nei fumatori. Infatti, dopo ogni sigaretta la Pressione Arteriosa aumenta per 15 minuti. Inoltre, il fumo favorisce l’arteriosclerosi che provoca il restringimento delle arterie aumentando il rischio di avere un infarto o un ICTUS.

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COS’È LA RIGIDITÀ ARTERIOSA?

Le grandi arterie elastiche, e in particolare l’aorta, rivestono due fondamentali funzioni fisiologiche: da un lato permettono di condurre il sangue dal cuore alle arterie periferiche, dall’altro agiscono da “cuscinetto” trasformando il flusso pulsatile (generato dall’azione cardiaca) in continuo.

Si parla di rigidità arteriosa quando si fa riferimento alla perdita di elasticità delle pareti arteriose, influendo sulla capacità di espandersi e contrarsi in risposta alle variazioni della pressione sanguigna durante il battito cardiaco.

Quando le arterie diventano rigide, il flusso sanguigno può diventare meno efficiente e il cuore può dover lavorare di più per pompare il sangue attraverso il sistema circolatorio. Può essere causata da diversi fattori, tra cui l’invecchiamento, l’ipertensione, il diabete, il fumo e lo stile di vita sedentario.

La rigidità arteriosa può essere un fattore di rischio per molte malattie, tra cui l’ipertensione, l’insufficienza cardiaca e l’aterosclerosi.

Quali sono i sintomi della rigidità arteriosa?

Spesso non presenta sintomi evidenti soprattutto nelle fasi iniziali. Nel tempo può però contribuire al rischio di sviluppare condizioni particolari (come l’ipertensione e l’aterosclerosi) che possono causare sintomi come:

  • mal di testa, vertigini, visione offuscata, sensazione di pulsazioni nelle orecchie o nel collo, stanchezza e difficoltà respiratorie nel caso dell’ipertensione;
  • dolore al petto, difficoltà respiratorie, affaticamento e debolezza come nel caso dell’aterosclerosi;
  • affaticamento, difficoltà respiratoria, edema alle gambe e ai piedi, e palpitazioni come nel caso dell’insufficienza cardiaca.

La rigidità arteriosa spesso viene diagnosticata durante una visita medica di routine, mediante la misurazione della pressione sanguigna o tramite una serie di test e valutazioni mediche.

Punto di partenza della valutazione medica è la conoscenza della storia clinica del paziente.

I test diagnostici comunemente utilizzati per valutare la rigidità arteriosa includono:

  • La misurazione della pressione sanguigna: viene misurata utilizzando un bracciale di misurazione collegato a un manometro e un fonendoscopio. Se i valori della pressione sanguigna risultano elevati, possono essere un segno di presenza di rigidità arteriosa;
  • Test di laboratorio: il medico può richiedere esami del sangue per valutare i livelli di colesterolo, trigliceridi e zucchero nel sangue. Questi test possono aiutare a identificare anche fattori di rischio per malattie cardiovascolari;
  • Eco-doppler: l’ecografia doppler crea immagini delle arterie e del flusso sanguigno grazie agli ultrasuoni;
  • Tomografia computerizzata (TC) o risonanza magnetica (RM): la TC o la RM possono essere utilizzate per valutare le arterie e il flusso sanguigno che le attraversa;
  • Angiografia: tramite l’utilizzo di un liquido di contrasto e i raggi X permette di visualizzare le arterie aiutando a identificare blocchi o restrizioni del flusso sanguigno.

Si può curare la rigidità arteriosa?

La rigidità arteriosa è un processo che fa parte dell’invecchiamento naturale delle arterie, può però anche essere causata da diverse malattie e fattori di rischio, come l’ipertensione, il diabete, il fumo e uno stile di vita sedentario.

Sebbene non sia possibile curarla completamente, ci sono diversi accorgimenti che possono essere adottati per prevenire o ritardare il verificarsi della rigidità arteriosa e le malattie cardiovascolari ad essa associate come:

  • Mantenere un peso corporeo ottimale, adottare una dieta alimentare equilibrata e svolgere regolarmente attività fisica;
  • Ridurre il consumo di alcol e smettere di fumare;
  • Monitorare con regolarità la pressione sanguigna;
  • Controllare e mantenere i livelli di colesterolo sotto controllo, in particolare il colesterolo LDL (“cattivo”);
  • Monitorare i valori del diabete mantenendo il livello di zucchero nel sangue sempre sotto controllo;
  • Ridurre lo stress e la tensione tramite la pratica di meditazione, lo yoga, l’attività fisica e altre attività di svago;
  • Sottoporsi regolarmente a controlli medici può aiutare a identificare preventivamente eventuali problemi di salute, compresa la rigidità arteriosa, in fase precoce e trattarli in modo tempestivo.

Questi piccoli accorgimenti possono aiutare a prevenire il verificarsi della rigidità arteriosa e a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

Quale fascia di età è principalmente affetta da rigidità arteriosa?

Come detto precedentemente, la rigidità arteriosa è un processo naturale dell’invecchiamento e può verificarsi in tutti gli individui.

È più comune negli individui di età superiore ai 50 anni, però può anche verificarsi in persone più giovani a causa di fattori di rischio come l’ipertensione, il diabete, il fumo, l’obesità e la mancanza di attività fisica.

Pertanto, è fondamentale adottare uno stile di vita sano fin dalla giovane età per prevenire la rigidità arteriosa e le eventuali malattie cardiovascolari correlate.

Ogni quanto tempo bisogna effettuare un test per verificare la rigidità arteriosa?

La frequenza dei test per verificare la rigidità arteriosa dipende dallo stato di salute generale dell’individuo e dalla presenza di fattori di rischio cardiovascolare.

Gli individui con fattori di rischio elevati per la rigidità arteriosa o le malattie cardiovascolari dovrebbero sottoporsi a controlli regolari.

