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OBESITA’ E PROBLEMI CARDIOVASCOLARI

Il progressivo incremento della prevalenza dell’obesità in tutto il mondo, sia in età pediatrica sia negli adulti, ha indotto il mondo scientifico a considerarla una patologia epidemica ed uno dei fattori di rischio ICTUS.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato l’allarme, indicando l’obesità e l’inattività fisica tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo di malattie non trasmissibili ed inoltre ha individuato nell’obesità un vero e proprio problema di “salute pubblica di proporzioni epidemiche”. Ogni anno, nel nostro paese, si spendono oltre 23 miliardi di euro per far fronte al problema che coinvolge oltre 5 milioni di persone di cui circa 800 mila gravemente obesi.

Sovrappeso ed obesità sono problematiche complesse, che dipendono da diversi fattori, genetici, ormonali e psicologici e che comportano per il loro trattamento molteplici figure sanitarie: dal medico di medicina generale agli specialisti che possano agire sulla dieta, fornire un supporto psicologico, ma soprattutto intervenire sul corretto stile di vita. Attorno all’obesità spesso si sviluppano convinzioni errate frutto di informazioni e fonti poco accurate. Tali convinzioni possono indurre le persone affette da sovrappeso o obesità a pensare di non avere bisogno del medico e di poter gestire la propria problematica affidandosi al fai-da-te. La consapevolezza della malattia è il primo passo per il suo trattamento. E’ necessario capire che l’obesità non è una malattia che può essere curata in un lasso di tempo definito, ma una condizione che accompagna la persona che ne soffre per tutta la vita e che necessita di un impegno quotidiano. Bisogna comprendere ed essere consapevoli che l’obesità si associa a una riduzione media dell’aspettativa di vita di circa 6-7 anni e tale fenomeno è in parte dovuto alla maggiore prevalenza delle malattie cardiovascolari, come Ipertensione e ICTUS.

GLI STUDI

Una serie di studi condotti nel tempo ha confermato la relazione tra ICTUS, Ipertensione e obesità.

  • Numerosi studi, come il Framingham Heart Study, il Manitoba Study e l’Harvard School of Public Health Nurses Study, hanno documentato che l’obesità favorisce lo scompenso cardiaco, la Fibrillazione Atriale, l’ICTUS e la morte improvvisa. Per quanto attiene al rischio di ICTUS, diversi studi prospettici a lungo termine hanno dimostrato un’associazione tra l’aumento del BMI*, ovvero l’Indice di Massa Corporea, e il rischio complessivo di ICTUS o di ICTUS ischemico.
  • Il Physician’s Health Study, studio prospettico condotto in 21.414 uomini, ha dimostrato che, rispetto ai soggetti normopeso, i pazienti in sovrappeso hanno un rischio relativo di ICTUS celebrale di 1,32, di ICTUS ischemico di 1,35 e di ICTUS emorragico di 1,25, mentre i pazienti obesi hanno un rischio relativo di ICTUS celebrale di 1,91, di ICTUS ischemico di 1,87 e di ICTUS emorragico di 1,92.
  • Lo studio CHA (Chicago Heart Association Detection Project Industry, caratterizzato da un follow-up più lungo rispetto alla media degli altri studi, ha dimostrato che i soggetti che in giovane età erano obesi hanno un maggiore rischio di ospedalizzazione e di mortalità per malattie cardiovascolari dopo i 65 anni rispetto ai soggetti che in giovane età erano normopeso, pur a parità di fattori di rischio aggiuntivi (Ipertensione, diabete mellito e ipercolesterolemia).
  • La maggior parte delle persone con elevati valori pressori hanno eccesso ponderale e l’Ipertensione è circa 6 volte più frequente nei soggetti obesi che in quelli magri. La Pressione Arteriosa è il risultato del prodotto tra portata cardiaca e resistenze vascolari periferiche che nell’obeso non iperteso sono ridotte. Con il progressivo aumento dei valori della Pressione Arteriosa si verifica anche un incremento delle resistenze periferiche.  Tutti i fattori che influenzano la portata cardiaca e le resistenze periferiche possono condizionare la relazione tra obesità e Pressione Arteriosa.

L’INDICE DI MASSA CORPOREA*

La classificazione della popolazione in base al peso viene fatta utilizzando l’indice di massa corporea (BMI = Body Mass Index, secondo la definizione americana), considerato il più rappresentativo della presenza di grasso corporeo in eccesso. Il BMI si calcola secondo la formula seguente:
BMI= peso (in kg)/quadrato dell’altezza (in metri)

Le classi di peso per gli adulti indicate dal BMI sono:
<18,5 sottopeso;
18,5 – 24,9 normopeso;
25 – 29,9 sovrappeso;
>30 obesità.

COME COMPORTARSI

Un corretto stile di vita indubbiamente può aiutare le persone a limitare significativamente gli effetti negativi dell’obesità sullo sviluppo delle malattie cardiovascolari. Corretta alimentazione, attività fisica e monitoraggio della Pressione Arteriosa e Fibrillazione Atriale sono tra i principali strumenti su cui fare leva per evitare complicanze cardiovascolari.

Per una persona in sovrappeso è molto importante pianificare i pasti prestando attenzione a non fare intervalli troppo lunghi tra l’uno e l’altro, non saltare gli spuntini di metà giornata, non lasciare cibo in vista, soprattutto quello ad alto rischio di tentazione. Può essere molto utile tenere porzioni di verdura già pulita in frigorifero per i momenti più critici, fare porzioni piccole e servirsi di cibo solo una volta e mangiare lentamente: bocconi piccoli e masticati a lungo. L’acquisto di cibi già pronti o precotti ad alto contenuto di grassi e prodotti in maxi confezioni, quali biscotti, bibite, snack dolci e salati è assolutamente da evitare. Un’altra importante considerazione è quella di non affidarsi mai alle diete fai-da-te ma farsi seguire da un medico esperto. Inoltre è fondamentale fare ogni giorno almeno 30 minuti di attività motoria di intensità moderata per consumare il grasso in eccesso e allo stesso tempo cercare di diminuire le resistenze periferiche (con conseguente calo pressorio). Questo è possibile con esercizi di tipo aerobico, come correre, camminare, andare in bicicletta, nuotare. Per le persone obese che hanno una probabilità elevata di soffrire di Ipertensione e Fibrillazione Atriale è fondamentale il monitoraggio quotidiano con dispositivi idonei ed altamente precisi che consentano di prevenire l’insorgenza di complicanze come l’ICTUS.

