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FIBRILLAZIONE ATRIALE: MODALITA’ DI SCREENING E GESTIONE

A cura di
Prof. Stefano Omboni
Istituto Italiano di Telemedicina e Scientific Research Department of Cardiology, Sechenov First Moscow State Medical University

Definizione

La Fibrillazione Atriale è la più comune alterazione del battito cardiaco dell’adulto. In questa aritmia cardiaca, due delle quattro camere cardiache (gli atri) perdono la capacità di contrarsi in modo coordinato con il resto del cuore causando un ristagno di sangue al loro interno. Ciò aumenta il rischio della formazione di coaguli di sangue che possono essere immessi dal cuore nella circolazione sanguigna, arrivare al cervello, ostruendo le arterie cerebrali e causando la più grave complicanza di questa aritmia: l’ICTUS cerebrale.

La Fibrillazione Atriale è una condizione spesso asintomatica, cioè non dà disturbi e quindi è particolarmente pericolosa perché la persona che ne soffre non ne è consapevole e non viene sottoposta alle terapie del caso, con il conseguente aumento del rischio di malattie cardiovascolari e ICTUS.

Altre gravi conseguenze della Fibrillazione Atriale sono lo scompenso cardiaco e la morte improvvisa. La Fibrillazione Atriale inoltre si associa ad una ridotta qualità della vita.

Epidemiologia

La Fibrillazione Atriale colpisce mediamente il 2-4% degli adulti (45-50 milioni di persone nel mondo), con un rischio crescente con l’età: 1 persona su 3, oltre i 55 anni, presenta un aumentato rischio di sviluppare una Fibrillazione Atriale. Si prevede un incremento nei prossimi anni dei casi di Fibrillazione Atriale di 2,3 volte. In genere i maschi sono più frequentemente colpiti rispetto alle femmine, così come gli individui di etnia caucasica. Si stima inoltre che il 20-30% dei pazienti con ICTUS sia affetto da Fibrillazione Atriale.

Per quanto riguarda l’Italia, la Fibrillazione Atriale colpisce 1 milione di persone, con 120 mila nuovi casi ogni anno.

Esistono varie condizioni che espongono un individuo ad aumentato rischio di Fibrillazione Atriale. Di fatto questi fattori agiscono a livello cardiaco causando modifiche a livello atriale (rimodellamento e fibrosi) che predispongono all’insorgenza della Fibrillazione.

Figura. Principali fattori di rischio per Fibrillazione Atriale

Classificazione della Fibrillazione Atriale

La Fibrillazione Atriale è asintomatica in circa un terzo dei pazienti, una situazione pericolosa perché il soggetto non si cura aumentando notevolmente il rischio di ICTUS. Inoltre non raramente la Fibrillazione Atriale si presenta in forma “parossistica” (viene e poi scompare), il che rende la diagnosi ancora più difficile. Tradizionalmente si identificano cinque forme di Fibrillazione Atriale in base alle modalità di esordio, durata e termine degli episodi.

Tipo di fibrillazione atriale Definizione
Di prima diagnosi Forma mai diagnosticata in precedenza, sia essa sintomatica o asintomatica, di breve o lunga durata
Parossistica Forma che termina spontaneamente o a seguito di un intervento medico entro 7 giorni dall’esordio
Persistente Forma sostenuta e continua oltre i 7 giorni
Persistente di lunga durata Forma continua della durata di più di 12 mesi
Permanente Forma che viene accettata dal paziente e dal suo curante senza tentativi di ripristinare il normale ritmo cardiaco

Sintomi

I sintomi più frequenti di esordio della Fibrillazione Atriale sono le palpitazioni (senso di battito cardiaco “strano”, irregolare o veloce), la dispnea (difficoltà nel respirare, anche per brevi e semplici sforzi) e l’astenia (facile affaticamento). Altri sintomi meno frequenti sono l’oppressione o dolore toracico, le vertigini, la sincope (svenimento) e i disturbi del sonno (es. insonnia, russamento, ecc.).

I sintomi sono più frequenti ed importanti nei pazienti con forme parossistiche (80% dei casi) rispetto ai pazienti con forme permanenti (51%).

Screening e diagnosi

Essendo la Fibrillazione Atriale non di rado asintomatica e associata ad alto rischio di ICTUS, lo screening precoce dei soggetti a rischio risulta fondamentale.

Il modo più semplice per verificare la presenza di una possibile Fibrillazione Atriale è la palpazione del polso. Si deve sospettare un’aritmia causata da una Fibrillazione Atriale quando la frequenza cardiaca è molto superiore al battito abituale, l’intensità della pulsazione non è sempre uguale e l’intervallo tra una pulsazione e la successiva non è costante (polso irregolare). Oggi è possibile verificare con maggiore facilità la presenza o meno di una possibile Fibrillazione Atriale grazie all’uso di misuratori elettronici automatici della pressione dotati di algoritmi validati per rilevare la presenza di questo tipo di aritmia oppure mediante smartwatch in grado di rilevare la frequenza cardiaca.

Nella tabella sono mostrati i più comuni strumenti di screening unitamente alla loro sensibilità (la capacità di identificare correttamente i soggetti ammalati) e specificità (capacità di identificare correttamente i soggetti non affetti da fibrillazione atriale). Un’alta sensibilità indica una bassa probabilità di falsi negativi, mentre un’alta specificità indica una bassa probabilità di falsi positivi.

Strumento di screening Sensibilità Specificità
Palpazione del polso 87-97% 70-81%
Misurazione automatica della pressione 93-100% 86-92%
Elettrocardiogramma monocanale 94-98% 76-95%
App per smartphone 92-99% 91-100%
Smartwatch 97-99% 83-94%

La palpazione del polso, la misurazione della pressione arteriosa o l’uso di strumenti per il monitoraggio del ritmo da parte del paziente (es. elettrocardiografi monocanale, app per smartphone o smartwatch) sono importanti per lo screening della Fibrillazione Atriale, ma devono essere seguiti dal controllo del medico che dovrà confermare o escludere la diagnosi mediante un elettrocardiogramma a 12 derivazioni della durata di almeno 30 secondi.