Le linee guida dell’American Heart Association raccomandano di effettuare una valutazione della salute cardiovascolare ogni 4-6 anni a partire dall’età di 20 anni per gli adulti senza fattori di rischio cardiovascolare significativi.

Devono essere effettuati con maggiore frequenza per gli adulti con fattori di rischio elevati per la rigidità arteriosa e le malattie cardiovascolari.

Il medico o il cardiologo che segue il paziente può consigliare un programma di monitoraggio individuale basato sulla valutazione del rischio e sulla storia medica personale.

In conclusione, la rigidità arteriosa è una condizione comune che può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari. La diagnosi precoce e il trattamento tempestivo possono aiutare a prevenire eventuali complicazioni e a migliorare la qualità della vita dei pazienti.

È sempre fondamentale consultare il proprio medico per una valutazione e un trattamento adeguato alle proprie esigenze e necessità.

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L’ABLAZIONE CARDIACA

L’ablazione cardiaca o ablazione transcatetere è un intervento chirurgico per il trattamento delle aritmie cardiache.

È necessaria quando i sintomi sono invalidanti e la terapia farmacologica non è sufficiente, come per la tachicardia sopraventricolare, la tachicardia ventricolare e la fibrillazione atriale.
È un intervento considerato moderatamente invasivo, da effettuare in regime di ricovero, in quanto si esegue con cateteri che percorrono le vene o arterie femorali per raggiungere il cuore, analizzare i segnali elettrici e capire dove nasce l’aritmia, eliminando il potenziale circuito elettrico alterato.

È considerata un’ottima soluzione nei casi di tachicardia quando i farmaci sono validi solo per ridurre il numero degli episodi ma non curano l’aritmia come:

  • Tachicardia da rientro nel nodo atrioventricolare;
  • Tachicardia da via accessoria, sindrome di Wolff-Parkinson-White;
  • Tachicardia incessante con riduzione della contrattilità cardiaca.

Oppure quando i farmaci antiaritmici risultano inefficaci o provocano effetti collaterali come nei casi in cui:

  • si presenta il rischio di arresto cardiaco, ad esempio nella tachicardia ventricolare;
  • le crisi di fibrillazione atriale non sono tenute sotto controllo dalla terapia farmacologica;
  • le aritmie sono associate a scompenso cardiaco.

Intervento di ablazione

L’intervento di ablazione cardiaca può essere suddiviso in due fasi:

La prima, detta studio elettrofisiologico, consiste nell’analisi del ritmo e delle proprietà elettriche del cuore, concentrandosi nelle aree di interesse correlate all’aritmia.

La seconda invece, consiste nell’identificazione della zona che causa l’anomalia e successivamente si procede con l’ablazione, rendendo inattiva l’area creando una cicatrice attraverso il passaggio di calore nel catetere.

Per effettuare questa delicata operazione viene utilizzato un particolare catetere che, tramite un ago-cannula viene introdotto nella vena femorale o in quella giugulare, arriva al cuore e, una volta raggiunto, viene messo in azione osservando gli effetti.

Il catetere utilizzato porta con sé un liquido di contrasto e presenta su un’estremità degli elettrodi e una fonte energetica (ablatore).

L’ablatore è lo strumento con il quale si distrugge il tessuto che genera anomalia, eliminando la causa del problema cardiaco e può essere a radiofrequenza (ablazione cardiaca a radiofrequenza), laser (ablazione cardiaca con laser) oppure a bassa temperatura (crioablazione cardiaca).

Concluso l’intervento, al paziente vengono monitorati il battito cardiaco e la pressione sanguigna in modo da intervenire tempestivamente qualora dovessero sorgere delle complicazioni post-operatorie.
Salvo complicazioni, il ritorno alle attività di tutti i giorni, come per esempio il lavoro, avviene nel giro di pochi giorni.

Risultati

In generale l’ablazione cardiaca ha un discreto successo. In alcuni casi è però necessario ripetere la procedura o adottare terapie farmacologiche di mantenimento per far rimanere il ritmo cardiaco entro i limiti della normalità.

La buona riuscita di questa pratica si attesta sul 50% dei casi di guarigione totale dopo il primo intervento, sul 70% dopo due procedure e sull’85% dopo tre.

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LA FIGURA DELL’ELETTROFISIOLOGO E LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

 

Di cosa si occupa il cardiologo elettrofisiologo?

Il cardiologo elettrofisiologo è il medico che si occupa di studiare le disfunzioni elettriche che riguardano il cuore e di interviene sulle aritmie tramite:

  • studio elettrofisiologico;
  • ablazione transcatetere;
  • impianto di elettrostimolatori cardiaci;
  • impianto di defibrillatori;
  • trattamento dello scompenso cardiaco;

Le procedure vengono per lo più eseguite con metodo non chirurgico attraverso cateteri posizionati nel cuore per via percutanea.

La ricerca e la tecnologia hanno permesso di riconoscere tutte le vie di conduzione naturali dello stimolo cardiaco riuscendo così a mappare le varie tipologie di aritmie individuandone l’origine.

Le aritmie possono essere più o meno pericolose per la salute dell’essere umano e possiamo classificarle in:

  • Bradicardiche: è un rallentamento della frequenza del ritmo cardiaco (il cuore batte più lentamente)
  • Tachiaritmiche: è un aumento della frequenza del ritmo cardiaco (il cuore batte più velocemente)
  • Extrasistole: è un battito anomalo, prematuro rispetto alla normale cadenza del ritmo cardiaco.
  • Fibrillazione Atriale: è un’alterazione del ritmo cardiaco che interessa agli atri del cuore e che rende il battito molto rapido ed irregolare.

In generale, grazie all’utilizzo di strumenti come la radiofrequenza, i raggi laser e la terapia del freddo, è possibile “navigare” all’interno delle aritmie eliminandone con precisione assoluta la propagazione.