Per i pazienti obesi è necessario utilizzare misuratori della pressione specificatamente validati ed in grado di misurare in modo accurato la Pressione Arteriosa e la Fibrillazione Atriale come Microlife AFIB Advanced. E’ molto importante utilizzare un bracciale validato clinicamente e in grado di adattarsi alla dimensione del braccio del paziente obeso come quello Microlife L-XL da 32 a 52 cm.

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ICTUS ISCHEMICO TRANSITORIO (TIA): ECCO DI COSA SI TRATTA

A volte, è possibile che l’ICTUS si manifesti senza particolari segni premonitori, e in alcuni casi potrebbe esserci un deficit circolatorio al cervello senza essersene accorti. Ciò capita quando si verifica un TIA, o Attacco Ischemico Transitorio. Il TIA è un calo temporaneo nell’afflusso di sangue al cervello, sufficiente a determinare un deficit che in generale non è tanto prolungato da indurre alla morte dei neuroni. Normalmente, al termine dell’episodio ischemico, cioè, quando si conclude il deficit circolatorio, la persona torna in una situazione normale.

Questo segnale d’allarme, che può manifestarsi in diversi modi, è estremamente importante. 1 persona su 3 tra quelle che hanno avuto un TIA è destinata ad andare incontro a un vero e proprio ICTUS, che in 1 caso su 5 compare entro un anno. Per questo occorre fare molta attenzione ad alcuni segni premonitori, come il torpore improvviso di una gamba o di un braccio con perdita di forza, il calo della vista, un’improvvisa difficoltà nel parlare. Riconoscere il TIA, quindi, è fondamentale perché consente di diagnosticare l’eventuale lesione alle carotidi o altre arterie e quindi di mettere in atto una prevenzione sia attraverso il continuo monitoraggio di Pressione Arteriosa e Fibrillazione Atriale sia attraverso farmaci che mantengano diluito il sangue oppure, in extremis, attraverso intervento chirurgico.

L’Attacco Ischemico Transitorio può essere precursore di una malattia cerebrovascolare più pericolosa: l’ICTUS ischemico. L’ICTUS ischemico si verifica quando i neuroni, privi di ossigeno e nutrienti, a causa di un inadeguato flusso sanguigno, vanno incontro ad una morte irreversibile. In questo caso le cellule danneggiate non recuperano le loro funzioni, e il danno neurologico conseguente è praticamente permanente.

STUDI ED EVIDENZE SCIENTIFICHE SUL TIA

Negli anni l’attenzione posta sui casi di TIA è aumentata: grazie a molti studi è stato scoperto che questi Attacchi Ischemici Transitori sono spesso seguiti da un ICTUS vero e proprio.

A tal proposito è stata pubblicata una revisione sistematica sulla rivista JAMA, ovvero il Journal of American Medical Association, che analizza e riassume studi clinici condotti negli ultimi anni, fornendo maggiore specificità sulle evidenze scientifiche riguardo i TIA.

L’analisi gira attorno al quesito riguardo l’incidenza con cui si presenta un ICTUS ischemico dopo che si è verificato un TIA. Come viene riportato da un articolo di Medical Facts si evince che sono stati selezionati ben 68 studi che risalgono agli ultimi 50 anni, dal 1971 al 2019. Sono stati presi in esame 206.455 individui in totale, il 42% di uomini e il 58% di donne. Le più frequenti malattie concomitanti si sono rivelate l’Ipertensione Arteriosa, il Diabete, le Malattie Vascolari, la Fibrillazione Atriale e l’ ICTUS ischemico.

I risultati dell’analisi parlano chiaro, il rischio di avere un ICTUS ischemico in seguito ad un TIA è stato stimato del:
– 2,4% dopo 2 giorni dal TIA,
– 3,8% dopo 7 giorni dal TIA,
– 4,1% dopo 30 giorni dal TIA,
– 4,7% dopo 90 giorni dal TIA.

In linea generale negli ultimi 20 anni inoltre è emerso che si sono ridotti gli ICTUS conseguenti ad Attacchi Ischemici Transitori. Questa differenza, secondo la rivista Medical Facts, potrebbe essere correlata alla maggior attenzione posta sul problema e al diverso approccio terapeutico: le crescenti evidenze scientifiche hanno permesso non solo di comprendere e gestire meglio gli episodi di TIA, ma anche di affrontare e correggere i principali fattori di rischio, come Ipertensione Arteriosa e Fibrillazione Atriale. Ma dal 2007 in poi è stato riscontrato che l’incidenza di ICTUS conseguenti a TIA non è ulteriormente diminuita rispetto agli anni precedenti. I ricercatori hanno interpretato questo fenomeno come una conseguenza dell’aspettativa di vita sempre più lunga: nonostante il trattamento delle malattie cerebrovascolari e dei fattori di rischio sia migliorato, la popolazione mondiale raggiunge età sempre più avanzate, esponendosi così ad un rischio sempre più elevato di ICTUS.

I dati e le evidenze scientifiche raccolte confermano che avere un Attacco Ischemico Transitorio è un campanello d’allarme davvero importante, in quanto è correlato ad un alto rischio di essere colpiti da un ICTUS ischemico nei giorni o mesi successivi. Ma è possibile cercare di prevenire il più possibile questa situazione tenendo sotto controllo alcuni fattori di rischio come la Pressione Arteriosa e la Fibrillazione Atriale utilizzando un misuratore specificatamente validato e raccomandato per questo utilizzo.