Lo screening della Fibrillazione Atriale può essere opportunistico (inserito in un programma di screening di altre potenziali patologie) o sistematico (specificatamente mirato alla ricerca dell’aritmia).

Le attuali linee guida raccomandano lo screening opportunistico della Fibrillazione Atriale in tutti gli anziani di età uguale o superiore a 65 anni e lo screening sistematico nei soggetti di età uguale o superiore a 75 anni o più giovani ma con fattori di rischio per ICTUS.

La diagnosi di Fibrillazione Atriale può essere completata da ulteriori esami. Quelli più importanti sono l’elettrocardiogramma dinamico secondo Holter (per valutare il ritmo durante la giornata e la sua relazione con i sintomi) e l’ecocardiogramma transtoracico o transesofageo (per valutare il funzionamento delle valvole cardiache e la presenza di un eventuale trombo atriale). Ulteriori esami ematici o radiologici (es. coronarografia, TAC o risonanza magnetica cerebrale) possono essere utili per completare il quadro diagnostico e delle complicanze.

La gestione della Fibrillazione Atriale

La gestione di una condizione potenzialmente cronica ed alto rischio come la Fibrillazione Atriale prevede il coinvolgimento attivo del paziente e della sua famiglia, nonché di varie figure professionali (cardiologo, medico di medicina generale, infermiera, farmacista). L’obiettivo è migliorare l’aspettativa di vita del paziente, la sua qualità di vita, l’autonomia e la capacità di rapporti sociali. La gestione prevede in primo luogo il trattamento acuto dell’aritmia. Il medico può decidere in base alla durata e caratteristiche dell’aritmia, di somministrare farmaci antiaritmici in grado di eliminare l’aritmia e quindi di ripristinare il regolare ritmo cardiaco oppure di mantenere l’aritmia, ma abbassando la frequenza cardiaca e quindi riducendo i sintomi mediante l’uso di beta-bloccanti, digitale o calcio-antagonisti non-diidropiridinici. In casi selezionati si può procedere alla cardioversione elettrica o all’ablazione delle aree cardiache responsabili della genesi dell’aritmia. In secondo, luogo è necessario ridurre il rischio cardiovascolare e trattare le malattie concomitanti che aumentano il rischio di ICTUS (in primis ipertensione arteriosa, diabete, obesità, apnee notturne). Si procede quindi a somministrare anticoagulanti che mantenendo fluido il sangue sono in grado di ridurre la formazione dei coaguli e quindi prevenire efficacemente il rischio di ICTUS. Il medico dovrà necessariamente prima e durante la somministrazione di questi farmaci valutare il rischio di sanguinamento che potrebbe superare in alcuni individui il beneficio di prevenzione dell’ICTUS.

Le linee guida definiscono questo approccio ABC:
A – Anticoagulation/avoid stroke (anticoagulazione/evitare l’ICTUS);
B – Better symptoms control (migliore controllo dei sintomi);
C – Cardiovascular risk factors and concomitant diseases: detection and management (Rilevamento e gestione dei fattori di rischio cardiovascolare e delle malattie concomitanti).

Nei pazienti in cui è stato ripristinato il ritmo può essere utile consigliare l’ l’utilizzo di strumenti per la rilevazione di eventuali recidive tramite misurazione della pressione arteriosa o della frequenza cardiaca.

La prevenzione primaria della Fibrillazione Atriale

E’ consigliabile nei soggetti a rischio non affetti da Fibrillazione Atriale mettere in atto delle opportune misure preventive al fine di evitare l’insorgenza della Fibrillazione Atriale. Queste misure vanno necessariamente seguite dai soggetti affetti da Fibrillazione Atriale. E’ importante identificare e gestire i fattori di rischio e le patologie che possono predisporre alla Fibrillazione Atriale.

Corretto stile di vita per la prevenzione della Fibrillazione Atriale
Tenere sotto controllo il peso, la pressione arteriosa, la glicemia e i grassi nel sangue
Non fumare
Non eccedere con l’alcol
Non utilizzare sostanze stupefacenti
Seguire una dieta sana, povera di sale e a basso contenuto di grassi e colesterolo
Privilegiare frutta, verdura e carni bianche
Praticare attività fisica regolare aerobica, non intensa (almeno 30 minuti al giorno)

Riferimenti bibliografici

  • Hindricks G, Potpara T, Dagres N, Arbelo E, Bax JJ, Blomström-Lundqvist C, Boriani G, Castella M, Dan GA, Dilaveris PE, Fauchier L, Filippatos G, Kalman JM, La Meir M, Lane DA, Lebeau JP, Lettino M, Lip GYH, Pinto FJ, Thomas GN, Valgimigli M, Van Gelder IC, Van Putte BP, Watkins CL; ESC Scientific Document Group. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation developed in collaboration with the European Association of Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Eur Heart J 2020 Aug 29 [Epub ahead of print]
  • Omboni S, Verberk WJ. Opportunistic screening of atrial fibrillation by automatic blood pressure measurement in the community. BMJ Open 2016;6(4):e010745.
  • Verberk WJ, Omboni S, Kollias A, Stergiou GS. Screening for atrial fibrillation with automated blood pressure measurement: Research evidence and practice recommendations. Int J Cardiol 2016;203:465-73.
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I COSTI DELLA SANITA’: L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE E DELLO SCREENING DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

«La Fibrillazione Atriale è un’aritmia, il cuore cioè batte in modo irregolare, ed è l’aritmia più diffusa al mondo», spiega Carlo Pappone, responsabile dell’Unità di Aritmologia clinica ed elettrofisiologia al Policlinico San Donato di Milano. «Ed è vero, risulta in aumento esponenziale, da un lato perché oggi viene riconosciuta più facilmente con i sistemi diagnostici di cui disponiamo, ma dall’altra la crescita è reale in quanto assistiamo a un invecchiamento della popolazione […] è una patologia tra le più importanti del mondo moderno che si trova sia in persone dal cuore sano sia in altre col cuore malato di altre patologie».