La Fibrillazione Atriale invece è un tipo di aritmia molto resistente ai trattamenti e alle terapie, perché tende a diventare cronica.

Vediamo cos’è la Fibrillazione Atriale e come intervenire

La Fibrillazione Atriale è la forma più comune di aritmia e si verifica quando il cuore non si contrae con la forza con la quale dovrebbe.

Questo può provocare un ristagno di sangue al suo interno con conseguente formazione di coaguli. I coaguli si possono spostare e arrivare fino al cervello, rischiando di rimanere intrappolati in un’arteria cerebrale ristretta, bloccando la circolazione e provocando un ICTUS

La Fibrillazione Atriale può essere di breve durata (con sintomi che compaiono e scompaiono), silente (è asintomatica, viene riscontrata in maniera casuale) oppure parossistica (si risolve da sé e non necessita di alcun intervento).

È bene intervenire sin dai primi sintomi perché un episodio, se trascurato, può ripetersi e può diventare sempre più difficile curarlo in via definitiva.

Come si può curare la Fibrillazione Atriale?

Prima di tutto con una terapia farmacologica, che può essere di due tipologie:

  • farmaci antiaritmici: in grado di prevenire o correggere l’aritmia;
  • terapia anticoagulante orale: un insieme di farmaci in grado di modificare la capacità di coagulare del sangue, riducendo il rischio della formazione di trombi.

Se la Fibrillazione Atriale resiste alle terapie farmacologiche si può optare per:

  • Cardioversione elettrica: al paziente sedato in anestesia generale viene provocato uno shock a livello del petto, con ripristino immediato del ritmo sinusale.
  • Ablazione della Fibrillazione Atriale: una terapia più invasiva eseguita dall’elettrofisiologo. Vengono inseriti sondini che, partendo dalle vene femorali, raggiungono la parte del cuore che fibrilla e con questi vengono eseguite delle piccole bruciature volte a isolare le vene polmonari da cui si genera la fibrillazione.

Sottoporsi ad uno studio elettrofisiologico non rientra nella prevenzione in quanto l’eventuale intervento avviene in una fase successiva del verificarsi dell’anomalia.

Cosa consigliano gli elettrofisiologi? Di prevenire!

Come?

  • Fare esercizio fisico. Per la maggior parte delle persone l’esercizio fisico regolare e moderato è un buon modo per ridurre il rischio di malattie cardiache, in quanto aiuta a regolare i ritmi biologici e a tenere il peso sotto controllo, migliorando l’umore e il sonno. Ovviamente non tutti gli esercizi fisici o sport vanno bene, meglio attività aerobiche piuttosto che sport di resistenza e sforzo. Leggi di più qui.
    Lo stress e l’obesità sono legati allo sviluppo della Fibrillazione Atriale. Si consiglia di ridurre al minimo i livelli di stress attraverso varie tecniche, come esercizi di respirazione, meditazione o yoga. Sia l’esercizio fisico regolare e moderato che una dieta sana possono contribuire a una migliore gestione del peso, che può aiutare a prevenire o gestire la Fibrillazione Atriale. Misurare l’altezza e il peso, calcolare l’IMC personale e mirare a ridurlo a meno di 25.
  • Condure uno stile di vita sano. Uno stile di vita attivo abbinato a una dieta sana è vitale quando si tratta di gestire la salute del cuore. Si raccomanda di eliminare gli alimenti molto elaborati o ad alto contenuto di grassi, ad esempio passando alla dieta mediterranea. In caso di pressione alta, si consiglia anche di ridurre l’assunzione di sale.
  • Ridurre il consumo di alcol. È infatti associato a un maggior rischio di Fibrillazione Atriale. Il consumo di alcol basso o moderato potrebbe non causare necessariamente grossi problemi, ma deve essere evitato un consumo eccessivo.
  • Smettere di fumare. Il fumo abbassa i livelli di ossigeno nel sangue e fa battere il cuore più velocemente, mentre la caffeina può aumentare la Pressione Arteriosa e la frequenza cardiaca. Di conseguenza, si consiglia di smettere completamente di fumare (il che migliorerà anche la salute dei polmoni) e limitare la caffeina a non più di 2-3 tazzine di caffè al giorno per gestire meglio la salute del cuore.
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CHI HA PROBLEMI CARDIACI PUÒ VACCINARSI CONTRO L’INFLUENZA E IL COVID-19? SCOPRIAMOLO INSIEME

 

Secondo un articolo del Sole 24 Ore, nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare contrarre l’influenza aumenta di 6 volte la probabilità di infarto. Tuttavia, le persone con malattie cardiache rinunciano spesso alla vaccinazione antinfluenzale per paura di avere una reazione avversa.

I risultati di una ricerca del Brigham and Women’s Hospital dell’Harvard Medical School di Boston, pubblicata di recente sull’European Journal of Hearth Failure, ritengono invece che chi ha piccole reazioni di dolore o fastidio nelle prime ore nel punto di inoculo ha il cuore perfino più protetto. La probabilità di ricoveri per problemi cardiaci e/o polmonari e la mortalità si riducono di un ulteriore 20% in chi ha sperimentato reazioni avverse nel punto dell’iniezione.

Lo studio statunitense ha seguito per tre diverse stagioni influenzali oltre 5.200 persone vaccinate e non vaccinate per l’influenza che erano già state ricoverate per scompenso o infarto ed erano quindi a elevato rischio cardiovascolare.

I dati mostrano che il 38% delle persone ha avuto effetti collaterali, ma che nel 76% dei casi si è trattato di reazioni lievi, come dolore nel punto dell’iniezione (60%), dolori muscolari (34%) o fastidio generale (22%). Gli effetti collaterali, più frequenti nelle donne e in chi era già stato ricoverato per un infarto, ma anche in chi era più giovane, nei fumatori e in chi era sovrappeso, sono risultati protettivi: chi li ha sperimentati ha registrato un calo del 20% della probabilità di problemi cardiaci e/o polmonari e della mortalità nei mesi successivi. Questi risultati confermano la necessità di vaccinare le persone ad alto rischio cardiovascolare: come già detto all’inizio, l’influenza può essere molto pericolosa in questi pazienti, aumentando fino a sei volte il rischio di un infarto mentre le reazioni gravi da vaccino sono rare (nello studio statunitense ammontano ad appena l’1.1% dei vaccini somministrati).