La Fibrillazione Atriale, un’irregolarità del battito del cuore, o aritmia, che non permette a tutto il sangue, di essere pompato nelle camere inferiori del cuore (ventricoli), come accade nelle persone sane. La contrazione irregolare delle camere superiori del cuore (atri) determina un ristagno di sangue che può portare alla formazione di coaguli (grumi). Questi coaguli possono immettersi nella circolazione sanguigna e arrivare al cervello causando un ICTUS ischemico. La Fibrillazione Atriale è responsabile del 20% dei casi di ICTUS ed è quindi la causa principale di questa complicanza vascolare.

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COVID – 19 E IPERTENSIONE ARTERIOSA

Il COVID-19 purtroppo ha sconvolto la vita di tutti e senza arrestare la sua carica virale ha colpito con maggiore forza e fervore le persone immunodepresse e con più o meno gravi patologie pregresse.

Tra le categorie di persone con patologie croniche che in assoluto sono più a rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19, e che quindi devono essere particolarmente attente a proteggersi dal virus, ci sono cardiopatici, ipertesi e in generale le persone con preesistenti malattie cardiovascolari.

Secondo alcuni dati italiani raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) il 75% dei primi 155 pazienti deceduti nella prima ondata a causa dell’infezione da Coronavirus soffriva di ipertensione, mentre il 70% era affetto da cardiopatia ischemica.

Si tratta di una conferma rispetto a quanto emerso anche in Cina da uno studio pubblicato dal Chinese Center for Disease Control and Prevention. Inoltre da questi dati viene presa in considerazione la letalità del virus: partendo da un valore medio sulla popolazione poco superiore al 2%, per le persone ipertese sale al 6% e raggiunge addirittura il 10% nei pazienti con scompenso cardiaco o altre malattie cardiovascolari o cerebrovascolari croniche.

Altri studi hanno riportato un’incidenza dell’ipertensione del 15-31% nei pazienti COVID-19 ospedalizzati, e che era associata ad un rischio di patologia severa maggiore di circa 2,5 volte.

LE COMPLICANZE CARDIOVASCOLARI PRE E POST COVID-19

Come abbiamo già anticipato, tra le complicanze della malattia COVID-19 molte sono di tipo cardiovascolare. Non deve però sorprendere che una malattia che colpisce l’apparato respiratorio in modo così aggressivo possa causare danni a livello cardiovascolare, e quindi colpire più duramente i pazienti che già presentano patologie cardiovascolari croniche. La scarsa capacità dei polmoni, colpiti dal virus, di ossigenare il sangue ha infatti come diretta conseguenza un carico di lavoro superiore per il cuore, a cui viene chiesto di pomparne di più e più velocemente. Secondo una ricerca pubblicata sull’European Heart Journal, i pazienti ipertesi hanno un rischio di complicanze molto elevato rispetto ai soggetti contagiati che non soffrono di ipertensione ed inoltre che i pazienti con ipertensione arteriosa che non assumevano farmaci per controllare questa condizione presentavano un rischio ancora maggiore di morire per COVID-19.

I CONSIGLI CHE FORNISCE DELLA SIIA PER PREVENIRE IL COVID-19 NELLE PERSONE IPERTESE

Affinché le persone ipertese possano ridurre il rischio di contrarre il COVID-19, la SIIA, la Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa ha stilato dei consigli molto utili a cui dare la massima attenzione:

1) Stare a casa, a meno che non ci siano motivi molto seri e reali (di salute, ad esempio) ricordando di assumere regolarmente la terapia antiipertensiva (e le altre terapie) prescritte dal proprio medico. Se si avvertono sintomi simil-influenzali è fondamentale chiamare il proprio medico di famiglia o fare riferimento ai numeri dell’emergenza COVID regionale: oltre a 118 e 1500, quelli reperibili sul sito http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?id=5364&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto.

2) Mantenere la distanza di sicurezza con gli altri di almeno due metri. Non stringere mani o abbracciare persone che non siano conviventi e lavarsi spesso le mani.

3) Fare la spesa in un mercato, se possibile all’aperto, mantenendo sempre la distanza di sicurezza.

3) Non andare, se non è indispensabile, dal medico ma telefonargli se occorre. Per misurarsi la pressione arteriosa: usare gli apparecchi per l’automisurazione domiciliare.

6) Se si è costretti ad uscire portare i guanti, cercando di mantenere la distanza di sicurezza con gli altri (due metri) e, appena possibile, lavarsi le mani. I guanti vanno disinfettati ogni giorno. Se sono usa e getta, vanno gettati al ritorno a casa nella differenziata, che va chiusa con accuratezza prima di essere gettata. Indossare sempre la mascherina tenendo presente che per proteggersi dalle persone infettate occorre la mascherina FFP2 o, se è disponibile, FFP3, la cui durata di azione e scritta sulla confezione.

7) Se si deve tossire o starnutire è importante farlo con un fazzoletto di carta davanti a bocca e naso e buttare poi il fazzoletto nel WC. Se non si ha un fazzoletto usare la mano ma lavarla immediatamente con cura con un apposito igienizzante o sapone.

8) Continuare una dieta sana, contenente verdura, frutta e pochissimo sale. Idratarsi molto (a meno di controindicazioni specifiche).

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SINTOMI DELL’ICTUS: A COSA FARE ATTENZIONE

L’ICTUS, o ICTUS celebrale, è un evento acuto che compare improvvisamente e può presentarsi con vari segnali. Le caratteristiche cliniche che permettono la diagnosi di ICTUS sono: inizio improvviso, perdita di una funzione focale, sintomi che raggiungono la massima carica entro pochi secondi o minuti e persistono per più di 24 ore.

Nella maggior parte dei casi si manifesta uno o più di uno dei seguenti sintomi:
paralisi improvvisa, disturbi della sensibilità, intorpidimento o debolezza, per lo più solo a un lato del corpo (volto, braccio o gamba);
confusione ed anomalie del linguaggio o difficoltà di capire quanto viene detto: spesso i soggetti che stanno avendo un ICTUS non sono capaci di elaborare frasi complete di senso compiuto (disfasia) o vorrebbero parlare ma non riescono a farlo (afasia), né comprendono ciò che sta accadendo perché vivono uno stato di confusione, dovuta all’ipo-ossigenazione cerebrale;
cecità improvvisa (spesso solo un occhio) o visione doppia: il soggetto potrebbe riferire di “vedere doppio” (diplopia) o di avere la vista annebbiata o completamente oscurata;
forte vertigine con incapacità di camminare, perdita di equilibrio e coordinazione: spesso si manifestano vertigini, perdita dell’equilibrio, incapacità a mantenere una posizione fissa e mancanza di coordinazione nei movimenti; un deficit tipico è il “drop attack”: mentre cammina il paziente perde la forza nelle gambe e si accascia sulle ginocchia;
mal di testa improvviso, insolito, fortissimo.