La gestione di un alto numero di pazienti colpiti da Fibrillazione Atriale costituisce un peso sempre maggiore per i sistemi sanitari di tutto il mondo in termini di costi della gestione dell’ICTUS e della terapia, sia nel caso di pazienti ospedalizzati che di pazienti ambulatoriali. La Fibrillazione Atriale sta diventando rapidamente uno dei problemi di salute più importanti ed una criticità dei sistemi sanitari.

Nel 2017 sono emersi dati significativi di economia sanitaria sul Global Anticoagulant Registry in the Field – Atrial Fibrillation (GARFIELD-AF) presentati al Congresso ESC organizzato dalla European Society of Cardiology. In linea generale i dati mostrano che, in tutta Europa, la Fibrillazione Atriale comporta elevati oneri finanziari, economici e umani; inoltre, a seconda delle aree geografiche, la quantità e il tipo di servizi sanitari a cui i pazienti ricorrono variano in maniera significativa.

Nella presentazione dal titolo “Il peso della Fibrillazione Atriale nei Paesi europei maggiormente popolati: prospettive dal registro GARFIELD-AF”, sono emersi ad esempio dati sulle spese di ricovero ambulatoriale che in Italia toccano l’83,7% dei costi totali.

A tal proposito i dati riportati dallo studio del professor Mantovani, Professore Associato di Salute Pubblica presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, insieme a colleghi e ricercatori internazionali, hanno evidenziato il differente peso economico della Fibrillazione Atriale nei 5 Paesi europei maggiormente popolati nel primo anno dalla diagnosi (Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna).

Il professore Mantovani, ritiene che «la variabilità osservata nelle voci di costo dei cinque Paesi europei dipenda, molto probabilmente, dalle pratiche di rimborso sanitario e non dalle differenze specifiche delle condizioni dei pazienti o dal tipo di cura. Il miglioramento dei risultati sui pazienti più giovani avrebbe un notevole impatto in termini di costi sociali». « Inoltre -continua- in termini di utilizzo di risorse sanitarie, il passo successivo è mettere in relazione i risultati clinici dei pazienti affetti da Fibrillazione Atriale delle varie aree analizzate per comprendere il rapporto costi/efficacia delle varie strategie di gestione del paziente, e individuare così l’approccio più vantaggioso».

Gli autori della presentazione sono quindi giunti alla conclusione che sulla base delle dinamiche della popolazione, l’attuale onere economico, finanziario e umano della Fibrillazione Atriale è quasi certamente destinato a crescere e causa gravi criticità nei sistemi sanitari. Questi dipende sia dai costi diretti che indiretti per la sua gestione. Per costi diretti si fa riferimento ai ricoveri, visite mediche e ambulatoriali, prescrizioni, test di laboratorio, cure permanenti. Gli alti costi annuali diretti per paziente sono simili in Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna. Si parla ad esempio del 2,6% delle spese ospedaliere in Francia e del 0,9%-2,4% delle spese totali annuali in Gran Bretagna. I costi indiretti invece riguardando la perdita di produttività e il sostegno fornito dai Caregiver (badanti, assistenza domiciliare..).

Un altro fattore da non sottovalutare è il rapporto causa-effetto tra Fibrillazione Atriale ed ICTUS. Quando nella Fibrillazione atriale il cuore, batte in modo irregolare non permettendo l’idoneo pompaggio del sangue, tende a ristagnare provocando dei coaguli (o trombi), i quali, immettendosi nel circolo sanguigno portano all’occlusione delle arterie del cervello provocando un ICTUS ischemico. Uno dei principali obiettivi della prevenzione agli individui con fibrillazione atriale è dunque prevenire l’ICTUS, impedendo la formazione di trombi.

Per questo motivo un importante dato rilevato è quello sui costi per la cura dell’ICTUS. Essi, oltre ad essere elevati, contribuiscono in modo sostanziale al costo totale della gestione per la Fibrillazione Atriale. Si è stimato che, ad esempio nel 2015, l’ICTUS sia costato 45 bilioni di euro l’anno nell’Unione Europea.

Con questi dati, la conclusione è univoca: educare alla prevenzione dello screening è la via più idonea per ammortizzare i costi della sanità e per portare vantaggi alla salute della popolazione. Questo è possibile anche grazie all’efficacia della misurazione della Pressione con la tecnologia Microlife AFIB Sens rilevata e documentata dall’Istituto NICE – National Institute for Health and Care Excellence con uno studio di farmaco-economia specifico. Le evidenze dello studio hanno portato alla pubblicazione di apposite linee guida che raccomandano la tecnologia Microlife AFIB Sens dell’apparecchio Watch BP Home per lo screening Fibrillazione Atriale nel Primary Care.

La prevenzione e il risparmio generato dallo screening della Fibrillazione Atriale nel primary care con Microlife AFIB Sens, applicando le evidenze e le valutazioni delle linee guida NICE ai dati di prevalenza in Italia, produrrebbe i seguenti risultati:

  1. evitare 2.545 ICTUS fatali;
  2. risparmiare 62.643.879 euro.
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PREVENZIONE ICTUS E FIBRILLAZIONE ATRIALE: PERCHÉ MISURARE LA PRESSIONE NON BASTA?

In Italia ogni giorno 660 persone, circa 240.000 ogni anno, vengono colpite da ICTUS al cervello, inoltre rappresenta la prima causa di invalidità, la seconda causa di demenza e la terza causa di morte. Si crede che l’ICTUS colpisca prevalentemente gli anziani, ma solo in Italia esistono più di 30.000 persone giovani che ne sono state colpite. Nel mondo, ogni 6 secondi una persona viene colpita da ICTUS, indipendentemente dall’età o dal sesso.

Molte persone non sanno che i principali fattori di rischio ICTUS al cervello partono dal cuore e sono l’ipertensione e la Fibrillazione Atriale.