In vista di una stagione influenzale particolarmente difficile, con l’”Australiana” che a oggi ha già colpito quasi 1 milione di italiani, gli esperti raccomandano agli over 65 e soprattutto a chi è ad alto rischio cardiovascolare di vaccinarsi senza paura.

Nella stagione 2021/2022 la copertura vaccinale con l’antinfluenzale è stata pari a circa il 60% della popolazione over 65. Il vaccino antinfluenzale si associa a una riduzione netta del rischio di malattia e mortalità negli anziani ed è molto protettivo per chi è a elevato rischio cardiovascolare.

L’invito alla prevenzione si estende anche al vaccino anti-Covid, che è sicuro per il cuore: dati presentati durante l’ultimo congresso dell’American Heart Association, raccolti complessivamente su quasi 7,5 milioni e mezzo di dosi somministrate, confermano che i richiami del vaccino successivi alla seconda dose non aumentano il rischio di miocarditi. Le miocarditi registrate dopo la vaccinazione anti-Covid sono rare e quasi sempre lievi, con sintomi che si risolvono senza trattamenti complessi. Altri studi hanno invece dimostrato che le miocarditi sono più frequenti e gravi in caso di infezione da Sars-CoV-2: è perciò opportuno che le persone, specialmente gli over 65 a rischio cardiovascolare, si sottopongano ai vaccini e ai richiami raccomandati.

Secondo ciò che emerge da studi portati avanti dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) la mortalità da Covid-19 è associata al 65,8% da Ipertensione e dal 24,2% da Fibrillazione Atriale, 2 tra le cause di ICTUS. Un altro dato emerso è che i malati COVID-19 sviluppano la Fibrillazione Atriale con una prevalenza del 19-21%.

Ad allarmare maggiormente sono le persone che per paura non vanno dal medico o non fanno screening utili a prevenire problemi cardiovascolari e non solo. Dai dati del NICE è emerso che nel periodo COVID-19 c’è stata una drastica diminuzione di pazienti con Fibrillazione Atriale (-47%) e un aumento esponenziale di ICTUS causati da Fibrillazione Atriale.  

Applicando le evidenze e le valutazioni delle linee guida NICE ai dati di prevalenza in Italia, lo screening della Fibrillazione Atriale e il monitoraggio della Pressione Arteriosa in soggetti con problemi cardiovascolari così come la vaccinazione antinfluenzale e il vaccino anti-Covid possono davvero salvare la vita delle persone!

Fonte:

Sole 24 Ore sanità articolo di Ciro Indolfi *, Pasquale Perrone Filardi ** 16/12/2022

NICE: https://www.nice.org.uk/guidance/ng191

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EFFETTO CAMICE BIANCO E IPERTENSIONE DA CAMICE BIANCO

Premessa

A volte ottenere una misurazione accurata dei valori della pressione non è semplicissimo. La precisione della misurazione non dipende solo dall’accuratezza del dispositivo di misurazione utilizzato ma anche da fattori più “soggettivi”. La Pressione Arteriosa, infatti, è un parametro estremamente variabile che può essere influenzato anche da numerosi fattori fisici, psicologici e ambientali che agiscono su di essa durante il giorno. Il non tenere conto di queste diverse influenze che agisce sulla Pressione Arteriosa, può determinare diagnosi errate e una gestione inadeguata dell’Ipertensione.

Impatto emotivo della misurazione della Pressione Arteriosa effettuata da un medico

È noto da decenni che la misurazione della Pressione Arteriosa da parte di un medico induce una reazione pressoria nel paziente. L’aumento della Pressione Arteriosa in presenza di un medico si rende evidente fin dall’inizio, prima dell’effettiva misurazione con il bracciale, persiste per 10/15 minuti e si accompagna ad un aumento parallelo della frequenza cardiaca. Questo fenomeno è stato interpretato come il risultato di una reazione di allarme da parte della persona nei confronti dell’esame medico, una reazione che viene denominata “effetto camice bianco”.

L’effetto camice bianco riguarda il rialzo pressorio generato dalla reazione emotiva del paziente, che può condizionare la diagnosi finale, ovvero l’Ipertensione da camice bianco.

Secondo gli studiosi, in pratica si verificherebbe nell’iperteso “emotivo” una risposta di “allarme” che pervade tutto il corpo, destinata poi a scomparire quando il medico non è presente. Ciò implica che le misurazioni effettuate nello studio medico o in ambiente clinico possono condurre ad errori nel diagnosticare l’Ipertensione e nello stabilire gli effetti del trattamento antipertensivo. La definizione più comune di Ipertensione da camice bianco in numeri può essere definita quando la Pressione Arteriosa sistolica entra nel range 140-159mmHg o Pressione Arteriosa diastolica nel range 90-99mmHg per almeno 3 occasioni, a fronte di valori normali ottenuti con il monitoraggio ambulatorio della Pressione Arteriosa nelle 24 ore.

Nel 10% circa dei casi, il solo fatto di misurare la pressione nello studio medico è sufficiente per generare uno stress (spesso non avvertito dall’interessato/a) che causa un aumento della pressione: si parla in questi casi di Ipertensione da camice bianco. In questa situazione, il medico può rilevare pressioni sempre o spesso anormali a fronte di valori normali o, comunque, molto inferiori quando la pressione viene misurata a domicilio (dallo stesso interessato/a o dai suoi familiari). Diventa allora indispensabile comprendere bene quali sono i valori pressori “reali” prima d’intraprendere una terapia farmacologica o, nel caso sia già stato iniziato un trattamento, di modificarlo.

