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COSA FARE IN CASO DI PRESSIONE BASSA

La Pressione Arteriosa dipende dalla forza con cui il cuore pompa il sangue nelle arterie. Corrisponde, quindi, alla pressione esercitata nelle arterie durante le sue due fasi di lavoro: contrazione del ventricolo sinistro del cuore (pressione sistolica o “massima”) e suo rilassamento (pressione diastolica o “minima”). Ecco perché la Pressione Arteriosa si misura attraverso due valori: la massima (sistolica) e la minima (diastolica). I valori normali della Pressione Arteriosa per l’età adulta sono 115-140 mmHg come massima (pressione sistolica) e 75-90 mmHg come minima (pressione diastolica).

Si parla di Ipotensione si intendono quando i valori della Pressione Arteriosa sono inferiori a quelli considerati normali: pressione massima (sistolica) a riposo uguale a 100 mmHg e/o pressione minima (diastolica) inferiore a 60 mmHg.

Ma cosa succede in caso di pressione troppo bassa? Il sangue non riesce a circolare in modo corretto e i tessuti periferici e gli organi non ricevono abbastanza ossigeno e tendono ad andare in sofferenza. I sintomi tipici della pressione bassa come vertigini, svenimento, vista sfuocata sono legati alla scarsa ossigenazione delle cellule del cervello.

Perché si soffre di pressione bassa

Il valore della Pressione Arteriosa varia continuamente: alcune condizioni come la posizione del corpo, il ritmo del respiro, lo stress, la condizione fisica generale, i farmaci, il tipo di alimentazione e l’orario della giornata possono influire sul valore della pressione del sangue. La pressione, infatti, di solito è più bassa di notte e si rialza bruscamente al risveglio.

L’Ipotensione può essere distinta in base alle cause che la provocano in:

  • Ipotensione ortostatica, ovvero l’improvviso calo pressorio che si manifesta a seguito del passaggio dalla posizione seduta o sdraiata a quella in piedi che può presentarsi per varie ragioni, tra queste la disidratazione, un prolungato periodo di tempo trascorso a letto o seduti con le gambe incrociate o in posizione accovacciata, la gravidanza, il diabete, problemi cardiaci, caldo eccessivo, presenza di estese vene varicose e alcuni disturbi neurologici; questa si verifica soprattutto in adulti di età superiore a 65 anni;
  • Ipotensione postprandiale, ovvero l’improvviso calo pressorio dopo aver mangiato, comune negli anziani, in particolare in quei soggetti che soffrono di Ipertensione o di disturbi del sistema nervoso autonomo come il morbo di Parkinson;
  • Ipotensione neurologica mediata, che si verifica in bambini e giovani dopo un lungo periodo di tempo in piedi.

Altre cause di Ipotensione possono essere di natura psicologica o neurologica. Un evento improvviso e stressante, uno spavento, una notizia nefasta inattesa o un’elevata sensibilità nei confronti di particolari oggetti (come aghi, sangue, lame ecc.) o situazioni (esecuzione di interventi odontoiatrici o medicazioni, vicinanza o contatto con animali ritenuti raccapriccianti ecc.) possono innescare la cosiddetta “reazione vagale”, ossia un’attivazione del nervo vago che, tra le sue molte funzioni, ha anche quella di modulare la frequenza cardiaca.

Ci sono anche alcune condizioni particolari che possono essere a loro volta causa di Ipotensione:

  • gravidanza, poiché il sistema cardiovascolare subisce rapidamente modifiche dimensionali
  • disturbi cardiaci, come ad esempio il battito cardiaco lento (bradicardia), problemi alle valvole cardiache, infarto?e arresto cardiaco
  • problemi endocrini, come ad esempio disturbi alla tiroide e malattie delle paratiroidi, insufficienza surrenalica (morbo di Addison), basso livello di zuccheri nel sangue (ipoglicemia) e, in alcuni casi, il diabete
  • disidratazione, ovvero quando l’organismo perde più liquidi di quelli che assume: febbre, vomito, diarrea acuta, uso eccessivo di diuretici ed eccesso di attività fisica possono esserne la causa
  • perdita di sangue, come può succedere a seguito di una grave ferita o di un’emorragia interna
  • grave infezione (setticemia)
  • grave reazione allergica (anafilassi), in corso della quale l’ipotensione può essere accompagnata da problemi respiratori, orticaria, prurito, gonfiore alla gola
  • carenza di vitamina B-12

Cosa fare se hai la pressione bassa

In caso di pressione bassa è importante prevenire e cercare di evitare comportamenti e situazioni che possono scatenarla. Per questo è importante:

  • evitare di alzarsi rapidamente dalla posizione seduta o dalla posizione sdraiata, per esempio dal letto, dal divano ed evitare di chinarsi o cambiare la posizione del corpo repentinamente;
  • utilizzare due cuscini o dei libri pesanti sopra il cuscino quando si dorme o ci si riposa per avere la testa più in alto di almeno 15 cm;
  • fare pasti leggeri e frequenti e sdraiarsi o sedersi per un po’ di tempo dopo la fine del pasto;
  • bere molta acqua;
  • evitare stare seduti o in piedi per lungo tempo;
  • evitare di bere bevande contenenti caffeina o di fumare, specialmente la sera e prima di andare a dormire;
  • evitare di bere troppi alcolici, in quanto hanno un effetto vasodilatatore;
  • evitare fare attività fisiche molto stancanti: attraverso il sudore si perde il potassio, un minerale fondamentale per il benessere dell’organismo. A questo proposito si consiglia l’assunzione di integratori a base di potassio, magnesio e sali minerali;
  • evitare di rimanere troppo a lungo in un ambiente caldo, soprattutto se il calore è accompagnato anche da un elevato tasso di umidità, come nel caso di una giornata estiva molto afosa, una serra, fare un bagno o una doccia bollenti un po’ troppo prolungati, un vagone della metropolitana nell’ora di punta.

Anche l’alimentazione ha un ruolo fondamentale per il controllo della pressione bassa.

Sono consigliati gli alimenti ricchi di acqua e sali minerali, come la frutta e la verdura a foglia verde, tra cui zucchine, lattuga e spinaci. Vanno bene arance, limoni, fragole, kiwi e ciliegie e sono molto consigliati anche la frutta secca e i bastoncini di liquirizia al naturale, da mangiare come spuntino a metà mattina e/o pomeriggio. Sempre a livello di alimenti facciamo presente che alleati della salute in caso di abbassamento della pressione sono il ferro, l’acido folico e le vitamine B12 e C, che contribuiscono a rafforzare le difese immunitarie e a donare maggiore energia all’organismo.