La Fibrillazione Atriale è un disturbo del battito cardiaco, un’aritmia cardiaca che determina un ristagno di sangue che può portare alla formazione di coaguli. Questi grumi possono entrare nel flusso della circolazione sanguigna e arrivare al cervello provocando un ICTUS ischemico.

La Fibrillazione Atriale è responsabile del 20% dei casi di ICTUS ed è quindi la causa principale di questa complicanza vascolare. Le persone che soffrono di Fibrillazione Atriale hanno un rischio di ICTUS da 3 a 5 volte superiore a quelle che non ne soffrono. In Italia colpisce circa 1 milione di persone con 120 mila nuovi casi all’anno accertati; si stima che i casi totali siano in realtà molto più numerosi in quanto molte persone che ne soffrono non hanno disturbi evidenti. In questo caso si parla di Fibrillazione Atriale asintomatica, situazione particolarmente pericolosa in quanto gli individui che ne soffrono non avvertono i sintomi classici come senso di battito cardiaco irregolare e/o veloce, difficoltà respiratorie sotto sforzo (dispnea) o facile affaticamento (astenia) e ciò equivale a non curarla aumentando notevolmente il rischio ICTUS.

In circa 1/3 dei casi la Fibrillazione Atriale rimane asintomatica e non è diagnosticata. Tuttavia è stato dimostrato che, uno stile di vita corretto insieme ad una rilevazione precoce della Fibrillazione Atriale sono i primi passi per la prevenzione all’ICTUS. Controllare la presenza o meno di una possibile Fibrillazione Atriale può portare a una diagnosi e a una terapia farmacologica idonea, riducendo significativamente la formazione di coaguli e di conseguenza il rischio ICTUS e delle sue drammatiche conseguenze.

Per fare prevenzione del rischio ICTUS è sufficiente dotarsi di un misuratore di pressione validato per la rilevazione della Fibrillazione Atriale. I nuovi algoritmi brevettati dall’azienda Microlife e testati in numerosi lavori scientifici internazionali hanno dimostrato di avere un’elevata sensibilità e specificità (>95%) per rilevare questa particolare aritmia cardiaca, rendendo di fatto lo screening della Fibrillazione Atriale una buona abitudine alla portata di tutti.

Così come è consigliato un monitoraggio regolare della pressione arteriosa, del colesterolo e della glicemia, anche la Fibrillazione Atriale può essere monitorata e individuata precocemente anche da casa.
La rilevazione abituale della Fibrillazione Atriale è consigliata dalla SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) e della SIIA (Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa), soprattutto in quei soggetti particolarmente a rischio ICTUS come ipertesi, diabetici, cardiopatici, obesi, persone over 65 oppure con problemi di tiroide, insufficienze renali, ecc.

Generare il sospetto di Fibrillazione Atriale con lo screening è importante ma deve essere seguito dal controllo del medico che effettuerà gli accertamenti necessari per giungere alla diagnosi di Fibrillazione Atriale, così come accade per la pressione arteriosa.  

Lo screening e la diagnosi precoce della Fibrillazione Atriale, seguiti da appropriati trattamenti, possono ridurre del 68% la possibilità di avere un ICTUS.

E’ fondamentale non avere timore di scoprire se si ha la Fibrillazione Atriale, perché questo è il primo passo verso la prevenzione dell’ICTUS! La Fibrillazione Atriale può quindi essere curata o tenuta sotto controllo.

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FIBRILLAZIONE ATRIALE: TERAPIE E TRATTAMENTI

In genere, la terapia per la Fibrillazione Atriale prevede tre diverse strade: il trattamento antitrombotico, il controllo del ritmo cardiaco e la chirurgia.

FARMACI PER LA PRESSIONE

Le persone affette da Fibrillazione Atriale e a rischio di ICTUS vengono generalmente trattate con farmaci anticoagulanti che riducono il rischio della formazione di coaguli di sangue.

Si tratta della cosiddetta terapia antitrombotica, che comprende farmaci anticoagulanti e antipiastrinici. È una terapia impegnativa, perché si deve raggiungere un grado di coagulazione del sangue entro un range terapeutico di sicurezza, al di sotto del quale non si ottengono risultati terapeutici e al di sopra del quale c’è un notevole rischio emorragico. Nonostante questo tipo di trattamento venga considerato il percorso clinico di prima scelta per i pazienti affetti da Fibrillazione Atriale, risultano ancora evidenti alcune criticità legate all’assunzione dei farmaci da esso previsti: rischio di complicanze emorragiche intracerebrali, controlli costanti da parte del medico curante, continuo adeguamento del dosaggio, alto potenziale di interazione con gli altri farmaci o con i cibi ingeriti.

In questo senso, dopo oltre 50 anni, la Commissione Europea ha approvato una nuova generazione di anticoagulanti orali (NAO, Nuovi Anticoagulanti Orali) per la prevenzione dell’ICTUS da Fibrillazione Atriale, che ha dimostrato di essere superiore, rispetto alla vecchia generazione di farmaci, in termini di efficacia, tollerabilità, sicurezza e controindicazioni.

Oltre a ridurre il rischio ICTUS, i NAO richiedono una o due sole somministrazioni al giorno, non sono influenzati dalle abitudini alimentari del paziente o da altri farmaci e abbassano sensibilmente il rischio dei sanguinamenti intracranici.

Per quanto riguarda il trattamento per il controllo della frequenza cardiaca nella Fibrillazione Atriale, in genere, ai pazienti che hanno un’aritmia a elevata frequenza cardiaca vengono somministrati farmaci che favoriscono la normalizzazione e il corretto funzionamento del cuore, alleviando così i sintomi della Fibrillazione Atriale come le vertigini.

CARDIOVERSIONE ELETTRICA

La cardioversione elettrica è una semplice procedura in cui una scarica elettrica è applicata al cuore per convertire un ritmo anomalo, come la Fibrillazione Atriale, nel normale ritmo cardiaco.

Si tratta di una terapia che si esegue in ambito ospedaliero, alla presenza di un cardiologo e di un anestetista, attraverso un defibrillatore. Il cardiologo applica le piastre sul torace del paziente (piastre apposite per cardioversione) e attraverso il defibrillatore rilascia una scarica elettrica che fa contrarre contemporaneamente tutto il cuore, interrompendo di fatto ogni attività irregolare.