Auto misurazione della Pressione Arteriosa

L’automisurazione della Pressione Arteriosa svolge un ruolo centrale sia nel monitoraggio privo di stimoli e di effetti da camice bianco, sia nella valutazione della risposta a lungo termine ai farmaci antiipertensivi al di fuori dello studio medico.

Le possibilità in questo senso sono essenzialmente due: l’automisurazione domiciliare e il monitoraggio automatico nelle 24 ore. L’automisurazione viene attualmente considerata una modalità affidabile, in grado di sostituire la misurazione da parte del medico soprattutto in caso di reazione da camice bianco (eventualità in cui costituisce anzi l’unica modalità di misurazione); in questo frangente occorre però ricordare che i valori di riferimento sono lievemente differenti rispetto a quelli che derivano da misurazioni in ambulatorio e che, quindi, a una misurazione dal medico di 140/90 mmHg corrisponde un valore di 135/85 mmHg misurato dal paziente a domicilio.

Nel monitoraggio della pressione nelle 24 ore, si utilizza un apparecchio automatico, l’Holter ECG: è sempre presente il manicotto intorno al braccio, collegato con un piccolo apparecchio (solitamente portato in cintura o a tracolla) che gonfia e sgonfia il manicotto e, rilevando le pulsazioni dell’arteria del braccio, misura la pressione, conservandola nella sua memoria elettronica.

Durante il monitoraggio vengono eseguite numerose determinazioni, ripetute in circostanze diverse (durante le normali attività quotidiane, il riposo, il sonno ecc.): l’insieme di queste informazioni consente di avere una valutazione più accurata della pressione. Si tratta però di un procedimento più fastidioso a causa della presenza dell’apparecchio e del periodico gonfiarsi e sgonfiarsi del manicotto. Per questo motivo il monitoraggio della pressione nelle 24 ore viene riservato a casi particolari, quando le informazioni ottenibili misurando la pressione a casa non sono sufficienti per prendere le decisioni necessarie: stabilire se si è di fronte a vera Ipertensione o solo a una reazione di allarme dovuta alla misurazione stessa, comprendere se la terapia assicura un controllo adeguato in tutte le fasi della giornata e della notte ecc…

È molto importante utilizzare dispositivi domiciliari scientificamente validati e pensati ad hoc per pazienti difficili, con la possibilità di sfruttare tecnologie avanzate tramite rigidi protocolli ISO e BIHS.

È bene ricordare che la misurazione della Pressione Arteriosa non deve essere effettuata frettolosamente. Per evitare di dimenticare i valori misurati, essi devono essere annotati subito dopo la misurazione della pressione. È fondamentale sapere come misurare la Pressione Arteriosa in modo corretto, perché il risultato deve essere “giusto” e, quindi, utilizzabile dal medico. Ecco cosa si deve fare:

  • stare a riposo per almeno cinque minuti;
  • non fumare o bere caffè per almeno mezz’ora;
  • non indossare indumenti troppo aderenti e che possono costringere la vita e il braccio. Per evitare costrizioni, non arrotolare le maniche della camicia che normalmente non interferiscono con il bracciale anche se questo viene indossato sopra;
  • stare seduti comodamente e ben appoggiati allo schienale;
  • non incrociare in alcun modo le gambe o i piedi;
  • appoggiare il braccio sul tavolo facendo attenzione che sia all’altezza del cuore;
  • effettuare la misurazione della pressione sempre sullo stesso braccio (in genere il sinistro).
  • indossare il bracciale correttamente intorno al braccio (come indicato nel manuale d’uso del dispositivo) facendo attenzione che questo sia della dimensione adeguata;
  • stringere il bracciale, ma non troppo;
  • assicurarsi che il bracciale sia posizionato 2 cm sopra il gomito. L’indicatore dell’arteria, normalmente riportato sul bracciale, deve essere posizionato sopra l’arteria che corre lungo il lato interno del braccio;
  • durante la misurazione non muoversi, rilassare i muscoli del braccio, respirare normalmente e non parlare;
  • misurare una prima volta la pressione dopo aver appoggiato il braccio al tavolo da almeno 1
  • minuto;
  • effettuare almeno una seconda misurazione, tre sarebbero meglio, con una pausa non inferiore ai 15 secondi tra una misurazione e l’altra;
  • se l’apparecchio non memorizza le misurazioni o viene utilizzato da più persone in famiglia, annotare subito i risultati su un foglio.

 

Fonte:

SIIA

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DIETA DASH: COS’E’ E COME FUNZIONA

La Dieta DASH – acronimo che sta per Dietary Approaches to Stop Hypertension, ovvero approcci dietetici per combattere l’Ipertensione – è un regime alimentare sviluppato dall’U.S. National Institutes of Health per mantenere cuore e apparato cardiovascolare in salute, soprattutto in condizioni di pressione arteriosa elevata.

Lontana dalle campagne mediatiche, dalle tendenze dell’ultima ora e dai lustri dei social, la dieta DASH ha conquistato un posto di assoluto rilievo nell’attuale panorama dietetico e clinico.

Oltre ad offrire una vera e propria terapia nutrizionale per l’Ipertensione, la dieta DASH si è rivelata particolarmente efficace anche nel prevenire e controllare patologie cronico-degenerative come l’osteoporosi, il cancro, le patologie cardiovascolari ed il diabete.

Non di meno, in declinazioni leggermente diverse, la DASH ha ottenuto importanti successi nel trattamento dell’obesità e del sovrappeso, offrendo notevoli proprietà dimagranti. Per questi motivi la Dieta DASH è oggi molto apprezzata dalla comunità scientifica, ricevendo riconoscimenti da diversi enti, tra i quali l’American Heart Association.