In caso di calo glicemico molto spesso viene consigliata una bustina di zucchero, caramelle molto dolci o un bicchiere di coca cola quando si ha la percezione di perdere i sensi, ma non sempre funziona.

Benché possa sembrare strano, visto che generalmente tra i consigli per chi ha la pressione bassa c’è quello di mangiare per farla alzare, anche il cibo può essere responsabile dell’abbassamento della pressione. Un pasto abbondante, infatti, specie se ricco di carboidrati, può concludersi con episodi di ipotensione. In questo caso, l’origine del calo pressorio anomalo è legata alla massiccia secrezione di insulina, promossa dallo zucchero ingerito e al richiamo di grandi quantità di sangue a livello dell’apparato gastroenterico a supporto della digestione, che viene così sottratto alla circolazione generale. Bisognerebbe stare attenti a evitare i cosiddetti “picchi glicemici”, che spesso sono seguiti da un brusco calo della pressione (eventualmente approfondire).

Conclusioni

Se è vero che la pressione bassa non è pericolosa per la salute come può essere la pressione alta, l’Ipotensione non va comunque sottovalutata, perché come abbiamo visto, può dare alcuni disturbi molto fastidiosi: basta una variazione di soli 20 mmHg per causare vertigini e svenimento, perché il cervello non riceve un adeguato apporto di sangue.

Se si hanno spesso sintomi come vertigini, capogiri, sensazione di svenimento, vista sfuocata, confusione mentale, nausea e problemi di concentrazione, è importante verificare se si soffre di pressione bassa, monitorandola con misuratori di pressione affidabili e certificati e rivolgersi al proprio medico per capire se c’è una causa specifica che si può trattare.


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LINEE GUIDA ALLA SCELTA DEL BRACCIALE PER LA MISURAZIONE DELLA PRESSIONE

È fondamentale sapere come misurare la Pressione Arteriosa in modo corretto, perché il risultato deve essere “giusto” e, quindi, analizzabile e utilizzabile dal medico. Ecco cosa si deve fare:

  • Misurare con apparecchi validati da società scientifiche internazionali, possibilmente anche per pazienti particolari (donne in gravidanza/pre-eclampsia, diabetici, dializzati, obesi, anziani, fibrillanti…)
  • Effettuare 5 minuti di riposo prima dell’auto misurazione della Pressione Arteriosa
  • 30 minuti di astensione da fumo, alcol, caffeina, te, pasti pesanti, esercizio fisico
  • Sedersi comodamente e con un supporto per la schiena, appoggiare il braccio sul tavolo a livello del cuore
  • Non accavallare le gambe
  • Restare immobili e senza parlare durante l’auto misurazione della Pressione Arteriosa
  • Effettuare ogni volta almeno 2 misurazioni consecutive, con una pausa di 1-2 minuti, o comunque, non inferiore a 15 secondi e calcolando la media.
  • Registrare i risultati su carta a meno che l’apparecchio non sia dotato di memoria
  • Evitare misurazioni in condizioni di stress (possono essere fuorvianti)
  • Utilizzare un bracciale di dimensioni adeguate al proprio braccio

Per quanto riguarda l’applicazione del bracciale per la corretta misurazione della pressione, è importante effettuare la misurazione sempre sullo stesso braccio, quello con la pressione più alta (braccio dominante) per avere valori sempre coerenti. In tal senso è consigliabile che il proprio medico effettui una doppia misurazione a entrambe le braccia per determinare dove misurare la pressione successivamente.

Effettuare poi le misurazioni nel braccio corretto come segue:

• indossare il bracciale correttamente intorno al braccio (come indicato nel manuale d’uso del dispositivo) facendo attenzione che questo sia della dimensione adeguata;

•  il braccio deve essere nudo;

•  stringere il bracciale, ma non troppo;

• assicurarsi che il bracciale sia posizionato 2 cm sopra il gomito. L’indicatore dell’arteria, normalmente riportato sul bracciale, deve essere posizionato sopra l’arteria che corre lungo il lato interno del braccio.

La scelta dell’apparecchio per la misurazione della pressione e del bracciale è fondamentale, non può mai essere affidata al caso e richiede un’accurata valutazione.  La precisione di un misuratore di pressione dipende anche dalla qualità e dall’efficienza di un bracciale: l’uso di un bracciale troppo piccolo o troppo largo può provocare un importante errore che può portare a una falsa diagnosi d’ipertensione o a errate scelte terapeutiche. L’uso di un unico bracciale “standard” è inadeguato nel 45% dei maschi e nel 28% delle donne.

La camera d’aria gonfiabile deve essere lunga circa quanto la circonferenza del braccio e deve essere contenuta in un rivestimento anelastico, la cui lunghezza deve estendersi oltre l’estremità della camera d’aria gonfiabile. Per fissare il bracciale intorno al braccio, si usano comunemente delle strisce di velcro. Sostituire il bracciale quando il velcro perde aderenza.

Un uso non corretto del bracciale può portare a misurazioni imprecise della Pressione Arteriosa e un bracciale con una camera d’aria di dimensioni inadeguate rispetto al braccio è un’importante fonte di errore:

Camera d’aria troppo piccola: sovrastima della Pressione Arteriosa (situazione più comune rispetto all’uso di una camera d’aria sovra dimensionata)

Camera d’aria troppo grande: sottostima i valori pressori

L’uso di camere d’aria troppo strette o corte (sottodimensionate) porta a una sovrastima della Pressione Arteriosa e pertanto ad incorrere in errore sovra-diagnosticando l’Ipertensione. Al contrario, l’uso di camere d’aria troppo ampie o troppo lunghe può portare a una sottostima della Pressione Arteriosa, con la possibilità di diagnosticare come normotesi soggetti ipertesi.

Secondo la BHS (British Hypertension Society), l’EHS (European Society of Hypertension) e l’ESC (European Society of Cardiology) devono essere disponibili un bracciale standard con una camera d’aria idonea per la maggior parte degli adulti, un bracciale grande con una camera d’aria per gli obesi e un bracciale piccolo con una camera d’aria per i soggetti magri e per i bambini.

Ci sono altre importanti considerazioni da fare sulla scelta del corretto bracciale:

• deve essere privo di Latex e PVC, per evitare il rischio di shock anafilattico nelle persone allergiche

• se conico presenta vantaggi rispetto a quelli rettangolari, adattandosi meglio alla forma del braccio e consentendo un’accurata misurazione in braccia di dimensioni differenti.