F.A.S.T.: COME RICONOSCERE L’ICTUS

Gli americani utilizzano l’acronimo FAST per ricordare alcuni semplici test da fare se si sospetta che un soggetto stia avendo un ICTUS:

  • F (face, faccia): si chiede al soggetto di sorridere o di soffiare per verificare l’eventuale presenza di una paresi facciale;
  • A (arms, braccia): se il soggetto prova a sollevare sulla testa entrambe le braccia e solo una di esse precipita contro la sua volontà probabilmente sta avendo un ICTUS;
  • S (speech, linguaggio): si chiede al soggetto di ripetere o elaborare una frase semplice, in caso di ICTUS egli non sarà in grado di compiere quest’azione;
  • T (time, tempo): se è presente uno qualunque di questi sintomi si devono chiamare i soccorsi nel minor tempo possibile.

UNA PICCOLA DIFFERENZA TRA SINTOMI ISCHEMICI, ISCHEMICO TRANSITORI (TIA) ED EMORRAGICI

  • L’ICTUS ischemico, situazione in cui il sangue fuoriesce dal vaso rotto comprimendo alcune zone di cervello, provoca una diversa sintomatologia a seconda della zona vascolare e dunque della porzione di encefalo interessata; i sintomi più frequenti sono deficit motori agli arti controlaterali alla lesione, deviazioni della rima orale, disturbi del linguaggio, disturbi della vista, di sensibilità e dell’equilibrio.
  • TIA (Transient Ischemic Attack), ovvero attacco ischemico transitorio, è caratterizzato dall’insorgenza di sintomi neurologici della durata di meno di 24 ore e senza presenza di infarto cerebrale. I TIA rappresentano quindi la manifestazione di una sofferenza ischemica dell’encefalo senza lo sviluppo di un vero e proprio danno cerebrale e comportano un rischio elevato di sviluppare un ICTUS ischemico nelle settimane e mesi successivi.
    Sebbene i disturbi (sintomi) si riducano progressivamente, un TIA non dovrebbe mai essere ignorato poiché costituisce un serio avvertimento di una riduzione del flusso di sangue al cervello e della possibile comparsa di un ICTUS nei mesi successivi. I segnali di un attacco ischemico transitorio sono gli stessi dell’ICTUS ma, in genere, durano da pochi minuti a poche ore prima di sparire del tutto. Nel caso si verifichi un TIA i sintomi possono essere gli stessi dell’ICTUS ischemico ma meno duraturi, perché l’ostruzione è transitoria. Tuttavia non è possibile distinguere un TIA da un ICTUS solo a giudicare dai sintomi e dalla loro durata. Se si sospetta di avere un TIA è necessario contattare il medico, chiamare il numero telefonico di emergenza 118 (o il 112 in alcune regioni) o recarsi al pronto soccorso nel più breve tempo possibile. Anche nel caso in cui i disturbi (sintomi) scompaiano durante l’attesa dell’ambulanza, è comunque necessario andare in ospedale per essere visitati. Sintomi che scompaiono presto (in meno di 24 ore) possono far sospettare la presenza di un TIA ed indicare la possibile comparsa, entro breve termine, di un ICTUS. Dopo la valutazione iniziale può essere necessario il ricovero per approfondimenti e, se è necessario, per iniziare il trattamento specifico.
  • L’ICTUS emorragico oltre ai diversi segni neurologici focali si può manifestare anche con cefalea ad insorgenza acuta, particolarmente intensa nel caso dell’emorragia subaracnoidea ed in quest’ultimo caso associata a rigidità nucale. Molto spesso, i sintomi dell’ICTUS si associano a caduta a terra del paziente e nei casi più gravi a perdita di coscienza. L’ICTUS rappresenta anche un’importante causa di declino cognitivo e depressione.

Un ICTUS cerebrale è un caso di emergenza. L’importante è riconoscerlo rapidamente e agire correttamente! Se si sospetta un ICTUS cerebrale, bisogna reagire o farsi aiutare immediatamente.

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ICTUS: RIABILITAZIONE, QUALITA’ DELLA VITA E RITORNO ALLA NORMALITA’

Chi ha avuto un ICTUS può ottenere molto con la riabilitazione. Il trattamento riabilitativo dovrebbe iniziare in ospedale il prima possibile e continuare finché ci sono miglioramenti misurabili. L’adattamento alla disabilità e il recupero dopo l’ICTUS sono processi lunghi, così come la riabilitazione, richiede un forte impegno e fatica sia per la persona che per la famiglia e gli operatori sanitari. Non c’è un modus operandi per la riabilitazione in quanto ogni ICTUS è diverso da tutti gli altri ed ogni persona è diversa e reagisce in modo differente. Anche con l’aiuto della riabilitazione, il grado di recupero dipenderà dalla gravità dell’ICTUS. Per alcuni la riabilitazione avrà come obiettivo una completa guarigione; per altri si cercherà di ottenere la migliore qualità di vita possibile, anche se la ripresa non sarà completa.

COME AVVIENE IN GENERALE IL RECUPERO DOPO UN ICTUS?

In seguito ad un ICTUS, sia ischemico che emorragico, alcune cellule nervose muoiono, altre sono soltanto danneggiate. La disabilità che ne deriva dipende dalla zona del cervello colpita, dalla gravità del danno, dall’età e dallo stato di salute generale. Le cellule cerebrali morte non avranno più modo di funzionare, ma quelle danneggiate potranno riprendere la loro attività, quando l’edema, ovvero il rigonfiamento causato dall’ICTUS, sarà guarito. Questo fenomeno spiega il miglioramento che si vede nelle prime settimane.