COM’E’ NATA LA DIETA DASH

La Dieta DASH è stata proposta per la prima volta nel 1996 in occasione di un congresso dell’American Heart Association e pubblicata nell’anno successivo sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine.

Per mettere a punto questa proposta, e valutare se e come un particolare tipo di alimentazione potesse modificare la Pressione Arteriosa, i ricercatori hanno coinvolto oltre 450 persone e le hanno seguite per 8 settimane. Tutti i partecipanti sono stati suddivisi in 3 gruppi omogenei:

  • nel primo gruppo (gruppo di controllo) le persone continuavano a seguire l’abituale regime alimentare tipico degli Stati Uniti;
  • nel secondo gruppo (gruppo frutta e verdura), pur continuando a seguire l’abituale stile alimentare, i partecipanti dovevano ridurre il consumo di snacks e aumentare il quantitativo di frutta e verdura;
  • nel terzo gruppo (gruppo di intervento nutrizionale), la dieta abituale veniva sostituita con un’alimentazione ricca di verdura, frutta, prodotti integrali, frutta secca a guscio e latticini con un ridotto contenuto di grassi. Veniva inoltre ridotto significativamente il consumo di prodotti ricchi di grassi animali e colesterolo.

Nonostante non siano state osservate variazioni nel peso, la dieta del gruppo di intervento nutrizionale (gruppo 3) è risultata in grado di ridurre maggiormente la Pressione Arteriosa in confronto alle altre due diete, già dopo 2 settimane. In particolare, la dieta seguita dal terzo gruppo, definita in seguito Dieta DASH, era in grado di ridurre mediamente di 5,5mmHg la pressione sistolica e di 3mmHg la diastolica.

Il risultato ottenuto dopo aver seguito per 8 settimane la Dieta DASH era analogo a quello osservato nei pazienti che seguivano un trattamento farmacologico di fase I per l’Ipertensione.

Questo risultato, e le conferme prodotte in ricerche successive, hanno contribuito ad affermare il ruolo che può avere l’alimentazione nel prevenire e migliorare alcune condizioni patologiche, come l’Ipertensione.

La dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) è stata classificata come la migliore e più sana contro l’Ipertensione e il diabete per 3 anni consecutivi. È stato dimostrato che riduce la Pressione Arteriosa e il colesterolo, come anche è ottima da seguire in caso di presenza di alcune patologie.

Un altro caposaldo della DASH è evidentemente l’attività fisica, binario che corre parallelamente alla dieta nel preservare lo stato di salute.

COME PIANIFICARE UN MENÙ DASH?

La Dieta DASH non richiede l’utilizzo di alimenti speciali o ricette articolate, ma è basata sulla presenza più frequente di alcune categorie di prodotti e la riduzione di altre per un totale di circa 2000Kcal al giorno.

Quali alimenti preferire?

In generale, questa dieta prevede l’assunzione di molta frutta e verdure non amidacee, ma anche porzioni moderate di prodotti lattiero-caseari senza grassi, cereali integrali, carni magre, pollame, fagioli, soia e cibi a base di uova o sostituti delle uova, pesce, noci e semi, grassi sani per il cuore come l’olio d’oliva.

Verdura e frutta contengono naturalmente pochissimo sodio e abbondante potassio, pertanto, un’alimentazione in cui i vegetali sono abbondanti, permette automaticamente di ridurre l’apporto di sodio ed aumentare il potassio. Inoltre, l’utilizzo di aromi e spezie rende i piatti saporiti permettendo di ridurre il quantitativo di sale utilizzato.

Riassumendo:

  • Cereali, preferendo quelli integrali e a chicco piuttosto che le farine e non superando le 3 porzioni al giorno;
  • Verdure e ortaggi, naturalmente ricche in potassio e magnesio, per almeno 3 porzioni al giorno;
  • Frutta, da utilizzare preferibilmente come spuntino e merenda, e da consumare, ove possibile, con la buccia per 2-3 porzioni al giorno;
  • Carne magra, pollame e pesce, puntando sempre ai tagli ed alle varietà più magre, e da abbinare sempre ad un contorno di verdure. Preferire il più possibile pesce ricco di Omega 3 e mantenersi complessivamente entro le 2 porzioni, ossia non più di 200g per la carne e 300 per il pesce;
  • Frutta a guscio, semi e legumi, ricchi in acidi grassi essenziali, magnesio e potassio, per un totale di 4-5 porzioni a settimana;
  • Latte e derivati, preferendo evidentemente quelli magri e lo yogurt, per non più di 2 porzioni al giorno e preferibilmente non tutti i giorni;
  • Grassi e oli da condimento, cercando di privilegiare il consumo di olio extravergine di oliva o oli ad alto tenore di acidi grassi monoinsaturi per massimo 2-3 porzioni al giorno.

Quali alimenti limitare?

Sale, grassi animali, zucchero, insaccati e affettati, prodotti lavorati e ricchi di additivi. Limitare il consumo di cibo preparato con cereali raffinati come pane bianco e dolci.

Infine, poiché la principale fonte di sodio nella dieta è rappresentata dagli alimenti lavorati come insaccati, formaggi stagionati, piatti già pronti e alcuni prodotti industriali da forno, riducendo il più possibile queste categorie sarà più facile controllare il sodio nei propri menù.

LA DIETA DASH HA CONTROINDICAZIONI?

A chi vuole utilizzare la dieta DASH per controllare i suoi problemi di salute, consigliamo in ogni caso di rivolgersi sempre al proprio medico o nutrizionista. Come per qualsiasi protocollo dietetico, vi saranno degli alimenti indicati ed altri a cui invece dovrai rinunciare.

In generale la dieta Dash non presenta grandi controindicazioni, se non il fatto che il fai da te è sconsigliato. Se volete abbassare la Pressione Arteriosa e perdere peso (l’obesità è una tra le principali cause di rischio ICTUS) è fondamentale rivolgersi ad un esperto che stilerà un piano personalizzato in base ad età, attività svolte, analisi del sangue, valori della Pressione Arteriosa, se si soffre di patologie o se si assumono farmaci.