• se la camera d’aria è in TPU ha una maggiore durata e resistenza

non si deve sgonfiare troppo rapidamente, ciò può indurre a sottostimare la pressione sistolica e sovrastimare quella diastolica.

• nel caso si tratti di un bracciale morbido, è consigliato scegliere quelli dotati di anello autotirante, che semplifica l’autoposizionamento

L’acquisto di un apparecchio e di bracciale/i adeguati come abbiamo visto richiede un’accurata valutazione degli aspetti tecnici riportati (e dimostrati) dai produttori; si tratta di un piccolo sforzo in termini di impegno e tempo, abbondantemente ripagato dai risultati in termini di accuratezza dei risultati.

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L’ICTUS PUO’ ESSERE EREDITARIO?

Secondo una ricerca, condotta dai ricercatori del Karolinska Institutet in Svezia, pubblicata sulla rivista Circulation Cardiovascular Genetics, le potenziali persone che possono incorrere in ICTUS hanno fino al 60% di probabilità in più di presentare un’ostruzione improvvisa o la rottura di un vaso sanguigno quando ci sono fratelli o sorelle che hanno avuto un ICTUS. È infatti emerso che il rischio di ICTUS per i pazienti di 55 anni o più giovani è due volte più alto se i loro fratelli hanno avuto un ICTUS a 55 anni o prima.

I risultati fanno parte di un ampio studio che ha analizzato la combinazione di fattori quali l’età, il sesso e i fratelli sul rischio di incorrere in un ICTUS.

I ricercatori, all’interno dello studio, hanno esaminato i documenti di dimissione ospedaliera e la causa di morte sui certificati di decesso di quasi 31.000 persone che avevano fratelli colpiti da ICTUS e di quasi 153.000 adulti della stessa età senza fratelli con storia di ICTUS.

Le conclusioni tratte dai ricercatori più che di “ereditarietà dell’ICTUS” parlano di “predisposizione genetica”, ovvero di una tendenza a presentare fattori di rischio ICTUS a livello familiare. Chi ha in famiglia uno o più casi di ICTUS deve essere quindi informato e motivato a intraprendere maggiori azioni preventive e a prestare maggiore attenzione alle abitudini di vita come la dieta, l’esercizio fisico e il controllo della Pressione Arteriosa. Per questo, quando l’ICTUS è causato da disfunzioni specifiche come l’Ipertensione Arteriosa allora è necessario porre attenzione alla prevenzione e alla cura delle patologie stesse proprio affinché non provochino, come conseguenza, l’ICTUS.

L’ICTUS non è una malattia primaria, solitamente deriva da altre patologie vascolari e queste ultime sono spesso ereditarie a livello genetico (come, ad esempio, l’Ipertensione e la Fibrillazione Atriale).

La familiarità all’ICTUS si aggiunge quindi ai fattori di rischio che secondo gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, rappresenta la terza causa di morte a livello mondiale per entrambi i sessi, e la prima causa di invalidità negli adulti.

L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE

La prevenzione gioca un ruolo fondamentale! Sia che in famiglia siano presenti uno o più casi di ICTUS, sia che non lo siano, il consiglio è quello di attuare una prevenzione completa contro le malattie cardiovascolari in genere. Ciò che è necessario fare per una corretta prevenzione è:

•             Cambiare stile di vita, adottando abitudini più sane come una corretta alimentazione: diversi studi scientifici dimostrano come una dieta equilibrata prevede la riduzione del consumo di grassi e condimenti di origine animale, privilegiando i grassi di origine vegetale come l’olio extravergine d’oliva, la riduzione del consumo di carni rosse, fritti e zucchero, aumentando il consumo di pesce, frutta e verdura, cereali integrali e legumi. Occorre anche ridurre fortemente il consumo di sale e limitare gli alcolici.

•             Smettere di fumare: secondo l’American Heart Association le patologie cardiovascolari hanno un’incidenza del 70% in più nei fumatori rispetto ai non fumatori. In generale dopo 5 anni da quando si smette di fumare, il rischio ICTUS si riduce al pari di quello di un non fumatore.

•             Fare attività fisica: Quando si parla di attività fisica, non ci si riferisce esclusivamente agli esercizi aerobici come il jogging, il footing, il nuoto, ma anche ad altre attività che si effettuano quotidianamente quali salire le scale, parcheggiare l’auto lontano, fare giardinaggio, ecc….

In ultimo e di rilevante importanza è il consiglio di eseguire regolarmente esami di screening e controllo di glicemia e colesterolo ma soprattutto il monitoraggio giornaliero di Pressione Arteriosa e Fibrillazione Atriale, con misurati clinicamente validati e precisi.

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PREECLAMPSIA O GESTOSI, UNA COMPLICANZA DELLA GRAVIDANZA LEGATA ALL’IPERTENSIONE ARTERIOSA

La preeclampsia, comunemente conosciuta con il termine gestosi, è una complicazione legata alla gravidanza e potenzialmente pericolosa sia per la mamma sia per il neonato. Alla base della malattia si riconosce un’alterazione nello sviluppo della placenta e dei vasi sanguigni che la irrorano, che può danneggiare lo scambio materno-fetale e rallentare la crescita del feto all’interno dell’utero.

La preeclampsia si manifesta raramente prima della 20° settimana di gravidanza. Frequentemente compare dopo 24-26 settimane, abitualmente verso la fine della gravidanza. Si può verificare, seppure più raramente, anche nelle prime sei settimane dopo il parto.

 I segnali iniziali della preeclampsia possono includere: pressione alta (Ipertensione Arteriosa) e presenza di proteine nelle urine (proteinuria) che vengono rilevate durante le visite e i controlli periodici previsti in gravidanza.

In alcuni casi, possono comparire anche dei disturbi (sintomi) come:

  • dolore addominale,
  • forte mal di testa,
  • nausea e vomito,
  • visione offuscata o lampi visivi,
  • tremori alle mani,
  • aumento di peso di oltre 5 chili in una settimana,
  • dolore sotto le costole,
  • dolorabilità al fegato.

Se si nota la comparsa di uno di questi sintomi è importante rivolgersi immediatamente al proprio medico curante.  Anche se nella maggior parte dei casi la preeclampsia non provoca altri problemi e migliora subito dopo il parto, il rischio che possano verificarsi complicazioni gravi, sia per la madre che per il bambino, esiste.