I miglioramenti successivi, nella fase post-acuta, sono molto più lenti e si ottengono, soprattutto, trovando nuovi modi di fare le cose. Per esempio, mangiare con la mano sinistra se la destra è paralizzata o spostarsi in carrozzina se non si riesce a camminare. In alcuni casi sembra che le aree del cervello sane possano svolgere alcune delle funzioni delle parti danneggiate. La riabilitazione favorisce soprattutto i miglioramenti della fase post-acuta.

Il recupero avviene rapidamente tra il primo e il terzo mese dopo l’ICTUS. Alcune persone continuano a migliorare anche dopo questo periodo, soprattutto per ciò che riguarda il linguaggio e la comunicazione. Ulteriori progressi sono possibili, ma sono collegati alla scoperta di nuovi modi di svolgere le attività della vita quotidiana.

COS’È LA RIABILITAZIONE, A COSA SERVE?

La riabilitazione è un processo di apprendimento per il recupero delle abilità necessarie per la vita quotidiana: camminare, lavarsi, vestirsi, andare in bagno, deglutire, parlare, scrivere, uscire, riprendere i rapporti con il lavoro, la famiglia e gli amici.

La riabilitazione ha l’obiettivo di restituire alla persona la massima indipendenza possibile, favorendo il miglioramento delle funzioni fisiche, mentali ed emozionali. Quando il recupero completo non è ottenibile, la riabilitazione può insegnare a convivere con gli esiti della disabilità permanente. Nonostante l’ICTUS, ci si può proporre di riguadagnare il più possibile in indipendenza e qualità di vita.

Secondo quanto riporta ALICe ONLUS, più della metà delle persone colpite da ICTUS perde l’autosufficienza.

Per recuperare le funzioni perdute è necessario fare riabilitazione e tenersi in esercizio. La riabilitazione post-ictus può contribuire, in molti casi, a superare le disabilità. Gli esercizi e la formazione della riabilitazione incoraggiano le zone del cervello non colpite a imparare a svolgere le funzioni eseguite precedentemente dalla zona lesa. Inoltre, vengono insegnati nuovi modi di usare i muscoli non colpiti dall’ICTUS per compensare le perdite di funzionalità.

FISIOTERAPIA o RIABILITAZIONE MOTORIA
Serve per il recupero della mobilità, dell’equilibrio e della forza muscolare. La riabilitazione viene iniziata in ospedale non appena il paziente mostra segni di recupero fisico. Muovere gli arti colpiti è un’importante componente della riabilitazione ed aiuta a prevenire l’accorciamento e la contrattura dei muscoli. Inoltre, aiuta a mantenere il tono e la forza muscolare. Se un soggetto non riesce a muovere i muscoli autonomamente il fisioterapista lo stimola ad esercizi di movimento passivo. I soggetti vengono incoraggiati a compiere altre attività, come muoversi nel letto, girarsi, cambiare posizione e sedersi.

LOGOPEDIA o TERAPIA DEL LINGUAGGIO e di DEGLUTIZIONE
Con l’ICTUS spesso si perde la capacità a parlare e/o a comprendere le parole, così come la capacità di leggere e scrivere o semplicemente deglutire in modo adeguato. La terapia serve a recuperare il linguaggio ed i movimenti impliciti e quotidiani, insegnando al paziente anche tecniche di fonazione, di respirazione. Il successo dipende dall’area cerebrale lesa, dallo stato fisico generale del paziente, dalle capacità funzionali e cognitive prima dell’ICTUS, dalla condizione sociale, dalla capacità di apprendimento e dall’atteggiamento.

TERAPIA OCCUPAZIONALE
La terapia occupazionale insegna ad affrontare le attività di ogni giorno per ritornare ad una normale vita sociale, lavorativa e a ristabilire la propria indipendenza. La terapia è personalizzata, tiene conto delle esigenze dell’individuo nell’ambiente in cui vive. Con la Terapia Occupazionale ci si può re-inserire nell’ambiente sociale e lavorativo migliorando così la qualità della vita del paziente e dei familiari, nonostante la menomazione.

COSA VIENE RACCOMANDATO PER IL CONTROLLO POST ICTUS

Per le persone che hanno avuto un ICTUS è fondamentale tenere sotto controllo la Pressione Arteriosa e la Fibrillazione Atriale, procedendo all’automisurazione quotidiana per individuare anomalie persistenti attraverso sistemi precisi e validati scientificamente. I misuratori di pressione con Tecnologia AFIB Advanced sono validati per la misurazione della pressione secondo i rigidi protocolli ISO e BIHS.  Questi dispositivi sono particolarmente accurati per la misurazione della pressione anche in pazienti difficili (dove sono necessarie speciali validazioni) come i diabetici, gli anziani, i dializzati, le donne in gravidanza e con preeclampsia.

..E LA QUALITA’ DELLA VITA?

Una volta conclusa la riabilitazione è importante riprendere le relazioni all’interno della famiglia e con gli amici. Nonostante gli esiti dell’ICTUS, ci si può proporre di ottenere la migliore qualità di vita possibile. Sia il paziente, che la famiglia, devono trovare il modo di continuare a vivere dopo l’ICTUS.

Nei primi mesi, la riabilitazione aiuta a riapprendere vecchie abilità o impararne di nuove. In seguito, una volta viste le reali possibilità di recupero, sarà necessario accettare le limitazioni imposte dall’ICTUS e cercare un modo per continuare una vita normale. Non solo è necessario coltivare le amicizie ed i rapporti all’interno della famiglia, ma anche riprendere le attività precedenti e scoprirne di nuove!


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FIBRILLAZIONE ATRIALE: LINEE GUIDA 2020 DELLA SOCIETÀ EUROPEA DI CARDIOLOGIA

La Fibrillazione Atriale, un’irregolarità del battito cardiaco, causa principale del rischio ICTUS, è stata inserita nelle nuove linee guida per la diagnosi e il trattamento della Fibrillazione Atriale ESC 2020, realizzate da European Society of Cardiology (ESC)/European Association of Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Le linee guida ESC 2020 mettono in primo piano il ruolo del paziente. Inserire in primo piano il ruolo del paziente nella gestione della Fibrillazione Atriale vuol dire riuscire a capire le esigenze, la diagnosi e la gestione della malattia confrontandosi con il paziente stesso in un percorso di coinvolgimento.