Quando il cuore riprende a battere il sistema elettrico è stato come riprogrammato e solitamente riacquista il normale ritmo cardiaco, senza irregolarità. La cardioversione viene eseguita con una lieve anestesia che addormenta il paziente per qualche minuto, il tempo necessario alla procedura, perché lo shock può essere doloroso.

CARDIOVERSIONE FARMACOLOGICA

La cardioversione farmacologica prevede la somministrazione di farmaci antiaritmici, per via endovenosa o per via orale. Il medico ipotizza un trattamento farmacologico e dopo la somministrazione del farmaco si esegue un elettrocardiogramma per controllare la risposta del cuore al trattamento. Se tutto è nella norma, il medico pianifica la terapia di mantenimento più adeguata al paziente.

TRATTAMENTO ABLATIVO

Il trattamento di ablazione transcatetere o trattamento ablativo della Fibrillazione Atriale prevede l’isolamento, mediante lieve bruciatura operata da cateteri introdotti nel cuore, della zona di origine della tachiaritmia, particolarmente presente a livello degli sbocchi delle vene polmonari (cioè delle vene che scaricano nel cuore il sangue dei polmoni e più esattamente nell’atrio di sinistra). Questa tecnica è attualmente indicata anche in atleti competitivi che, in caso di successo, possono riprendere l’attività sportiva a livello agonistico dopo alcuni mesi dall’intervento e, in alcuni casi, di pazienti ultrasettantenni.
È anche consigliabile in soggetti con Fibrillazione Atriale parossistica o persistente, in assenza di cardiopatia o con lieve cardiopatia associata.

E’ fondamentale consultare e seguire le indicazioni del proprio medico che provvederà, a seconda delle esigenze individuali, a definire un piano d’azione volto a migliorare la qualità di vita del singolo.

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FATTORI DI RISCHIO ICTUS: ALCOL E DROGHE

Ogni anno si registra un aumento di casi di ICTUS tra i soggetti giovani a causa della maggior diffusione e abuso di alcol e droghe.

E’ noto che l’ICTUS sia una malattia strettamente correlata all’età, ma è stato rilevato un aumento di casi nelle fasce più giovani. Alcool e droghe sono i fattori di questo aumento di casi in età giovanile. L’irruenza con cui l’ICTUS colpisce i giovani si associa ad un tasso maggiore di mortalità e ad un aumento di disabilità, la quale è ovviamente più penalizzante a causa delle aspettative più lunghe di vita.

L’abuso etilico, è considerato un fattore di rischio per ICTUS sia ischemico che emorragico, ed aumenta in proporzione alla quantità assunta. Interviene sia come rischio classico, aumentando di 3-4 volte la probabilità di incorrere in un episodio di patologia cerebrovascolare, sia come rischio precipitante, cioè che determina l’insorgenza dell’evento acuto. I forti bevitori, ovvero le persone che abusano di oltre 3 volte rispetto allo standard di alcol al giorno hanno un rischio molto elevato, sia di infarto sia di fibrillazione atriale, uno dei maggiori fattori di rischio ICTUS. I bevitori moderati, ovvero i soggetti che bevono più o meno 2 dosi standard al giorno hanno un rischio invariato. Le alterazioni cerebrali legate all’abuso di alcol cronico creano dei veri e propri deficit dell’attenzione, infatti riducono le performance di memoria, delle funzioni esecutive e di rendimento.

La cocaina aumenta drasticamente il rischio della malattia; tale aumento di rischio è maggiore per il fumo della sostanza, ovvero il crack rispetto all’inalazione. Il rischio riguarda soprattutto le forme emorragiche, ma non sono da meno quelle ischemiche. L’alterazione degli stimoli causati dalla cocaina determina vari effetti, tra i quali una riduzione del flusso sanguigno al muscolo cardiaco determinando un disequilibrio tra richiesta e apporto di ossigeno e conseguente sofferenza ischemica, un aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa sistemica e della contrattilità delle cellule cardiache. Nel lungo termine, si può osservare un deterioramento progressivo della funzione cardiaca, anche in assenza di pregressi eventi ischemici sintomatici, con importante riduzione della “funzione di pompa” e lo sviluppo di scompenso cardiaco cronico.

Per quanto riguarda i cannabinoidi le analisi scientifiche riportano che c’è una stretta relazione temporale tra esposizione alla cannabis e ICTUS ischemico. I cannabinoidi, sono dei forti antiossidanti, cioè in grado di neutralizzare le molecole ossidanti pericolose a livello celebrale, infatti possono agire sulla frequenza cardiaca, la motilità dei vasi arteriosi e quindi sulla pressione arteriosa. Quando si è colpiti da un ICTUS, una parte consistente del danno non si verifica subito, in conseguenza della mancanza di ossigeno al cervello, ma per colpa di una serie di reazioni chimiche che scatenano la produzione di agenti ossidanti fortemente distruttivi, i quali disgregano le cellule un po’ come se le bruciassero.

In ultimo gli oppiacei come l’eroina, le metanfetamine come l’ecstasy o similari, con il loro forte effetto vasopressorio, agiscono sul sistema nervoso centrale, deprimendo gli impulsi nervosi e rallentando le funzioni cerebrali dell’individuo causando molto spesso emorragie.

Gli effetti psico-cognitivi dell’uso cronico di droghe e alcol inoltre crea problemi di astinenza causando aumento di patologie psichiatriche, disturbi dell’apprendimento, memoria, umore fino ad arrivare all’overdose con possibili effetti letali.

In questi casi la prevenzione dell’ICTUS riguarda il miglioramento del proprio stile di vita evitando il consumo di droghe e riducendo il consumo di alcol prediligendo attività fisica e manuale per distogliere l’attenzione dalla dipendenza e ridurre l’astinenza.