FATTORI DI RISCHIO PREECLAMPSIA

Le cause della preeclampsia non sono ancora note. Tra i fattori che possono aumentare la probabilità di sviluppare la preeclampsia sono state individuate:

  • diabete
  • pressione alta
  • riduzione delle piastrine (<100.000/mm3)
  • danni nella funzionalità del fegato (livelli di transaminasi raddoppiati rispetto alla concentrazione normale)
  •  insufficienza renale (creatinina sierica >1,1 mg/dl)
  • obesità
  • sindrome da anticorpi antifosfolipidi (una malattia autoimmune)
  • preeclampsia in una precedente gravidanza
  • avere familiari che hanno avuto la preeclampsia (storia familiare per la malattia)
  • età oltre i 40 anni
  • gravidanza gemellare

Non è ancora possibile prevenire efficacemente la preeclampsia. Tuttavia, il modo più efficace per identificare la preeclampsia è la verifica dei fattori di rischio noti per riconoscere prima possibile le donne che potrebbero esserne colpite e indirizzarle ad ambulatori specialistici che le seguano strettamente nel primo trimestre di gravidanza, quando vi è ancora possibilità di modificare una anomalia nella formazione della placenta. L’accertamento della malattia è eseguito facilmente mediante il controllo della Pressione Arteriosa e l’esecuzione di esami del sangue e delle urine prescritti dal medico.

PREVENZIONE

Occorre migliorare la consulenza da offrire attivamente alle donne in gravidanza, con particolare attenzione alle persone a rischio e/o con Pressione Alta, per promuovere la conoscenza sulla preeclampsia e sull’importanza di individuarla il prima possibile (diagnosi precoce). Tutte le donne, prima e dopo il parto, devono ricevere informazioni sui segni e sui disturbi che essa provoca e, qualora sospettino di esserne colpite, sull’importanza di segnalarlo rapidamente ai professionisti sanitari che le seguono in gravidanza.

UN SEMPLICE GESTO: IL MONITORAGGIO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA

La Pressione Arteriosa deve essere rilevata periodicamente in tutte le donne in gravidanza, specialmente se a rischio di preeclampsia. Può essere misurata utilizzando apparecchi ambulatoriali o anche comodamente da casa con misuratori accurati e precisi, validati per la misurazione della pressione in gravidanza.

Le donne devono essere istruite sulle modalità appropriate del controllo e dell’interpretazione dei valori della Pressione Arteriosa con particolare riguardo al riconoscimento dei segnali di allarme che richiedono il coinvolgimento di un medico. Per il monitoraggio della Pressione Arteriosa è importante tenere presente che in gravidanza si considera normale una pressione <140/90 mmHg.

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DIFFERENZE TRA ICTUS E ANEURISMA CEREBRALE

L’ICTUS emorragico è il risultato della rottura di un vaso sanguigno a livello del cervello. Si tratta dell’ICTUS meno frequente ma più pericoloso.
Le cause possono essere differenti:

  • improvviso aumento della Pressione Arteriosa (in questo caso si verifica spesso un’emorragia cerebrale)
  • rottura di un aneurisma, cioè di una porzione della parete di un’arteria malformata
  • alterata coagulazione del sangue, per esempio dopo un trattamento con farmaci anticoagulanti.

L’aneurisma cerebrale è quindi una delle possibili cause di ICTUS emorragico.

Aunerisma celebrale

L’Aneurisma è una piccola area della parete di un’arteria cerebrale, danneggiata ed indebolita che si dilata formando una “sacca”. In seguito a sollecitazioni della Pressione Arteriosa, l’aneurisma può crescere e rompersi provocando una fuoriuscita di sangue e causando una Emorragia Subaracnoidea.

Gli aneurismi più piccoli di solito non danno sintomi. Ma se questi si ingrandiscono, possono causare cefalea; e se diventano molto grandi, possono comprimere il tessuto cerebrale o i nervi adiacenti, con disturbi della visione, formicoli o debolezza agli arti, problemi di memoria, disturbi della parola e crisi convulsive.

La rottura di un aneurisma è molto pericolosa perché causa un’emorragia cerebrale spesso fatale. Il sintomo più comune è un mal di testa forte e improvviso, come «una pugnalata alla testa», nausea, vomito, rigidità alla testa e anche perdita di coscienza. Non si conosce l’esatta causa del sanguinamento di un aneurisma né si può prevedere la sua rottura. Le seguenti condizioni aumentano il rischio di sanguinamento:

  • Aumento della pressione arteriosa in seguito ad uno sforzo o ad una forte emozione
  • Farmaci anticoagulanti oppure l’utilizzo di droghe

Si stima che una persona ogni 15 conviva con un aneurisma cerebrale senza saperlo, ma il rischio di rottura è molto basso se l’aneurisma ha un diametro sotto il centimetro.

Terapie e interventi

  • Terapia medica: se ci si trova di fronte ad aneurismi piccoli, non rotti che non producono sintomi elevati possono essere controllati e trattati solo se tendono a crescere, causano sintomi clinici oppure si rompono. In questi casi è molto importante un abituale monitoraggio della Pressione Arteriosa e un controllo annuale della colesterolemia così come indagini strumentali periodiche per controllare eventuali variazioni di dimensione e forma.
  • Intervento Neurochirurgico: il paziente è posto in anestesia generale e viene praticata una piccola apertura nel cranio; parte del tessuto cerebrale viene delicatamente spostato e l’aneurisma esposto chirurgicamente. Per un intervento senza complicazioni la degenza in ospedale è di circa sette giorni. Una ripresa completa si ha normalmente entro 4-6 settimane.
  • Intervento Endovascolare: l’aneurisma può essere trattato dall’interno del vaso. Questa procedura inizia con un’angiografia, ovvero mediante un micro-catetere che viene introdotto attraverso le arterie all’interno dell’aneurisma. La degenza in ospedale dopo l’intervento senza complicanze è usualmente di circa 7 giorni.

Possibili complicanze del trattamento di un aneurisma

Fino a quando l’aneurisma non è stato completamente espulso dal circolo ematico, c’è sempre il rischio di nuovi sanguinamenti, causa di ulteriori danni cerebrali. Il trattamento dell’aneurisma presenta dei rischi di mortalità e di danni cerebrali, sovrapponibili per le due modalità di trattamento, i quali possono presentarsi come: debolezza o paralisi agli arti, difficoltà nel parlare o nel comprendere il linguaggio, perdita della vista, dell’olfatto, confusione, perdita della memoria e/o crisi convulsive.

La prevenzione rimane sempre l’arma fondamentale contro l’ICTUS. Un esempio? L’80% degli ICTUS si verifica nelle persone ipertese. Ecco perché controllare e abbassare la pressione sanguigna è la prima mossa da mettere in atto insieme ad uno stile di vita salutare, all’eliminazione del fumo e al controllo del peso.