 “I pazienti vogliono essere coinvolti nelle decisioni che riguardano la propria assistenza e le loro preferenze dovrebbero essere rispettate”, ha commentato Gerghard Hindricks, direttore medico dell’Rhythmology Department dell’Heart Centre Leipzig e figura chiave della task force che si è occupata della stesura delle linee guida. Il nuovo documento ESC/EACTS raccomanda quindi di gestire i casi di Fibrillazione Atriale attraverso un piano individualizzato di trattamento stabilito in accordo con il paziente e i suoi familiari, discutendo punti di forza e di debolezza di ogni opzione che abbia a che fare con la terapia grazie al supporto di un’equipe multidisciplinare che includa cardiologi, infermieri e altre figure di riferimento. Inoltre, si suggerisce di valutare ciclicamente l’andamento del trattamento in relazione alla prospettiva del paziente, raccogliendo in modo continuativo informazioni su qualità di vita, sintomi, funzionamento cognitivo su abilità al lavoro e attività fisica.

Per quanto riguarda la gestione clinica della Fibrillazione Atriale, le nuove linee guida raccomandano di seguire il modello ABC (Atrial Fibrillation Better Care). In sintesi, questo approccio si basa su tre elementi fondamentali:

–             A (Anticoagulation/Avoid stroke): include l’impiego di trattamenti anticoagulanti per la prevenzione dell’ICTUS nei pazienti a basso rischio;

–             B (Better symptom management): fa riferimento al controllo della frequenza cardiaca e del ritmo cardiaco attraverso terapie mediche e procedure interventistiche;

–             C (Cardiovascular and Comorbidity optimisation): riguarda gli interventi finalizzati alla gestione della compresenza di patologie che possono accompagnarsi alla Fibrillazione Atriale, come l’ipertensione, e al raggiungimento di uno stile di vita più sano, come la cessazione dal fumo, la riduzione del consumo di alcol, un’alimentazione più salutare e un’attività fisica di moderata intensità.

Un ulteriore elemento di interesse riguarda poi le indicazioni relative allo screening preventivo. Infatti, negli ultimi anni sono state sviluppate alcune applicazioni smartphone, sensori indossabili e altre tecnologie in grado di evidenziare possibili casi di Fibrillazione Atriale.

Ad oggi la tecnologia più testata e clinicamente validata per lo screening della Fibrillazione Atriale in ambito domiciliare ambulatoriale, secondo rigidi protocolli scientifici è quella Microlife AFIB e AFIB Advaced, che permettono ai misuratori di pressione Microlife di rilevare la Fibrillazione Atriale fornendo dati attendibili e precisi anche con una singola misurazione.

Ne sono una conferma le linee guida “Diagnosis and assessement of hypertension” del National Institute for Health and Care Excellence che raccomandano i misuratori Microlife dotati di algoritmo AFIB Sens. La SIIA sostiene che «è raccomandabile, durante la misurazione, verificare la presenza o meno di “possibili aritmie come la Fibrillazione Atriale (fattore di rischio ICTUS) con apparecchi dotati di algoritmo validato per questa rilevazione”» come quello di Microlife.

In poche parole, rispetto alla precedente versione del 2016 sono numerose le modifiche: non sono solo state aggiornate con i risultati dei numerosi studi clinici ma rappresentano un vero e proprio cambio di paradigma per la diagnosi, la classificazione e la gestione della malattia, a partire dalla raccomandazione di posizionare il paziente al centro del percorso e promuovendo la prevenzione ad eventuali ulteriori rischi grazie all’utilizzo di dispositivi medici con tecnologie validate.

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29 OTTOBRE: GIORNATA MONDIALE CONTRO L’ICTUS

Il 29 Ottobre è il World Stroke Day, la giornata mondiale contro l’ICTUS. Ogni giorno associazioni di ogni parte del mondo, come la World Stroke Organisation (WSO), lottano per aiutare le persone contro questa tremenda malattia. Come? Cercando di sensibilizzare la popolazione e il Sistema Sanitario all’assistenza, alla cura ma prima di tutto alla prevenzione dell’ICTUS.

In questa battaglia ci siamo anche noi di Prevenzione Ictus promuovendo azioni concrete di screening per la prevenzione dell’ICTUS sul territorio. Monitorare in modo regolare la pressione arteriosa e la Fibrillazione Atriale è importante per prevenire le malattie cardiovascolari e il rischio di ICTUS.

Proprio per questo organizzeremo in tutte le Farmacie aderenti, una settimana di screening gratuito dell’Ipertensione e della Fibrillazione Atriale, i maggiori fattori di rischio ICTUS.

Dal 26 al 31 Ottobre potrai usufruire dello screening gratuito grazie all’utilizzo della Tecnologia validata clinicamente Microlife AFIB, suddivisa in AFIB Advanced e AFIBsens che effettua lo screening della Fibrillazione Atriale con 1 o 3 misurazioni.

La Tecnologia AFIB Advanced garantisce uno screening accurato e affidabile della Fibrillazione Atriale. In caso di rilevazione positiva di questa aritmia, una speciale valvola blocca lo sgonfiaggio a circa 60 mmHg per il tempo necessario a raccogliere informazioni equivalenti a 3 misurazioni. Tutti i misuratori di pressione AFIB Advanced sono dotati anche delle tecnologie AFIBsens e MAM per consentire ai pazienti aritmici, che necessitano di effettuare misurazioni ripetute, di avere risultati accurati, precisi e affidabili.

La Tecnologia AFIBsens permette di rilevare la Fibrillazione Atriale con l’accurato metodo oscillometrico. Rileva la Fibrillazione Atriale effettuando 3 misurazioni automatiche (tecnologia MAM) per una maggiore affidabilità. La tecnologia brevettata AFIBsens, nello specifico, è stata clinicamente testata in numerosi studi di tutto il mondo.