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I DATI DELL’ICTUS IN ITALIA

In Italia, l’ICTUS conta in Italia circa 200.000 casi ogni anno, di cui l’80% sono nuovi episodi e il 20% recidive, che riguardano soggetti precedentemente colpiti.

Nonostante la mortalità sia in diminuzione, in Italia l’ICTUS è la terza (la seconda, stando ad alcune stime) causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie e rappresenta la principale causa d’invalidità.
Nel nostro Paese il numero di soggetti che hanno avuto un ICTUS e sono sopravvissuti, con esiti più o meno invalidanti, è pari a circa 913.000.
Ad 1 anno circa dall’evento acuto, un terzo dei soggetti sopravviventi ad un ICTUS – indipendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico – presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti.

Il fenomeno è in costante crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Il tasso di prevalenza di ICTUS nella popolazione anziana (età 65-84 anni) italiana è del 6,5% leggermente più alta negli uomini (7,4%) rispetto alle donne (5,9%). Il 75% dei casi riguarda persone over 65 ma, comunque, 12mila persone sotto ai 55 anni vengono colpite ogni anno.

L’aumento della proporzione di anziani nella popolazione generale fa stimare un aumento dei nuovi casi di malattia nei prossimi anni. Un problema che interessa da vicino l’Italia, in cui l’aspettativa di vita alla nascita è di 79 anni per gli uomini e 84 per le donne. Anche le fasce di età più giovani tendono ad essere sempre più a rischio perché sono sempre più diffuse condizioni predisponenti come Ipertensione Arteriosa, Fibrillazione Arteriosa, diabete, obesità, stile di vita sbagliato.

Gli studi epidemiologici condotti in questi anni hanno identificato i fattori di rischio e dimostrato la reversibilità del rischio, ovvero che riducendo i fattori di rischio è possibile ritardare o ridurre il numero di eventi che si verificano nella popolazione.

Gli italiani colpiti da ICTUS, secondo un’indagine promossa dall’”Associazione Italiana Ictus”, vanno incontro a molte difficoltà nella fase di riabilitazione che segue l’evento acuto. L’89% dei pazienti dichiara di aver riscontrato miglioramenti, sia neurologici che fisici, in seguito ai trattamenti riabilitativi. Tuttavia, il 34% considera l’esperienza insufficiente e il 17% giudica scarsa la propria qualità di vita.

L’ICTUS può essere sconfitto grazie alla prevenzione, a un intervento terapeutico tempestivo e alle cure innovative oggi disponibili. In Italia riusciamo a garantire un’ottima assistenza grazie alla preparazione dei medici specialisti e a una rete di centri di assoluto livello. Esistono tuttavia ancora margini di miglioramento su alcuni aspetti che sono fondamentali nella gestione di una patologia pericolosa ed invalidante come l’ICTUS.

Una delle caratteristiche principali e più subdole di questa malattia è la sua improvvisa insorgenza in persone sane, anche se in realtà è possibile avere un segnale premonitore, il cosiddetto TIA o Attacco Ischemico Transitorio. Si tratta di un calo temporaneo dell’afflusso di sangue al cervello, che può generare qualche sintomo transitorio (perdita temporanea della vista, svenimento improvviso, difficoltà nel parlare) ma senza conseguenze. Il paziente si riprende del tutto in breve tempo. Questi episodi sono però segnali importanti, perché 1 persona vittima di TIA su 3 va incontro ad ICTUS entro un anno. Se però si riconosce la gravità del segnale e si agisce, facendo controlli e prevenzione, l’ICTUS può essere evitato.

Anche per questo motivo informare, sensibilizzare, incentivare al controllo e monitoraggio preventivo della Pressione Arteriosa e al mantenere uno stile di vita adeguato, in cui trovino ampio spazio una corretta alimentazione e un’attività fisica costante, è la chiave per scongiurare l’ICTUS o attacchi gravi qualora si parli di fattori di rischio non modificabili.

I fattori di rischio non modificabili sono età, sesso, familiarità. In questi casi per evitare che si verifichi un ictus è fondamentale seguire in modo rigoroso le terapie e le raccomandazioni che il Medico di Medicina Generale (MMG) e lo Specialista prescrivono.

I fattori di rischio modificabili sono la Pressione Arteriosa, il peso, la glicemia, la colesterolemia, che vanno adeguatamente monitorati, mantenendo i valori entro i limiti raccomandati, come anche il consumo di alcool e l’abitudine al fumo.  I fattori modificabili possono però essere mantenuti a livelli “favorevoli” nel corso della vita, soprattutto se fin dalla giovane età vengono adottati stili di vita salutari.

Fonti:

https://www.siia.it

https://www.aliceitalia.org/

https://www.issalute.it/

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GIORNATA MONDIALE CONTRO L’ICTUS 2022 – #TEMPOPREZIOSO

La Giornata Mondiale contro l’ICTUS 2022 promossa dalla World Stroke Organization è volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sui segnali dell’ICTUS e sull’importanza del #tempoprezioso.

L’ICTUS è una patologia tempo-correlata: intervenire precocemente è fondamentale. In questo senso è molto importante che le persone siano consapevoli dell’enorme valore che ha la prevenzione.

In caso di comparsa di uno o più sintomi riferibili all’ICTUS è necessario chiamare immediatamente il 118 per il trasporto urgente al Pronto Soccorso di un Ospedale dove si eseguono le cure specialistiche per l’ICTUS (Stroke Unit). Non aspettare di vedere se i sintomi migliorano spontaneamente, non contattare il Medico di Medicina Generale (MMG) o la Guardia Medica e non recarsi in Pronto Soccorso con mezzi propri, anche per evitare di presentarsi in un Ospedale dove non sia attiva una Stroke Unit.