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FATTORI DI RISCHIO ICTUS: IL COLESTEROLO

Il colesterolo “cattivo” è une delle principali cause di aterosclerosi, a sua volta implicata nell’insorgenza dell’ICTUS.

Il colesterolo è una sostanza grassa che circola nel nostro sangue;  viene prodotto dal nostro organismo e in minima parte  introdotto con l’alimentazione. In quantità normali il colesterolo svolge un ruolo fondamentale per alcuni processi biologici, ma se si superano i valori considerati standard, si hanno rischi per la salute e nello specifico il colesterolo in eccesso è considerato un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari e l’ICTUS.

È molto importante fare subito la distinzione tra colesterolo “buono” e colesterolo “cattivo”, che sono i nomi che comunemente si danno alle lipoproteine HDL (High Density Lipoproteins) e alle l lipoproteine LDL (Low Density Lipoproteins).

Il nome colesterolo cattivo è stato comunemente assegnato alle lipoproteine a bassa densità, note come LDL. Il loro ruolo è quello di trasportare il colesterolo e rilasciarlo ai tessuti e alle cellule per il loro nutrimento e sono quindi essenziali al nostro organismo. I problemi sorgono quando i valori di queste lipoproteine LDL superano gli standard, perché il loro eccesso permette al colesterolo di infiltrarsi sulle pareti delle arterie, andando piano piano a creare seri rischi cardiovascolari.

I valori normali del colesterolo “totale” nel sangue si esprimono con la quantità complessiva di colesterolo contenuto nelle varie lipoproteine. In individui sani è considerato corretto se inferiore ai 200 mg/dl di sangue. I livelli di HDL, il colesterolo “buono”, non devono essere inferiori ai 40 mg/dl. Per il colesterolo “cattivo” invece, il valore ottimale è tra i 100 e i 130 mg/dl.

Se si superano questi valori si parla di ipercolesterolemia e si hanno rischi per la salute.

COLESTEROLO E ATEROSCLEROSI

Il colesterolo “cattivo” in eccesso tende a depositarsi sulle pareti delle arterie e gradualmente si solidifica dando luogo a ispessimenti che vengono chiamati placche aterosclerotiche. L’aterosclerosi  è una patologia vascolare cronica lenta e assolutamente asintomatica: nel corso degli anni il colesterolo si accumula nei vasi e piano piano li ispessisce, li irrigidisce e rende sempre più difficoltoso il passaggio del sangue fino al distacco di trombi o all’occlusione completa.
Se l’evoluzione dell’aterosclerosi dovuta al colesterolo è lenta e silente e può durare parecchi anni, l’esito in malattie acute può avvenire in modo immediato e in pochi istanti: infarto del miocardio, ICTUS cerebrale, trombosi e complicazioni renali sono gli esiti più pericolosi del colesterolo e purtroppo possono causare conseguenze molto gravi come invalidità e morte.

COME SI INDIVIDUA IL COLESTEROLO ALTO

L’unico modo per individuare precocemente l’ipercolesterolemia è quello di sottoporsi periodicamente a esami del sangue. In questo modo è possibile dosare i livelli di colesterolo totale, colesterolo LDL (colesterolo cattivo) e colesterolo HDL (colesterolo buono) e valutare i rischi cardiovascolari del paziente. Il colesterolo alto è spesso legato a uno stile di vita sedentario, al sovrappeso e a una dieta ricca di grassi di origine animale. Il diabete è spesso associato al colesterolo alto, così come il fumo, che accelera il processo di aterosclerosi.

Oggi esistono molte tipologie di farmaci che sono efficaci nel ridurre il colesterolo e di conseguenza i rischi cardiovascolari generati dal suo eccesso, ma due sono gli elementi su cui vale la pena sensibilizzare i pazienti:

  • la prevenzione, che, come in tutte le patologie cardiovascolari, comporta la modifica al proprio stile di vita. Una maggiore diffusione di uno stile di vita attivo, senza fumo, con moderato consumo di alcol e una dieta sana è uno strumento potentissimo nelle mani di ognuno di noi per avere una vita in salute;
  • la diagnosi precoce: il colesterolo alto è asintomatico, così come la sua evoluzione in aterosclerosi. Fare gli esami del sangue una volta all’anno per controllare i valori del colesterolo (ma anche del diabete) può davvero permettere di prevenire le evoluzioni più severe di queste patologie ed evitare l’insorgere improvviso di infarti e ICTUS.
Valentina Pasquali Nessun commento

FATTORI DI RISCHIO ICTUS: IL FUMO

Il fumo è uno dei principali fattori di rischio ICTUS oltre a essere causa diretta di numerose altre patologie

La speranza di vita di un fumatore è di circa 8 anni inferiore a quella dei non fumatori. Quando si fuma una sigaretta si inalano con un solo gesto circa 7.000 sostanze, la maggior parte delle quali sono nocive per l’uomo. Tra le principali sostanze irritanti contenute nel fumo di sigaretta meritano una menzione il catrame, la nicotina e il monossido di carbonio.

Il catrame
è una delle principali sostanze cancerogene contenute nelle sigarette, perché a sua volta è composto da diverse sostanze, tra cui benzopirene e idrocarburi aromatici, che sono specificatamente cancerogene. Inoltre il catrame è la causa principale dell’ingiallimento dei denti dei fumatori, dell’alito cattivo e del gusto amaro in bocca. Le sostanze direttamente cancerogene contenute nel fumo di sigaretta sono comunque tante oltre al catrame, come il benzene, il polonio-210, la formaldeide e il cloruro di vinile.
La nicotina è la sostanza che contribuisce a generare la dipendenza dalla sigaretta, perché stimola la produzione di dopamina e adrenalina che eccitano sia il corpo che la mente. L’effetto di benessere svanisce però molto in fretta e subentra quindi la voglia di fumare ancora per provare nuovamente le sensazioni positive date dalla nicotina. Ecco perché la nicotina viene considerata una vera e propria droga, che genera dipendenza e sindrome da astinenza quando si cerca di smettere.
Il monossido di carbonio infineriduce la capacità del sangue di trasportare ossigeno ai tessuti, che si nutrono meno e soffrono.  