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FIBRILLAZIONE ATRIALE E TIROIDE, UNA CORRELAZIONE ORMAI DIMOSTRATA

Le disfunzioni della tiroide e nello specifico l’ipertiroidismo sono da sempre associati a varie patologie come l’Ipertensione, l’insufficienza cardiaca, la Fibrillazione Atriale e in generale a malattie cerebrovascolari.

La funzione tiroidea viene valutata clinicamente misurando la tireotropina, che regola i livelli di ormone tiroideo (tiroxina libera – FT4 e triodotironina -FT3), entrambi prodotti dall’ipofisi. Si parla di ipertiroidismo quando ci sono bassi livelli di tireotropina sierica (TSH) e si parla di ipotiroidismo con alti livelli di tireotropina.

Nel 2019 sono stati pubblicati su Jama due studi genetici indipendenti molto importanti che hanno individuato un rapporto causale tra funzione tiroidea e Fibrillazione Atriale.
Il primo studio a cui facciamo riferimento è quello pubblicato da Christina Ellervik e i suoi colleghi del Boston Children’s Hospital e della Harvard Medical School: il gruppo guidato dalla Ellervik ha condotto un’analisi sulla randomizzazione mendeliana incentrata sulla funzione tiroidea e sulla Fibrillazione Atriale, per comprendere se i punteggi di rischio genetico associati alla funzione tiroidea fossero anche associati al rischio di Fibrillazione Atriale.

È emerso che gli aumenti geneticamente previsti di FT3/ FT4 non erano associati a maggiori probabilità di Fibrillazione Atriale, mentre aumenti geneticamente previsti della tireotropina geneticamente aumentata (TSH), erano associati a diminuzioni di Fibrillazione Atriale.

L’ipotiroidismo congenito è risultato associato a un ridotto rischio di Fibrillazione Atriale mentre l’ipertiroidismo congenito non è risultato significativamente associato al rischio di insorgenza di Fibrillazione Atriale.

Sempre nello stesso periodo una seconda ricerca portata avanti da Joe-Elie Salem dell’ospedale Pitie-Salpetriere di Parigi ha valutato il possibile legame tra i livelli di tirotropina geneticamente determinati e la Fibrillazione Atriale e ha sottolineato che una crescita dei livelli di tireotropina geneticamente previsto (ipotiroidismo) è associato alla diminuzione delle probabilità di Fibrillazione Atriale.

In conclusione entrambi gli studi (indipendenti tra loro) suggeriscono che ci sia un’effettiva associazione causale tra funzione tiroidea e Fibrillazione Atriale e che ogni variazione della funzione tiroidea geneticamente determinata è un fattori di rischio per l’insorgere della Fibrillazione Atriale anche se rimane ancora da capire l’agente causale specifico nel legame tra tiroide e Fibrillazione Atriale.

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LE RACCOMANDAZIONI DELLE ULTIME LINEE GUIDA EUROPEE SULLA PREVENZIONE DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI

A cura di
Dott. Giuliano Ermini
Presidente provinciale a Bologna della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG). Ha portato avanti più di 20 pubblicazioni a stampa in tema di prevenzione cardiovascolare, fibrillazione atriale, scompenso cardiaco e gastroenterologia.


Le malattie cardiovascolari (MCV) sono la prima causa di malattia e di morte in tutto il mondo occidentale.

 Già dagli anni Cinquanta del secolo scorso sono stati identificate situazioni, definite fattori di rischio, maggiormente collegate all’insorgenza di queste malattie il cui denominatore comune è la perdita della normale integrità e funzione delle arterie (arteriosclerosi) con i danni ad essa correlati, gli infarti e gli ICTUS sono i più noti. Molte di queste situazioni sono legate ad abitudini e modi di vivere, i cosiddetti stili di vita, riconosciuti come nocivi per la salute.

I fattori di rischio per le malattie cardiovascolari (FRCV) si definiscono modificabili quando un cambiamento dello stile di vita o un adeguato trattamento possono ridurre la probabilità di malattia, mentre si definiscono non modificabili quelli legati all’età ed alla genetica (essenzialmente sesso e familiarità). È esperienza comune, e quasi superfluo dire, che le MCV aumentino con l’età, come peraltro quasi tutte le malattie, e che colpiscano le femmine in media dieci anni dopo i maschi.  Tutti questi fattori, modificabili e non, entrano nella valutazione globale del rischio cardiovascolare e delle azioni che devono essere intraprese perché se ne ottenga una riduzione; l’età è comunque il fattore di rischio principale.

I maggiori FRCV e causa delle MCV sono il colesterolo LDL, l’ipertensione arteriosa, il fumo di sigaretta, il diabete e l’adiposità che agisce anche attraverso i quattro fattori precedenti. Esistono anche molti altri fattori di rischio (depressione, fragilità, famigliarità, inquinamento, ecc) che però non riuscendo ancora ad essere misurati con parametri precisi e condivisi non vengono presi in considerazione nelle elaborazioni statistiche che definiscono la probabilità di avere nel tempo una MCV.

Scopo delle Linee Guida Europee per la prevenzione delle MCV (1) è quello di identificare i soggetti maggiormente a rischio di queste malattie sia, soprattutto, per cercare di evitare un primo evento in una persona apparentemente in salute (prevenzione primaria), sia per evitarlo in chi ne ha già avuto uno (prevenzione secondaria).

Per raggiungere questo scopo è stato elaborato un sistema a punteggio attraverso un’analisi statistica (durata dal 1990 al 2009 e comprendente più di 11 milioni di persone, fra le quali vi sono stati circa 43000 eventi cardiovascolari) che valuta la probabilità personale di avere un infarto miocardico o un ictus nei 10 anni successivi alla valutazione. Questo sistema a punteggio, che vale per le persone dai 40 ai 69 anni, è stato chiamato SCORE2 (2) (figura) ed è un perfezionamento del precedente proposto nel 2003: SCORE (Systematic COronary Risk Evaluation) che si limitava a calcolare solo la probabilità di morte causata dagli stessi eventi. È stato anche elaborato un sistema a punteggio per persone con più di 70 anni, chiamato SCORE-OP (Older People), questo perché con l’invecchiamento aumentano anche rischi di morte dovuti ad altre malattie (chiamati ‘rischi in competizione’) e diminuisce quindi la probabilità di eventi letali collegati solo ad infarto od ictus.