Misura la pressione e controlla la presenza o meno di una possibile Fibrillazione Atriale e ricorda, un giorno non basta! Fai una vita sana e controlla con regolarità la pressione Arteriosa e la Fibrillazione Atriale.

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FIBRILLAZIONE ATRIALE E TIPOLOGIE

La Fibrillazione Atriale, nella maggior parte dei casi, è la conseguenza di una malattia cardiovascolare, ma talvolta il disturbo può verificarsi anche in chi non soffre di alcuna cardiopatia.

La Fibrillazione Atriale è l’anomalia del ritmo cardiaco più comune nella popolazione adulta ed e caratterizzata da disordini della propagazione dei segnali elettrici che regolano la contrazione cardiaca. Questa irregolarità del battito non permette a tutto il sangue, come accade nelle persone sane, di essere pompato nelle camere inferiori del cuore, i ventricoli. La contrazione irregolare delle camere superiori del cuore, gli atri, determinando un ristagno di sangue che, nella circolazione sanguigna, arriva al cervello causando un ICTUS ischemico. Riassumendo, la Fibrillazione Atriale mette a rischio di eventi trombotici, poiché l’immobilità meccanica degli atrii favorisce la formazione di coaguli che possono in seguito migrare nel circolo cerebrale e provocare ischemie e ICTUS cerebrale.

La Fibrillazione Atriale è spesso associata a sintomi; i più frequenti sono: palpitazioni, dispnea, astenia, debolezza o dolore toracico. In alcuni casi è asintomatica o se sono presenti sintomi non vengono riconosciuti dal paziente, che si limita ad adeguare il proprio stile di vita. Un esempio è la riduzione della tolleranza allo sforzo. Ciò porta logicamente ad un maggior pericolo e rischio se non si procede ad un monitoraggio, come avviene con la misurazione della pressione, la glicemia o il colesterolo.

TIPOLOGIE DI FIBRILLAZIONE ATRIALE

Esistono tre diversi tipi di Fibrillazione Atriale, essenzialmente definite in base alla durata ed aspetti clinici:

1. Di nuova insorgenza
Si tratta del primo episodio diagnosticato indipendente dalla sua durata ed aspetti clinici. Infatti può essere sintomatico o asintomatico con esordio determinabile o ignoto.

2. Fibrillazione Atriale Parossistica
Anche nota come Fibrillazione Atriale intermittente, è una forma caratterizzata dall’interruzione spontanea dell’aritmia, da episodi sporadici, può durare fino a 7 giorni, per lo più entro 24-48 ore.

3. Fibrillazione Atriale Persistente
La Fibrillazione Atriale Persistente avviene quando l’episodio aritmico non si interrompe spontaneamente ma solo a seguito di interventi terapeutici esterni (indipendentemente dalla sua durata) come cardioversione farmacologica od elettrica; Persistente: In generale ha una durata maggiore di 7 giorni e non si risolve senza essere trattata. E’ inoltre possibile che la Fibrillazione Atriale continui per più di un anno, adottando una strategia di controllo periodico del ritmo: in questo caso si parla di Fibrillazione Atriale Persistente di lunga durata.

4. Fibrillazione Atriale Permanente o Cronica
La Fibrillazione Atriale Permanente o Cronica è la forma nella quale non sono stati effettuati tentativi di interruzione dell’aritmia o, se sono stati effettuati, non hanno avuto successo per mancato ripristino del ritmo sinusale o per immediata recidiva, o nella quale non si ritengono indicati ulteriori tentativi di cardioversione. In poche parole rappresenta un atteggiamento terapeutico in cui viene accettata la presenza della Fibrillazione Atriale sia da parte del medico che del paziente e non vengono più attutati interventi per controllare il ritmo cardiaco, anche in questo caso può essere asintomatica o sintomatica.

In alcuni casi, la Fibrillazione Atriale, si presenta in assenza di apparenti condizioni favorenti, ossia in assenza di una cardiopatia strutturale o di condizioni sistemiche (come l’ipertiroidismo) che la possano determinare. Si parla quindi di Fibrillazione isolata e rappresenta in genere meno del 30% dei casi. Vi sono anche condizioni che possono favorire la Fibrillazione Atriale: ipertensione arteriosa (presente in circa il 50% dei casi), insufficienza cardiaca, diabete mellito, patologie delle valvole cardiache, esiti di chirurgia cardiaca.

1 paziente su 5 passa dalla Fibrillazione Atriale Parossistica alla Persistente entro un anno dalla diagnosi ed in Europa, il 75% dei pazienti soffre di Fibrillazione Atriale Parossistica o Persistente.

La Fibrillazione Atriale Persistente è due volte più comune in pazienti che presentano sintomi rispetto a quelli asintomatici, mentre la Permanente è tre volte più comune nei medesimi, principalmente per via della cura.

Curare tempestivamente la Fibrillazione Atriale può impedire il progredire a una forma permanente in cui i sintomi sono più frequenti e di maggior durata.

La mortalità cardiovascolare è aumentata nei soggetti interessati da Fibrillazione Atriale e la qualità della vita è ridotta. Inoltre la persistenza della Fibrillazione Atriale determina un rimodernamento degli atrii, che assumono caratteristiche elettriche, anatomiche e strutturali (dilatazione, fibrosi) tali da favorire il perpetuarsi dell’aritmia.

Le persone a cui è stata diagnosticata la Fibrillazione Atriale hanno fatto il primo passo verso la prevenzione dell’ICTUS.

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FIBRILLAZIONE ATRIALE, LE RISPOSTE ALLE DOMANDE PIÙ FREQUENTI

2 ICTUS su 3, potrebbero essere evitati con stili di vita adeguati ed individuando alcuni importanti fattori di rischio come la Pressione Arteriosa, la Fibrillazione Atriale, il diabete o l’ipercolesterolemia. Le persone con un profilo di rischio elevato possono prevenire l’ICTUS con trattamenti mirati e personalizzati. Gli individui che presentano Fibrillazione Atriale hanno un rischio di ICTUS superiore da 3 a 5 volte rispetto ai pazienti senza Fibrillazione Atriale. La mortalità e l’invalidità sono superiori nei casi di ICTUS associato alla Fibrillazione Atriale rispetto a quelli senza.