PRINCIPALI PATOLOGIE CAUSATE DAL FUMO


1. Malattie cardiovascolari
ll fumo è una delle maggiori cause di malattia delle coronarie e cardiovascolari in genere. Secondo l’American Heart Association le patologie cardiovascolari hanno un’incidenza del 70% in più nei fumatori rispetto ai non fumatori. Il fumo di sigaretta infatti ha un ruolo diretto nell’ispessimento e nell’indurimento dei vasi sanguigni, rendendo i percorsi più stretti e generando quindi maggiore sforzo per il cuore (battito cardiaco aumentato) e favorendo l’insorgere di ipertensione arteriosa e coaguli di sangue. Il fumo inoltre è una delle principali cause di aterosclerosi, l’accumulo di placche sulle pareti delle arterie, che limitano il passaggio di sangue e gradualmente lo ostruiscono, generando aritmie, infarti e ICTUS. Rispetto ai non fumatori, i fumatori hanno quattro volte più probabilità di avere un ICTUS sia emorragico che ischemico.

2. Tumori
Non solo tumore al polmone. Il fumo di sigaretta viene considerato responsabile del 90-95% dei tumori polmonari nel mondo. In Italia, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali riporta che il fumo è responsabile del 91% di tutte le morti per cancro al polmone negli uomini e del 55% nelle donne, per un totale di circa 30 mila morti l’anno. Inoltre il fumo viene associato anche all’insorgenza di altre tipologie di tumori: il Center for Disease Control and Prevention statunitense (CDC) individua tra i tumori associabili al fumo quelli alla vescica, al sangue (leucemia mieloide acuta), al colon retto, all’esofago, al rene, all’orofaringe, al pancreas, allo stomaco e ai bronchi. Se nessuno al mondo fumasse, secondo il CDC, avremo la riduzione di un terzo delle morti per cancro.

3. Malattie respiratorie
Il fumo irrita fortemente le vie respiratorie e a lungo termine è responsabile di patologie come enfisema polmonare e bronchite cronica: nell’enfisema, le sacche d’aria nei polmoni perdono elasticità e iniziano a deteriorarsi. La bronchite cronica si verifica invece quando c’è un gonfiore nei rivestimenti dei polmoni, con conseguente difficoltà respiratoria. A breve termine invece il fumo può causare maggiori episodi di tosse, raffreddore e irritazioni delle prime vie respiratorie e attacchi d’asma.

4. Altri effetti collaterali del fumo
Meno gravi, ma sicuramente da non sottovalutare, sono gli effetti che il fumo ha sul corpo umano. Il fumo favorisce infatti l’invecchiamento precoce della pelle, l’insorgere di rughe e borse sotto gli occhi, l’ingiallimento dei denti, problemi gengivali, alito cattivo e alterazioni di gusto e olfatto. Inoltre può dare problemi riproduttivi e di fertilità sia alle donne che agli uomini.

Smettere di fumare è possibile e la salute ne beneficerà in modo sia immediato che a lungo termine, fin dal primo giorno senza sigarette.

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ICTUS E CARENZA DI LETTI: L’IMPORTANZA DI LETTI DEDICATI A PAZIENTI CON ICTUS

Gli ICTUS portano con sé criticità che devono essere gestite da personale medico e infermieristico dedicato e formato.

A ottobre a Bologna si è tenuto il 50° Congresso della Società Italiana di Neurologia (SIN) e tra i vari temi affrontati si è parlato anche di ICTUS, in occasione di un simposio congiunto SIN – Ministero della Salute. Il presidente della SIN, Gianluigi Mancardi, ha presentato una relazione sull’organizzazione in Italia dell’assistenza all’ICTUS, riportando i dati di un’indagine effettuata dai segretari regionali della SIN insieme all’Associazione Autonoma Aderente ISO-STROKE e ad ALICe Italia Onlus, l’associazione per la lotta all’ICTUS cerebrale.

Dall’indagine è emersa una forte carenza sul territorio nazionale di letti dedicati all’ICTUS, ovvero di letti monitorati e con personale medico e infermieristico dedicato. A fronte di un fabbisogno di circa 1.900 letti, in Italia attualmente ne sono attivi 1.170 con uno squilibrio tra nord e sud, ad esempio in regioni come Lazio e Campania. Anche gli interventisti neuro-vascolari sono mal distribuiti e alcune regioni risultano più scoperte di altre, rendendo a volte difficile intervenire rapidamente su pazienti colpiti da ICTUS. Le istituzioni si sono dette molto interessate ad affrontare il problema, sia riorganizzando le reti regionali di assistenza all’ICTUS, sia attivando percorsi formativi quadriennali a cui possono accedere gli specialisti provenienti da differenti discipline.

È molto importante avere, negli ospedali, dei letti dedicati alla gestione dell’ICTUS, con personale formato per affrontare le criticità che il paziente con ICTUS porta con sé. Nei pazienti seguiti da personale formato adeguatamente si riduce notevolmente la mortalità e la disabilità residua.

Ricordiamo infatti che l’ICTUS in Italia è la prima causa di invalidità, la seconda causa di demenza e la terza causa di morte e colpisce circa 660 persone al giorno, con costi altissimi sia per il Sistema Sanitario Nazionale, che per le famiglie. Considerando le stime attuali di prevalenza, è stato possibile effettuare una valutazione globale del costo delle prestazioni sanitarie dirette dell’ICTUS in Italia, che ammontano a circa 3,7 miliardi di euro per anno, quasi il 4% delle spese sanitarie nel nostro Paese. I costi indiretti per le famiglie sono stimati in 3 volte i costi diretti.

Ecco perché è così importante intervenire sia sulla presa in carico immediata del paziente colpito da ICTUS, per limitare il più possibile un esito di disabilità grave, sia sulla prevenzione. Prevenire l’ICTUS in molti casi è possibile, lavorando sullo stile di vita per andare a ridurre fattori di rischio come diabete, obesità e ipertensione e facendo screening ad hoc, come quello relativo alla Fibrillazione Atriale, che da sola causa circa il 20% degli ICTUS ischemici.