I punteggi SCORE2 e SCORE-OP si applicano alle persone apparentemente in salute e vengono calcolati valutando l’età, il sesso, la presenza o meno del fumo attivo (basta anche solo 1 sigaretta al giorno), i valori della pressione arteriosa sistolica (la cosiddetta pressione ‘massima’) e del colesterolo non HDL, valore che si ottiene sottraendo dal colesterolo totale il colesterolo HDL. Si usa il colesterolo non HDL perché identifica meglio la lipoproteina B che è la proteina ricca di colesterolo LDL che depositandosi nelle arterie ne determina maggiormente il danno.

In base al punteggio, espresso in percentuale, si identifica una fascia di rischio che può variare da basso a moderato, alto e molto alto; in base a questo si valutano le misure da prendere per provare a ridurre il RCV (tabella). Indipendentemente dai valori di rischio ottenuti, quindi anche per chi ha un rischio basso, si dovrà comunque sempre raccomandare per tutti l’abolizione del fumo di sigaretta, il mantenimento della pressione arteriosa sistolica al di sotto dei 160 mmHg e l’adozione di uno stile di vita salutare. Per quanto riguarda gli stili di vita, viene raccomandato di seguire la dieta mediterranea, la restrizione dell’alcol a 100g la settimana (dieci bicchieri di vino o bicchierini di superalcolici), di mangiare pesce almeno una volta a settimana, di ridurre l’uso di sale e di zuccheri semplici e di bibite zuccherate, di fare attività fisica (basta camminare svelti) per 30 minuti almeno 5 giorni a settimana. Nelle persone sovrappeso (con indice di massa corporea o BMI superiore a 25) e obese (con BMI maggiore di 30 o con circonferenza addominale maggiore di 102 cm per gli uomini e maggiore di 88 per le donne) si raccomanda la riduzione di almeno il 5-10% del peso iniziale ed il suo mantenimento.

In caso di rischio alto e molto alto, si raccomanda di raggiungere valori di pressione sistolica al di sotto dei 140mmHg e si consiglia di portare il colesterolo LDL al di sotto dei 70 mg/dL con tendenza a raggiungere valori inferiori a 55 mg/dL negli individui a rischio molto alto, nell’ottica del ‘più basso è meglio’ (lower is better)

  < 50 anni    50 – 69 anni   ? 70 anni
Rischio CV Basso-moderato Trattamento non raccomandato   < 2,5%   < 5%   < 7,5%
Rischio CV Alto Trattamento consigliato   >2,5% <7,5%   >5% <10%   >7,5% <15%
Rischio CV Molto alto Trattamento raccomandato   >7,5%   >10%   >15%

Le persone diabetiche sono considerate già a rischio alto o molto alto. Oltre agli stili di vita adeguati sono raccomandati interventi che riducano i valori di emoglobina glicata sotto il 7% (o sotto i 53 se viene calcolata in millimoli), di pressione arteriosa almeno sotto i 140 mmHg, ma con tendenza ad ottenere valori ottimali fra 120 e 130mmHg, mentre per quanto riguarda i valori di colesterolo LDL si raccomanda di raggiungere valori minori di 70 mg/dL o la riduzione del 50% dei valori di partenza se questo era già basso; la tendenza anche qui è di raggiungere valori di colesterolo LDL inferiori a 55mg/dL

Chi ha già avuto un infarto o un ictus è a rischio molto alto ed i valori di colesterolo LDL raccomandati sono inferiori a 55 mg/dL, i valori pressori da ottenere e mantenere sono come quelli delle persone con diabete.

Nelle linee guida si sottolinea come questi valori considerati ottimali si riescono a raggiungere, oltre che con l’assunzione di stili di vita adeguati, spesso con l’uso di trattamenti farmacologici sia per abbassare la pressione arteriosa che per abbassare i valori del colesterolo.

Una parte non secondaria delle raccomandazioni è rivolta ai decisori politici nazionali e locali. La prevenzione delle malattie non è compito solo dei sanitari (ad esempio, se viene raccomandata l’attività fisica e mancano strutture adeguate o piste pedonali e ciclabili che proteggano dai pericoli della strada sarà poi difficile praticarla), ma deve vedere coinvolte anche le strutture educative, economiche, sociali e  politiche che attraverso l’adozione di politiche adeguate (come la legge che ha vietato il fumo nei locali pubblici) possano favorire gli stili di vita più salutari.

  1. 2021 ESC Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice. Eur Heart J 2021; 00: 1-111
  2. SCORE2 risk prediction algorithms: new models to estimate 10-year risk of cardiovascular disease in Europe. Eur Heart J 2021; 42: 2439-2454
Valentina Pasquali Nessun commento

PRESSIONE ALTA E FREDDO… È VERO CHE IL FREDDO FA SALIRE LA PRESSIONE?

La risposta è sì: le basse temperature hanno un’influenza negativa sulla Pressione Arteriosa, che tende a salire rispetto ai mesi caldi. Chi soffre di pressione alta quindi in inverno deve prestare particolare attenzione, perché potrebbero salire ulteriormente i valori e salire e di conseguenza potrebbe essere necessario adeguare la terapia in corso.

Ma perché il freddo influenza i valori della Pressione Arteriosa? La pressione dipende principalmente da due fattori:

  1. La frequenza cardiaca
  2. La resistenza dei vasi sanguigni al passaggio del sangue.

Il caldo provoca una dilatazione dei vasi sanguigni e quindi permette alla pressione di abbassarsi. Il freddo al contrario causa un restringimento dei vasi arteriosi e la pressione deve alzarsi per far scorrere il sangue nelle vene ristrette. A questo andamento fisiologico spesso si aggiungono anche fattori esterni come il fatto che in inverno si sta meno all’aria aperta, si fa una vita meno attiva e si tende a mangiare di più e meno sano, con un conseguente aumento di peso.
La crescita dei valori della pressione in inverno può diventare quindi un problema per chi già soffre di ipertensione e segue una terapia, ma anche per chi non ne soffre normalmente ma potrebbe veder alzarsi la propria pressione a causa delle temperature rigide.

I SINTOMI A CUI PRESTARE ATTENZIONE

Spesso l’Ipertensione è asintomatica, ma alcuni fastidi non vanno sottovalutati, perché se compaiono possono essere il segnale di un aumento dei valori della pressione:

  • Mal di testa, nello specifico al mattino al risveglio
  • Vertigini
  • Ronzii alle orecchie
  • Vista annebbiata
  • Sensazione di stordimento
  • Sangue dal naso
  • Fiato corto
  • Sensazione di pulsazioni nel collo o nella testa

Se si sperimenta uno o più di questi sintomi è bene misurare subito la pressione e se si riscontrano valori elevati (o più elevati del solito) bisogna rivolgersi al più presto al proprio medico, che potrà adeguare la terapia in corso ai nuovi valori o decidere come procedere. Questo per prevenire le conseguenze più gravi della Pressione Alta, come danni cardiovascolari, insufficienza cardiaca, infarto, Ictus, ma anche danni alla vista e ai reni. Ricordiamo a tutti che i valori normali della pressione si attestano sui 115-140 mmHG come massima e 75-90 mmHg come minima. Si parla di Ipertensione con valori di 40-90 mmHg o più.