Il rischio di essere colpiti da Fibrillazione Atriale è del 25% in persone oltre i 40 anni, ovvero 1 persona su 4. In Italia sono oltre 1.000.000 le persone diagnosticate affette da Fibrillazione Atriale. Se si considerassero anche i casi non diagnosticati questo numero probabilmente raddoppierebbe.

I sintomi più comuni della Fibrillazione Atriale sono le palpitazioni, la difficoltà nel respirare sotto sforzo (dispnea), il facile affaticamento (astenia), i forti giramenti di testa, lo svenimento (sincope) o una sensazione di costrizione retro sternale. Oltre il 90% degli episodi di Fibrillazione Atriale sono però asintomatici e molte persone affette da Fibrillazione Atriale non presentano sintomi specialmente quando la frequenza cardiaca non è eccessiva. La Fibrillazione Atriale asintomatica è particolarmente pericolosa perché la persona che ne soffre non viene avvertita dal proprio corpo e averla senza sentirla, vuol dire non curarla, aumentando notevolmente il rischio ICTUS.

Le caratteristiche associate ad elevato rischio di Fibrillazione Atriale sono:

  • Età oltre i 65 anni
  • Ipertensione
  • Obesità
  • Diabete
  • Problemi cardiaci
  • Disfunzione tiroidea
  • Apnee notturne
  • Broncopatie croniche ostruttive
  • Insufficienza renale
  • Abuso di bevande alcoliche e cocaina

Purtroppo oltre il 10% degli ICTUS, più della metà di quelli provocati da Fibrillazione Atriale, è causato da Fibrillazione Atriale asintomatica, ed in questi casi viene scoperta solo dopo l’ICTUS.

E’ possibile iniziare fin da subito a fare prevenzione ICTUS con il misuratore di pressione con rilevazione della Fibrillazione Atriale. Esistono misuratori, come il Microlife AFIB, con tecnologia validata a livello internazionale la quale permette con alte prestazioni lo screening della Fibrillazione Atriale, sia comodamente a casa che in presenza del proprio medico.

Le persone a rischio Fibrillazione Atriale sono le stesse a cui è raccomandata l’automisurazione domiciliare della Pressione Arteriosa. Per questo motivo lo screening della Fibrillazione Atriale dovrebbe essere raccomandato a tutti.

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LE VALUTAZIONI CLINICHE SULL’ACCURATEZZA DELLA RILEVAZIONE DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE

I dati mostrano che una Fibrillazione Atriale non trattata è responsabile della maggior parte degli ICTUS, che sono spesso debilitanti o fatali. Viene stimato che circa 33 milioni di persone sia affette da Fibrillazione Atriale, con un’incidenza in continua ascesa, tanto che ad oggi in Europa, 8,8 milioni di persone ne soffrono ed entro il 2050 è previsto il più alto numero di pazienti colpiti rispetto al resto del mondo.

La crescente prevalenza di persone soggette a Fibrillazione Atriale e la potenziale possibilità di prevenire gli ICTUS con l’opportuna terapia sottolinea l’importanza e l’efficacia dello screening per il monitoraggio della Fibrillazione Atriale, massimizzando gli effetti benefici di una prevenzione di eventi cerebrovascolari.
La scoperta precoce della Fibrillazione Atriale è importante non solo per assicurarne una gestione veloce e adeguata, il cui scopo non è solo controllare i sintomi, ma evitare future complicazioni.

Sulla rubrica “Head to Head” del British Medical Journal, Mark Lown, professore di medicina all’Università di Southampton, ritiene che lo screening per la Fibrillazione Atriale sia una strategia efficace per ridurre il numero di ICTUS nella popolazione. Secondo Lown sottoporre la popolazione a rischio (come gli uomini e le donne over 65) a controlli regolari del ritmo cardiaco potrebbe rivelarsi una scelta vantaggiosa per la salute pubblica.

Nella comune pratica clinica della Medicina Generale, un momento fondamentale per l’identificazione della Fibrillazione Atriale asintomatica è rappresentata dalla misurazione della pressione arteriosa, che consente non solo di esaminare tutti i pazienti > 65 anni, ma anche moltissimi di quelli di età più giovanile, soprattutto se portatori di patologie che comportano un rischio di Fibrillazione Atriale e che solitamente richiedono anche un periodico controllo. I controlli ripetuti periodicamente possono consentire l’individuazione di pazienti apparentemente sani in quanto un terzo dei casi di Fibrillazione Atriale rimane asintomatica e non è diagnosticata.

Una volta diagnosticata la Fibrillazione Atriale, tra i maggiori fattori di rischio per l’ICTUS ischemico, i pazienti saranno sottoposti alle terapie più adeguate riducendo considerevolmente il rischio di ICTUS. Lo screening della Fibrillazione Atriale attraverso la misurazione della pressione arteriosa è stato testato in diversi ambiti e con target di pazienti idonei in lavori scientifici pubblicati da importanti riviste mediche internazionali.

Microlife ha sviluppato la tecnologia brevettata AFIBsens che permette di rilevare la Fibrillazione Atriale con l’accurato metodo oscillometrico sia  effettuando 3 misurazioni automatiche (tecnologia MAM) che con una misurazione singola (AFIB Andvanced). Tutte le sperimentazioni e gli studi clinici internazionali in tutto hanno fornito risultati eccellenti. La rilevazione della Fibrillazione Atriale con la tecnologia AFIB è stata verificata da esperti con l’Elettrocardiogramma (ECG), confermando i dati di sensibilità (capacità di rilevare la Fibrillazione Atriale quando presente) e di specificità (capacità di riconoscere la Fibrillazione Atriale rispetto ad altre aritmie).

La SIMG, Società Italiana di Medicina Generale, attraverso la Guida Pratica, “Fibrillazione Atriale in Medicina Generale”, raccomanda lo screening opportunistico della Fibrillazione Atriale, con apparecchi per la misurazione della Pressione Arteriosa dotati di algoritmo validato in grado di segnalare una possibile Fibrillazione Atriale, sia per l’utilizzo ambulatoriale che domiciliare.