 I sintomi riguardano:

  • improvvisa riduzione o perdita di motilità e di forza e/o improvvisi deficit sensitivi (formicolii, perdita di sensibilità) alla metà inferiore del viso (con asimmetria della bocca che appare “storta” soprattutto quando il paziente prova a sorridere), al braccio e/o alla gamba di un lato del corpo
  • improvvisa difficoltà nel parlare e/o nel comprendere il linguaggio altrui
  • improvvisi disturbi visivi a carico di uno o di entrambi gli occhi
  • improvvisa perdita di coordinazione dei movimenti, sensazione di vertigine, di sbandamento e/o caduta a terra
  • improvviso mal di testa lancinante e inconsueto.

L’acronimo FAST, consente di ricordare facilmente alcuni test da fare quando si sospetta che una persona sia stata colpita da un ICTUS (Cincinnati Prehospital Stroke Scale):

  • F (come Face: Faccia): chiedere alla persona di sorridere e osservare se un angolo della bocca non si solleva o “cade” e la bocca appare “storta”;
  • A (come Arms: braccia): chiedere alla persona di alzare entrambe le braccia e osservare se presenta difficoltà/incapacità a sollevare un braccio o a mantenerlo alzato allo stesso livello dell’altro”;
  • S (come Speech: linguaggio): chiedere alla persona di ripetere una frase semplice e valutare se il suo modo di parlare risulti strano (parole senza senso) o biascicato;
  • T (come Time: Tempo): se è presente uno qualunque di questi segni, bisogna chiamare immediatamente il 118.

La Prevenzione

Oggi più che mai la prevenzione rappresenta l’arma più efficace per ridurre i casi di ICTUS e di altre malattie cardio-cerebrovascolari e si basa essenzialmente sull’adozione e sul mantenimento di stili di vita salutari (non fumare e non consumare altri prodotti del tabacco; praticare regolarmente un’adeguata attività fisica; evitare il consumo rischioso e dannoso di alcol; seguire una sana alimentazione, varia ed equilibrata, prediligendo il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e pesce e limitando l’assunzione di sale, carne rossa, grassi di origine animale e zuccheri; mantenere un peso corporeo ottimale), nonché sull’identificazione precoce e sull’adeguata gestione di eventuali fattori che aumentano il rischio di ICTUS, quali Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale, tramite l’utilizzo di misuratori della pressione validati anche per la rilevazione della Fibrillazione Atriale.

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DONNE E RISCHIO FIBRILLAZIONE ATRIALE: COSA C’ENTRANO PESO ED ALTEZZA

Già da tempo gli studi epidemiologici ritengono che ci sia maggiore prevalenza di uomini che soffrono di Fibrillazione Atriale (FA) e una maggiore incidenza di eventi cardiovascolari (come infarto e ICTUS) nelle donne con questo disturbo del ritmo cardiaco.

Ma uno studio americano condotto dai ricercatori dello Smidt Heart Institute (Cedars-Sinai Medical Center, Los Angeles, Usa) su un’ampia popolazione di uomini e donne senza patologie cardiovascolari ha fatto emergere una importante differenza tra generi nella presenza di Fibrillazione Atriale.

Sembra che se vengono confrontati donne e uomini della stessa altezza e peso, le donne hanno un rischio maggiore del 50% rispetto agli uomini di sviluppare una Fibrillazione Atriale.

I partecipanti allo studio erano in totale 25.119 e il 51% era donna. In un follow-up medio di 5,3 anni, si sono verificati 900 eventi di Fibrillazione Atriale incidente confermati: 495 eventi tra gli uomini, (4,0%) e 405 eventi, (3,2%) tra le donne. Fino a qui nulla di nuovo, infatti, dopo l’aggiustamento per età e trattamento, le donne erano a minor rischio di Fibrillazione Atriale rispetto agli uomini. La situazione persisteva anche dopo aver suddiviso le donne per:

  • etnia,
  • stile di vita come: assunzione di alcol e fumo di sigaretta, movimento fisico,
  • presenza di malattie come: ipertensione, diabete (tipo 1, tipo 2, gestazionale), malattie della tiroide,
  • presenza di elevata massa grassa mediante l’indice di massa grassa (BMI), il quale considera il rapporto tra peso corporeo e altezza.

I ricercatori allora hanno provato a considerare l’altezza, altezza e peso o BSA (superficie corporea) che rispetto al peso, rappresenta un miglior indicatore della massa metabolica, poiché meno influenzata dalla quantità di tessuto adiposo.

E’ emerso che le donne sono più a rischio di Fibrillazione Atriale a parità di altezza e peso degli uomini. Ma allora perché sembrano esserci meno donne con Fibrillazione Atriale rispetto agli uomini? Il dato che riguarda la popolazione generale, ossia che ci sono meno donne che soffrono di Fibrillazione Atriale, sarebbe da attribuirsi al fatto che, in media, sono più basse degli uomini.

Questo studio non è per niente banale, ma sottolinea l’importanza della prevenzione della Fibrillazione Atriale, in forte aumento, anche per le donne. Questo, probabilmente è dovuto all’incremento di peso e di altezza della popolazione generale, così come all’invecchiamento della popolazione.

Le strategie di prevenzione più efficaci contro la Fibrillazione Atriale negli uomini e nelle donne includono il mantenimento di un peso sano, l’esercizio fisico regolare e moderato, la limitazione del consumo di alcol e fumo e il regolare monitoraggio della Pressione Arteriosa con un dispositivo in grado di osservarne la frequenza cardiaca e in particolare la presenza di Fibrillazione Atriale, come propone Microlife con AFIB Advanced Easy, il dispositivo più preciso e affidabile secondo i rigidi protocolli  AAMI/ESH/ISO.

Riferimenti bibliografici:
https://medicoepaziente.it/2022/fibrillazione-atriale-a-parita-di-altezza-donne-piu-a-rischio-degli-uomini/