PREVENIRE L’AUMENTO DELLA PRESSIONE IN INVERNO

Non si può sicuramente agire sul restringimento dei vasi sanguigni dovuto al freddo, ma si può prestare attenzione alle proprie abitudini di vita per prevenire un brusco aumento della pressione con conseguenze rischiose per la propria salute.

Una buona abitudine è quella di proteggersi bene dal freddo se si sta all’aria aperta, cercando di uscire nelle ore più calde e di fare almeno 30 minuti di attività fisica al giorno.
Anche in inverno bisogna infatti cercare di mantenere una vita attiva e poco sedentaria, insieme a una dieta sana, con pochi zuccheri, pochi grassi e poco sale.

Se lo stile di vita da solo non basta e in inverno si assiste a una crescita dei valori della propria pressione allora è bene consultare rapidamente il medico per valutare se modificare il proprio piano terapeutico.

Valentina Pasquali Nessun commento

GIORNATA MONDIALE CONTRO L’ICTUS 2021

Il 29 Ottobre 2021 sarà il World Stroke Day, ovvero la Giornata Mondiale contro l’ICTUS, organizzato come ogni anno dalla World Stroke Organization, l’unico organismo globale focalizzato esclusivamente sull’ictus. In tutto il mondo esistono associazioni come la World Stroke Organization (WSO) che ogni giorno lottano contro questa terribile malattia cercando sensibilizzare la popolazione e il sistema Sanitario alla cura, all’assistenza e soprattutto alla prevenzione dell’ICTUS.

Questa giornata ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sull’ICTUS. Ma come possiamo, nel nostro piccolo, cercare di fare prevenzione prima che sia troppo tardi? Fare prevenzione all’ICTUS significa tutelare il proprio benessere attraverso uno stile di vita sano, seguendo una dieta bilanciata ed equilibrata, facendo movimento, evitando di fumare e controllando regolarmente pressione arteriosa, Fibrillazione Atriale, glicemia e colesterolo.

Lo stile di vita è la base di partenza di ogni azione di prevenzione dell’ICTUS perché è da lì che deriva la presenza o meno dei principali fattori di rischio ICTUS, che sono perlopiù modificabili, controllabili o curabili.

SEGUIRE UNA DIETA EQUILIBRATA

L’alimentazione ha una grandissima influenza sulla salute e sul benessere ed è responsabile di molti dei fattori di rischio ICTUS come diabete, colesterolo alto, ipertensione e sovrappeso. Grazie al contributo della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), si è scoperto che una corretta alimentazione aiuterebbe a prevenire anche l’ICTUS. Una dieta sana ed equilibrata contribuisce anche a ridurre il peso corporeo, un’altra buona norma nella prevenzione dell’ICTUS.

Studi scientifici dimostrano come una dieta equilibrata prevede la riduzione del consumo di grassi e condimenti di origine animale, privilegiando i grassi di origine vegetale come l’olio extravergine d’oliva, la riduzione del consumo di carni rosse, fritti e zucchero, aumentando il consumo di pesce, frutta e verdura, cereali integrali e legumi. Occorre anche ridurre fortemente il consumo di sale e limitare gli alcolici.

FARE ATTIVITA’ FISICA

L’attività fisica moderata dovrebbe essere alla base di uno stile di vita sano. Ognuno deve scegliere l’attività fisica più adatta al proprio fisico, alla propria età, alle eventuali patologie: il nuoto o la camminata veloce per almeno 2-3 volte a settimana per stimolare l’organismo a mettere in moto tutti i meccanismi necessari a garantire il miglioramento del funzionamento dell’apparato cardiocircolatorio e quindi del cuore. Quando si parla di attività fisica, non ci si riferisce esclusivamente agli esercizi aerobici come il jogging, il footing, il nuoto, ma anche ad altre attività che si effettuano quotidianamente quali salire le scale, parcheggiare l’auto lontano e camminare a piedi, il giardinaggio.

Un’attività fisica regolare consente di moderare il peso, abbassare la pressione, ridurre il colesterolo cattivo a favore di quello buono, diminuire i grassi nel sangue e rafforzare i vasi sanguigni. In poche parole uno stile di vita attivo è fondamentale per ridurre i fattori di rischio ICTUS.

SMETTERE DI FUMARE

Secondo l’American Heart Association le patologie cardiovascolari hanno un’incidenza del 70% in più nei fumatori rispetto ai non fumatori. Il fumo di sigaretta, infatti ha un ruolo diretto nell’ispessimento e nell’indurimento dei vasi sanguigni, rendendo i percorsi più stretti e generando quindi maggiore sforzo per il cuore (battito cardiaco aumentato) e favorendo l’insorgere di ipertensione arteriosa e coaguli di sangue.

In generale dopo 5 anni da quando si smette di fumare, il rischio ICTUS si riduce al pari di quello di un non fumatore, per cui vale sempre la pena smettere di fumare, a qualunque età!

CONTROLLARE REGOLARMENTE LA PRESSIONE E LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Ipertensione e Fibrillazione Atriale sono i due principali fattori di rischio ICTUS.

La Pressione andrebbe controllata con regolarità e se le modifiche allo stile di vita e all’alimentazione non sono sufficienti per mantenerla nei valori consigliati, allora è necessario consultare il proprio medico per la terapia più appropriata da seguire. Inoltre, per lo screening e la prevenzione del rischio ICTUS è fondamentale tenere monitorata l’insorgenza della Fibrillazione Atriale. Gli studi hanno dimostrato che il 20% degli ICTUS ischemici sono causati da questa aritmia cardiaca prevalentemente asintomatica.

Esistono in commercio alcuni apparecchi per la misurazione della pressione molto precisi e scientificamente validati anche per la rilevazione della Fibrillazione Atriale, per cui basta dotarsi di uno di questi misuratori o rivolgersi al proprio farmacista. In caso di rilevazione della Fibrillazione Atriale bisogna affidarsi subito al proprio medico, che individuerà la terapia farmacologica più adatta a ciascun paziente.

La prevenzione può davvero salvare una vita!