Lo screening della Fibrillazione Atriale è un’attività che può partire anche dalle singole persone. Alcuni studi hanno infatti valutato l’accuratezza e l’efficacia del misuratore della pressione arteriosa Microlife AFIB come strumento di screening domiciliare della Fibrillazione Atriale asintomatica nei pazienti a rischio di ICTUS cardioembolico.

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ICTUS EMORRAGICO, PIU’ RARO DI QUELLO ISCHEMICO MA ALTRETTANTO PERICOLOSO

Scopriamo insieme le cause e i fattori di rischio dell’ICTUS emorragico.

Sappiamo che la maggior parte degli ICTUS (circa l’80%) sono di origine ischemica, ovvero dovuti ad un’occlusione delle arterie che portano il sangue al cervello. Ma resta un 20% dei casi che è legato a un’emorragia cerebrale e si parla quindi di ICTUS emorragico.

All’origine di un ICTUS emorragico c’è la rottura di uno o più vasi sanguigni nell’encefalo, causata generalmente dalla rottura di un aneurisma cerebrale, da un trauma cranico, da ipertensione cronica o da malformazioni congenite.

GLI ICTUS emorragici possono quindi essere causati da due tipi diversi di emorragia cerebrale:

  • emorragia intracerebrale, quando il sanguinamento avviene all’interno del cervello. L’emorragia in questo caso, non solo blocca l’afflusso di sangue al cervello, ma il sangue, fuoriuscendo, genera pressione e schiacciamento dei tessuti circostanti, danneggiandoli;
  • emorragia subaracnoidea, quando il sanguinamento avviene tra gli strati del tessuto che ricopre il cervello. In questo caso la rottura di un vaso sanguigno blocca l’afflusso di sangue al cervello.

La maggior parte degli ICTUS emorragici nell’area subaracnoidea sono dovuti alla rottura di un aneurisma cerebrale, ovvero una dilatazione patologica di un vaso sanguigno dell’encefalo. L’aneurisma non dà alcun sintomo fino alla rottura, che genera l’emorragia e l’ICTUS.

FATTORI DI RISCHIO ICTUS EMORRAGICO E PREVENZIONE

Tra i principali fattori di rischio di ICTUS emorragico ci sono alcuni fattori che non si possono trattare, come l’età (superiore ai 55-60 anni), la presenza di una familiarità e il sesso maschile. Ci sono invece altri fattori di rischio che possono essere oggetto di prevenzione:

  • ipertensione cronica;
  • fumo;
  • diabete;
  • sovrappeso e obesità;
  • vita sedentaria;
  • abuso di alcool e droghe.

Come si dice sempre quando si parla di ICTUS, la prevenzione passa dalla modifica del proprio stile di vita: una vita sana e attiva, un’alimentazione corretta e il monitoraggio periodico dei valori della pressione arteriosa, in modo da intervenire in tempo in caso di ipertensione.

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ICTUS in gravidanza, i fattori di rischio

ALICe Italia Onlus ha segnalato una crescita negli ultimi 10 anni del – seppur raro – ICTUS in gravidanza.

L’ICTUS è una patologia che viene spesso associata all’età avanzata ma se è vero che la maggior parte degli episodi di ICTUS avvengono sopra i 65 anni, è anche vero che nel 10% dei casi l’ICTUS si verifica in persone sotto ai 45 anni di età, prevalentemente donne.

I dati recenti dell’American Heart Association evidenziano che l‘ICTUS in gravidanza è un fenomeno ancora raro – colpisce circa 26 donne su 100.000 – ma ha avuto una crescita del 54% dei casi negli ultimi 10 anni. Questo aumento ha portato gli esperti dell’associazione ALICe Italia Onlus (associazione per la lotta all’ICTUS cerebrale) ad approfondire il rapporto tra ICTUS e gravidanza.

La gravidanza è un momento di forti cambiamenti che investono il corpo della donna, basti pensare che la gittata cardiaca, ovvero il volume di sangue espulso dal cuore in un minuto, aumenta fino al 60% nel terzo trimestre di gravidanza. Donne che presentano fattori di rischio anche prima della gravidanza, in quei 9 mesi sono quindi maggiormente a rischio ICTUS, soprattutto nel terzo trimestre, in cui avviene il 50% dei casi.

Fattori di rischio ICTUS in gravidanza

I fattori di rischio ICTUS in gravidanza sono ipertensione, gestosi o eclampsia, fumo, coagulopatie pregresse ed età avanzata, sopra i 35 anni. In caso di gestosi o eclampsia il rischio ICTUS aumenta del 24,7% e persiste anche nei 12 mesi dopo il parto. Diventa quindi fondamentale la prevenzione, perché i fattori di rischio già presenti in gravidanza possono accentuarsi, aumentando il rischio di un ICTUS cerebrale.

Inoltre bisogna tenere in considerazione che assumere farmaci in gravidanza è spesso sconsigliato, per le ripercussioni che possono avere sul bambino e quindi anche la cura dei fattori di rischio non è sempre facile.

Una donna che decide di avere un bambino dovrebbe pensare prima di tutto alla propria salute, smettendo di fumare, tenendo sotto controllo il proprio peso e facendo una regolare attività fisica e, in presenza di patologie note, è fondamentale farsi seguire da specialisti che possono tenere la situazione sotto controllo e intervenire precocemente in caso di rischio.

Un consiglio generale per le donne in gravidanza è quello di misurarsi con regolarità i propri valori pressori, in particolare utilizzando strumenti clinicamente validati per donne in gravidanza e in caso di pre-eclampsia, ad esempio con la tecnologia MAM di Microlife, che detiene questo tipo di validazione scientifica (fonte: Reinders A, Cuckson AC, Lee JT, Shennan AH. – An accurate automated blood pressure device for use in pregnancy and pre-eclampsia: the Microlife 3BTO-A-BJOG 2005;112:915-920 – Visionabile in https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15957992).