Valentina Pasquali Nessun commento

MISURAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA E SCREENING DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

A cura di
Prof. Stefano Omboni
Istituto Italiano di Telemedicina e Department of Cardiology, Sechenov First Moscow State Medical University


SCREENING DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE MEDIANTE MISURAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA

Tradizionalmente il modo più semplice ed utilizzato per effettuare uno screening della fibrillazione atriale è la palpazione del polso radiale, che andrebbe effettuata in maniera opportunistica nei soggetti di età ?65 anni e in maniera sistematica nei soggetti di età ?75 anni o di ogni età con fattori di rischio per ictus. Il limite di questo approccio è la bassa specificità, cioè l’alta percentuale di falsi positivi (tra il 20 e il 30%). Altre tecnologie di screening che includono elettrocardiografi portatili monocanale, smartwatch, o app che rilevano la forma d’onda pulsatile del dito mediante la fotocamera dello smartphone si sono rivelate utili, anche se non sempre facilmente reperibili. Questi strumenti peraltro necessitano di un’attenta collaborazione del paziente in fase di rilevazione per evitare artefatti ed inaccuratezze.

Negli ultimi anni è stata introdotta una nuova e semplice forma di screening basata su una tecnologia di rilevazione della fibrillazione atriale mediante misurazione automatica della pressione al braccio. Il successo di questa metodica è legata a vari fattori. In primo luogo, la misurazione della pressione arteriosa sia nell’ambulatorio medico che a casa è una pratica piuttosto comune, soprattutto negli anziani, e quindi il potenziale accesso a questa metodica di screening risulta piuttosto ampio nella popolazione. In secondo luogo, l’ipertensione arteriosa, una condizione molto diffusa nella popolazione anziana, può raddoppiare il rischio di fibrillazione atriale, e quindi la probabilità di rilevare questa condizione in un iperteso durante la misurazione della pressione aumenta rispetto ad un soggetto normoteso. In terzo luogo, essendo basata su una procedura semplice che non necessita di particolare attenzione da parte del paziente risulta più accurata di altre metodologie di screening. Infine, questa metodica di screening della fibrillazione atriale ha dimostrato una bassa percentuale di falsi negativi (5%) e di falsi positivi (6%) (1, 2).

Va ricordato che, indipendentemente dal tipo di approccio allo screening utilizzato, la diagnosi deve essere sempre confermata da un tracciato ECG su singola derivazione della durata di almeno 30 sec o da un ECG a 12 derivazioni, valutato da un medico esperto nell’interpretazione di anomalie del ritmo cardiaco.

RECENTI EVIDENZE DELL’IMPORTANZA DELLO SCREENING DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE MEDIANTE MISURAZIONE AUTOMATICA DELLA PRESSIONE

La fibrillazione atriale si presente in circa un terzo dei pazienti in forma asintomatica (o silente). Per identificare questa forma molto pericolosa è necessario uno screening sistematico dei soggetti a rischio.

Per questa ragione in un recente studio prospettico Italiano è stata valutata l’incidenza di fibrillazione atriale silente in 14.987 anziani di età ?65 anni (3). Ai pazienti veniva misurata la pressione arteriosa con un misuratore Microlife Watch BP Office dotato di tecnologia per la rilevazione della fibrillazione atriale. In caso di positività per fibrillazione atriale, la stessa veniva confermata da un elettrocardiogramma effettuato da un cardiologo presso il pronto soccorso. L’incidenza di ogni forma di fibrillazione atriale è risultata in linea con quanto noto a livello epidemiologico (2.25% pazienti anno). L’aritmia è risultata più frequente nei maschi anziani, obesi, e nei pazienti con precedente ictus, scompenso cardiaco e insufficienza renale cronica. In uno su quattro pazienti con fibrillazione atriale (0.56% pazienti anni sul totale) è stata diagnosticata una forma silente. Questa era più frequente nelle donne, in età più avanzata (>80 anni), e nei soggetti con valori pressori sistolici più elevati, confermando l’importanza dell’ipertensione arteriosa nella genesi della fibrillazione atriale.

Questo studio ha confermato l’utilità della tecnologia Microlife AFIB nell’ambulatorio medico, per effettuare lo screening della fibrillazione atriale.

APPROCCIO ALLO SCREENING DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE CON LA TECNOLOGIA MICROLIFE AFIB

La rilevazione di fibrillazione atriale risultata tanto più accurata quante più misurazioni vengono effettuate. Una misurazione isolata identificata come affetta da aritmia da fibrillazione atriale non è sufficiente per sospettare la presenza di questa aritmia, soprattutto nei soggetti giovani nei quali l’aritmia respiratoria può mimare una fibrillazione atriale.

E’ quindi necessario effettuare una sequenza di almeno tre misurazioni e in almeno due su tre di esse deve essere rilevata la presenza di una possibile fibrillazione atriale (4, 5). Una proposta di corretta procedura di screening è schematizzata in figura.

Nella maggior parte degli apparecchi Microlife AFIB validati per la rilevazione della Fibrillazione Atriale il tempo di attesa tra una misurazione e l’altra è di 15 secondi.

Ovviamente, essendo la metodica basata sulla misurazione della pressione utile esclusivamente per lo screening, ma non per la diagnosi definitiva di fibrillazione atriale, questa deve essere confermata da un elettrocardiogramma, come precedentemente indicato.

Riferimenti bibliografici

1.      Stergiou GS, Kyriakoulis KG, Stambolliu E, Destounis A, Karpettas N, Kalogeropoulos P, Kollias A. Blood pressure measurement in atrial fibrillation: review and meta-analysis of evidence on accuracy and clinical relevance. J Hypertens. 2019;37(12):2430-41.

2.      Clark CE, McDonagh STJ, McManus RJ. Accuracy of automated blood pressure measurements in the presence of atrial fibrillation: systematic review and meta-analysis. J Hum Hypertens. 2019;33(5):352-64.

3.      Denas G, Battaggia A, Fusello M, Franco-Novelletto B, Cancian M, Scalisi A, Pengo V. General population screening for atrial fibrillation with an automated rhythm-detection blood pressure device. Int J Cardiol. 2021;322:265-70.

4.      Omboni S, Verberk WJ. Opportunistic screening of atrial fibrillation by automatic blood pressure measurement in the community. BMJ Open. 2016;6(4):e010745.

5.      Verberk WJ, Omboni S, Kollias A, Stergiou GS. Screening for atrial fibrillation with automated blood pressure measurement: Research evidence and practice recommendations. Int J Cardiol. 2016;203:465-73.